Il pozzo viene trivellato con appositi scalpelli-sonda mossi con speciali mezzi meccanici, e man mano che ci si affonda colla perforazione si calano nello scavo dei tubi d’acciaio di diversa sezione, accuratamente avvitati uno all’altro fino a raggiungere quel livello idrostatico al quale si intende fermarsi.
A perforazione compiuta si ha quasi sempre una eruzione spontanea di gas, acqua salsoiodica, petrolio e fango che può elevarsi in una colonna che talvolta raggiunge una ventina di metri: cessata, o contenuta con mezzi suggeriti dalla esperienza, l'eruzione, si devono impedire le pericolose esalazioni di gas che emanerebbero dalla apertura superiore del pozzo, se non venisse chiusa con un cappuccio di metallo saldamente avvitato, mentre con un innesto laterale di tubo adatto si raccolgono queste esalazioni di metano e si portano al gazometro predisposto vicino al locale delle macchine da compressione. 
La quantità di gas che supera il fabbisogno di questi gasometri, raggiunge quelli grandissimi centrali posti vicino al Parco Regina Margherita che servono ai consumi degli Stabilimenti e della Città.
Il grande tubo che è stato calato durante la perforazione forma quello che potremmo dire la camicia del pozzo, centralmente alla quale, passando naturalmente per un apposito foro a perfetta tenuta praticato nel cappuccio che la chiude superiormente, se ne calano altri due uno dentro all’altro, l’esterno, di medio calibro, l’interno più piccolo, ed entrambi debbono raggiungere il livello idrostatico come la camicia.
Quello di medio calibro è destinato a portare alla superficie la miscela di acqua salsoiodica, gas, petrolio e fango, come si vedrà, e convogliarla alla campana e alla vasca di decantazione e separazione, mentre il minore va collegato colle pompe da compressione ed è destinato a portare in fondo al pozzo il gas che esse comprimono per far salire l’acqua alla superficie. 
In appositi edifici o centrali di pompamento, che sono in numero di sette per i ventun pozzi in servizio, si trovano, in numero variabile a seconda della importanza, da 1 a 5 pompe Mammouth che aspirano il gas dal piccolo gasometro posto vicino alla centrale, lo comprimono a circa 18 atmosfere e lo cacciano nel piccolo tubo che scende centralmente agli altri in fondo al pozzo.
Siccome per il fatto di questa compressione il gas si riscalda, prima che raggiunga il pozzo vien fatto passare per un serpentino raffreddato a pioggia d’acqua, in modo che così gli idrocarburi volatili, che commisti al metano sono saliti dai pozzi, si condensano in un liquido trasparente, la gazolina, che viene allontanata ed usata industrialmente.
Il metano, cosi isolato da questa sostanza che aveva in mescolanza, mantiene intatte le sue proprietà caratteristiche compresa quella di possedere un potere riscaldante (10.000 calorie) che è doppio circa di quello del gas dei grandi centri ricavato dal carbone, prosegue la sua via e viene spinto nel pozzo dove il piccolo tubo che ve lo porta termina pescando nell’acqua col suo estremo perforato da piccolissimi forellini in modo che il gas ne esce a minute bolle che si incorporano all’acqua e agli altri liquidi favorendone la elevazione lungo il tubo medio.
Questo tubo, detto di pompamento, porta il liquame che sale per opera dei compressori, composto di acqua salsoiodica, petrolio, fango mescolati al gas naturale e compresso, in una campana chiusa nella parte superiore, aperta invece nella inferiore che è in comunicazione con una vasca sottostante.
Arrivando il miscuglio nella campana, il gas tende a salire verso l’alto dove è raccolto da un tubo che lo convoglia al gasometro e nuovamente in circolazione: tutta la parte liquida che per il proprio peso tende al basso, scende dalla campana nella sottostante vasca rettangolare molto allungata, suddivisa in tante camerelle a mezzo di pareti disposte diversamente: la prima arriva col suo bordo superiore allo stessa altezza della parete della vasca ma non arriva a toccare il fondo così da lasciare uno spazio per il quale può passare l’acqua, la successiva invece rimane col suo bordo superiore a venti o venticinque centimetri, più bassa dell'orlo della vasca ma arriva a toccare il fondo, così che l’acqua non passa più sotto, ma deve passare sopra; la terza è come la prima, la quarta come la seconda e cosi fino all’ultima camerella che ha una bocca d’uscita dalla quale l’acqua salsoiodica cade in un collettore allacciato alla rete delle condutture che fanno capo agli stabilimenti e all'Istituto chimico.
La disposizione delle pareti di separazione in camerelle della grande vasca fa si che il petrolio che galleggia sul liquido deve fermarsi nella camera dove l’altezza della parete ne impedisce il passaggio, mentre il fango che è più pesante si deposita sul fondo e l'acqua salsoiodica invece prosegue di camerella in camerella sottopassando alle pareti che non toccano il fondo e sormontando quella a bordo più basso della vasca, finchè raggiunta l’ultima camerella arriva nel collettore e da lì viene convogliata ai posti di consumazione.
Questa acqua così ottenuta è quella che viene chiamata salsoiodica naturale, ha una temperatura propria di 16° C.; malgrado l’avvenuta separazione contiene ancora traccie di petrolio denunciate, oltre che dall’odore caratteristico, anche da striatine iridescenti manifeste alla superficie che il bagnante trova anche nell’acqua della sua vasca.

Tratto da:
Nuova guida Salsomaggiore Mava 1937

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