Ritz Cesare Ritz - (Niederwald, 23 febbraio 1850 – Küssnacht am Rigi, 24 ottobre 1918) - E stato un imprenditore svizzero fondatore di molti alberghi, fra i quali l'Hotel Ritz di Parigi e l'omonimo di Londra. Era detto "king of hoteliers, and hotelier to kings," (re degli albergatori e albergatore dei re). Importante per Salsomaggiore per aver gestito agli inizi del novecento, in società con Pfyffer von Altishofen,  il Grand Hotel des Thermes di viale Romagnosi.

 Il 13 maggio del 1850 a Niederwald paesino della valle del Rodano nella Svizzera una contadina metteva al mondo il suo tredicesimo figlio: — il «13» porta fortuna, - disse il padre, - mettiamogli il nome dell’uomo che più ho ammirato nei libri di storia: Cesare. Il nome regale non impedì, però, a Cesare Ritz di portare al pascolo le scarse pecore paterne. Ma il ragazzo amava la scuola e leggeva molti libri con avidità, perciò, compiuti i 13 anni, fu mandalo a Zitten, presso un amico di casa e là apprese in breve tempo l’inglese, il francese ed il tedesco. A 15 anni, colui che divenne il più grande albergatore del mondo, incominciò la carriera come sguattero all'Hòtel Corona di Briga. Lavava piatti e bicchieri, pentole e tegami ed alla sera, finito il servizio studiava assiduamente presso un collegio di quella città. Poi, andò a Parigi ove, per anni, compì i lavori più umili e duri imparando tutti i segreti del mestiere. Fece quello che molti hanno fatto e fanno per riuscire nella vita, ma Cesare Rilz non sarebbe diventato «il re dei grandi alberghi» se la natura non gli avesse donato anche uno spirito di osservazione acutissima, attraverso il quale apprese le stranezze del pubblico e le debolezze dei grandi uomini ed il modo sapiente per sfruttarle. Soltanto chi vive nelle aziende alberghiere ( ed abbia passione per il difficile compilo di «servire» la clientela e non si limiti ottusamente a ricercarne il solo fine di riscuotere il contoo lo stipendio o la mancia) può comprendere l'infinita gamma di nozioni e di esperienze che si possono acquisire avvicinando intimamente persone di tutte le nazionalità e classi e costumi. Forte di una tecnica perfetta, appresa nel paese ove l’industria turistica costituisce la base economica fondamentale della nazione ed il senso dell’ospitalità viene succhiato con il latte materno, Cesare Ritz potè raggiungere le vette della celebrità in virtù di una eccezionale intuizione delle debolezze e delle preferenze del suo tempo. Di certo, se egli, invece che in svizzera, fosse nato e cresciuto in altro paese, avrebbe potuto diventare un emerito professore di psicologia, perchè fu profondo conoscitore di uomini e specialmente di quegli uomini che, per lignaggio, censo od originalità, sono i più difficili da comprendere e da accontentare.


