Voce di S. Antonio - Salsomaggiore Terme

1 marzo 1950 – Voce di S. Antonio - Dopo i fatti di Modena (3) - Rispondo a Eco del Lavoro - Sono estremamente seccato di dovere ri­prendere una polemica la quale in qualche modo tocca quella politica, che divide gli animi, mentre io vorrei che «VOCE DI S. ANTONIO» portasse solo parole di fede e di carità tendenti a unire i miei parroc­chiani di qualsiasi idea nella vera e dolce fratellanza cristiana.

 

 Voce di S. Antonio - Parrocchia di S. Antonio  - Salsomaggiore Terme - Dopo i fatti di ModenaNon è comunque col­pa mia se il solito anonimo articolista sal­sese mi richiama in campo. In un primo momento avevo deciso di tacere, ma ora, riflettendo che il mio silenzio sarebbe in­terpretato come segno di incapacità o di timore, riprendo la penna, non peranco arrugginita, e controbatto con fermezza i pun­ti salienti di un articoletto apparso su «Eco del Lavoro» del 24 Febbraio. Prima di tutto prego il mio contradittore di ricredersi circa i timori relativi alla mia sincerità e lealtà e di accettare senza riserve la mia stretta di mano. Poi mi per­metto di fargli osservare che quando scri­ve parole come le seguenti; — E’ troppo comodo fare il Ponzio Pilato sui fatti di Modena con una frase come questa : «il giu­dizio definitivo agli organi competenti» egli non fa che lanciarmi un insulto sleale che io perdono, ma che sdegnosamente re­spingo mentre affermo che il lasciare, in questo caso dei fatti di Modena come in ogni altro, il giudizio agli organi competenti è l’unica via offerta alla scelta di un uo­mo onesto e intelligente. Un individuo co­me me e come Lei, Egregio Signore, che, rimanendo a Salsomaggiore, e quindi ne­cessariamente sprovvisto dei dati di fatto e solamente informato da una stampa di partito, volesse lanciare dei giudizi definitivi in proposito, sarebbe un temerario: il suo giudizio incompetente diventerebbe, più che un’imperdonabile leggerezza, un autentico crimine. Lei, che potrà avere pre­ziose competenze in altri campi, ma che certo non è laureato in giurisprudenza, de­ve sapere non essere mai permesso a qual­siasi giudice e in qualsiasi causa emettere una sentenza senza che prima audiatur al­tera pars, cioè senza che prima siano udite le due campane. E Lei di campane ne ha udita una sola: quella dell’«UNITA’». Lasci dunque in pace Ponzio Pilato e ascol­ti la voce del buon senso. Lei passa quindi ad accusarmi di propu­gnare una strana teoria che umilia l’operaio. Le rispondo che Vossignoria necessaria­mente ignora qual sia la mia teoria, per­ché, diversamente, darebbe segno di teme­rità ben grave chiamando strana la dottrina cristiana la quale comanda la giustizia e la carità tanto ai dipendenti, come ai pa­droni ed elenca tra i peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio l’oppressione dei poveri e il rifiuto della giusta mercede all’operaio. Finalmente Lei mi taccia di ambiguità in fatto di quistione sociale. La sua è una calunnia. 1 marzo 1950 – Padre Roberto Lecchini -  Rispondo a Eco del Lavoro (2)Senza volere qui sbandierare i miei meriti nei riguardi dei poveri, Le dirò che per loro ho fatto e faccio quanto Lei e più di Lei. Le vie che noi due battiamo sono incon­ciliabili: Lei sceglie quella della violenza; io ne scelgo un’altra che è quella della per­suasione e della legge emanata dai rappresentanti del popolo liberamente e democraticamente eletti. Se vuole, la mia sarà una via un po’ più lunga, ma che conduce a conquiste durature, mentre la storia ci insegna che le riforme violenti non sono durature. Insomma Lei vorrebbe affermare che per andare incontro all’operaio non c’ è che una via, cioè la sua. Le rispondo che la massima: - il Duce ha sempre ragione - non ha dato buona prova di sé. Terminando, mi permetto di dirLe, sem­pre in riferimento alla sua ingiusta accusa di non essere io col popolo, che il sottoscritto (che non è un anonimo) ha l’onore di appartenere all’Ordine dei Frati Cap­puccini chiamati da un grande italiano I Frati del popolo. Sorto per il popolo, l’I­stituto dei Frati Cappuccini ha svolto la sua attività di quattro secoli in mezzo e a vantaggio del popolo, anche quando si moriva nei lazzaretti di Milano come in quelli dell’Emilia e anche quando si piangeva negli ospedali, nelle carceri e nei ricoveri di mendicità. Oggi pure i membri di questo Ordine, che vanta mille Missionari porta­tori di fede e di civiltà là dove ancora trionfa la barbarie e la ferocia, oggi anco­ra, dico, mentre voi parlate di vendette e di rivoluzioni, i membri di questo Ordine vanno a morire per il popolo nei lebbrosari del Brasile dove non entra la falce e mar­tello, ma solo la Croce di Cristo. Le due staffe di cui Lei parla a chiusa del suo articolo non possono essere che la staffa del Comunismo e quella del Capi­talismo. Non ho paura di dirLe che né una, né l’altra è adatta al mio piede.

P. Roberto

Dopo i fatti di Modena (1) - Condanniamo la violenza e l'egoismo

Dopo i fatti di Modena (2) - Condanniamo la violenza e l'egoismo

 

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