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Dopo gli anni faticosi di Parigi, il Ritz fece il primo passo in avanti con la promozione a maitre d’hòtel al Rig Kulm di Lucerna. A trentanni divenne direttore del Grand Hotel a Montecarlo, ove si raccoglieva la più aristocratica società internazionale di fine secolo. Ma il suo sogno era quello di poter disporre di un'azienda propria, nella quale applicare le novità che gli tumultuavano nel cervello. L’occasione gli si presentò con il «Restaurant de la Conversaiion» di Baden Baden, messo all'asta dai creditori. Lo acquietò lo trasformò radicalmente: illuminò la terrazza con riflettori, adornò il giardino di fiori esotici, mise su ogni tavolo un cuscino di rose — iniziative tutte che oggi sembrano elementari ma che, allora, costituirono una sorprendente evoluzione. Lo rivendette presto e col ricavalo comperò l’Hòtel» de Provence a Cannes, ove incominciò a sviluppare la sua maestria cucinaria: egli sapeva che, soprattutto, il cliente va preso «per la gola». Il nome di Ritz cominciò a diffondersi ed un anno dopo egli veniva chiamato a salvare il Savoy Hotel di Londra, aperto di recente e malamente diretto. Al Savoy, il Ritz divenne celebre. Mille sono gli episodi che si ricordano per testimoniare che i pranzi da lui preparati corrispondevano ad opere d'arte. Non era mai accaduto, in precedenza, che appartenenti alla famiglia reale inglese frequentassero pubblici locali ed il Ritz ebbe fra i clienti più assidui ed affezionati, nientemeno l'erede al trono, il principe di Galles che fu poi Edoardo VII. Dimostrò arditezze non comuni facendo servire, ad esempio, durante un pranzo di gala, una pietanza sconosciuta e poeticamente chiamata «cuisses de nymphea à l’aurore (per il lettore goloso, si tratta di cosce di rane servite fredde in una gelatina alla crema ed al vino della Mosella nonché leggermente profumata e colorata con la paprika). Rivelato il segreto, le rane divennero di moda nei ristoranti di tutta Europa. Operò uno sconvolgimento nei costumi inglesi provocando un decreto col quale si consentiva agli alberghi di servire pasti dopo le undici di sera e restare aperti anche la domenica. Così indusse la buona società londinese a cenare dopo teatro e ad andare al ristorante nei giorni festivi. Introdusse la moda del «dinner-conert» scritturando le migliori orchestre dell’epoca; fu infatti nel salone da pranzo del Savoy che Giovanni Strauss eseguì, per la prima volta a Londra e con la Filarmonica di Vienna, il famoso «Danubio Blu».

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A 47 anni, Cesare Ritz era ormai noto ovunque. Gli venne offerto di acquistare un fabbricato nella Place Vendome — forse la più bella piazza di Parigi — per trasformarlo in albergo ed egli pensò di poter finalmente creare un «Hotel Ritz» ove le camere e gli impianti fossero all'altezza dei servizi di cucina e di sala da lui perfezionati. Voleva dimostrare di essere un albergatore completo e gli fu particolarmente solleticante l'idea di darne la prova a Parigi, ove, trent’anni prima, aveva lavato piatti e bicchieri in locali di modesta categoria. Non aveva però i capitali necessari ed i banchieri si ritiravano spaventati dinanzi alla somma richiesta da un programma così superbo. Il progetto, ideato da un giovane architetto — Charles Moewes — era arditissimo: ogni camera dotata di impianto di acqua calda e fredda e di camerino da bagno (si consideri che, allora, l'albergo più importante d'Europa aveva due bagni per tutta la clientela); l'arredamento lussuosissimo; i servizi igienici perfetti; i saloni curati in ogni particolare (in essi, l'impianto di luce elettrica era studiato in modo da attenuare il «maquillage» e far sembrare naturale ciò che era artificiale). Le signore, le vere signore, erano allora escluse dalle feste e dai banchetti nei luoghi pubblici; la maggiore vittoria ottenuta dall'abilità del Ritz fu proprio quella di rovesciare le consuetudini e cioè, non solo spinse le grandi dame a partecipare ai pranzi ai balli ed ai ricevimenti che i suol alberghi organizzavano, ma fece di esse l'elemento dominante, l'attrattiva principale, il quadro degno della cornice. Fu un cliente abituale del Ritz a fornire i mezzi finanziari per l'iniziativa considerata del tutto pazzesca: l'industriale francese di liquori Marnier Lapostolle. Alcuni anni prima, il Lapostolle aveva sottoposto all'assaggio del Ritz un nuovo liquore pronto per essere lanciato se il giudizio dell'esperto competente fosse stato favorevole. Il Ritz approvò, ne suggerì il nome ed il liquore ebbe enorme fortuna. Il Lapostolle non aveva dimenticato l'episodio, soprattutto per una ragione psicologica: era di piccolissima statura e si torturava di tale inferiorità fisica: il nome scelto dal Ritz per quel liquore — «Grand Marnier», liquore tuttora apprezzatissimo dai buongustai — lo lusingò enormemente facendogli superare quello che oggi si chiamerebbe un «complesso» avvilente. Perciò fu pronto ad impegnarsi con tutti i capitali necessari. Il 25 giugno 1900 l'Hòtel Ritz di Parigi veniva inaugurato e di colpo proclamato il più bell'albergo dell'epoca.

Cesare Ritz con la moglie Marie-Louise Beck

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Quando il Ritz si propose di immettere l'Italia nel circuito delle sue grandi case, fissò tre punti strategici: Salsomaggiore, per l'Italia settentrionale, Roma, per il centro e Palermo, per quella insulare. La scelta di Roma è nell’ordine logico delle cose; quella di Palermo appare anch’essa comprensibile per intuitive ragioni naturali, artistiche nonché di vicinanza con la residenza di ricchissime famiglie aristocratiche. La scelta di Salsomaggiore fu indubbiamente un atto di grande coraggio; meglio, un atto di fede degno di un precursore. Nel 1898 — anno in cui fu costruito il Grand Hotel des Thermes — Salsomaggiore era una piccola stazione termale nota appena nell’ambito provinciale. Le statistiche ufficiali informano che le presenze del 1898 furono 13.291 e le cure 150.929; il paese, attraversato dai due torrenti ora coperti, disponeva, com'è comprensibile, di un'attrezzatura turistica appena elementare. Costruirvi un albergo di quelle proporzioni, capace di oltre trecento letti, per alimentare il quale occorreva formare una clientela del tutto nuova, voleva dire fermamente credere in Salsomaggiore, tanto per l’efficacia delle sue cure quanto per le sue possibilità turistiche. Oggi, che le presenze sorpassano le settecentomila e le cure superano i due milioni d'unità, si può affermare che il tempo ha dato al Ritz pienamente ragione. A testimoniare i risultati dei bagni di Salsomaggiore concorrevano tanto le affermazioni di personalità del campo medico, quanto le spontanee dimostrazioni di coloro che avevano trovato nella cura salsoiodica effetti miracolosi. Nello Stabilimento Vecchio (inaugurato nel 1860) e precisamente sulla scalinata conducente al piano superiore, erano bastoni e grucce lasciati come simbolo della ottenuta guarigione oltre ad iscrizioni di imperitura riconoscenza. Il Ritz non ignorava tali documentazioni, probabilmente sconosciute ancor oggi a molti evoluti salsesi d'adozione, più attratti dalla storia di Lenin e dalle vicende di Mao che dalla storia e dalle vicende della propria città. La società proprietaria dell'albergo aveva allora un capitale sociale di settecentomila lire suddiviso in settemila azioni da lire cento; di esse, quasi seimila erano del Ritz, le altre erano suddivise fra albergatori di primissimo piano quali il barone Hans von Pfyffer, Giuseppe Spatz, Sidonio Devonasseux ed Enrico Firsch. Cesare Ritz aveva il dono che la natura riserva ai pionieri e quando si considera che il Grand Hotel des Thermes nacque col reparto di cura interno — sicché, oltre cinquantanni fa, egli prevenì ciò che ora tutti riconoscono indispensabile — si avrà un altro motivo per misurare la statura di quest'uomo singolare a cui Salsomaggiore deve ancora dare una qualsiasi attestazione di riconosccnte ricordo. Il periodo tra la fine del vecchio secolo e l'inizio del nuovo, costituisce il ventennio aureo di Cesare Ritz. Erano nelle sue mani: a Londra il Savoy, il Carlton, l’Hyde Park ed il Claridge, in Italia il Grand Hotel des Thermes di Salsomaggiore, il Grand Hotel di Roma e Villa Igea di Palermo, a Lucerna il National, a Francoforte sul Meno il Frankfurterhof, oltre ai maggiori alberghi della Costa Azzurra ed ai Ritz di Parigi, di Londra, di New York, di Madrid e di Johannesburg nel Transvaal — un insieme poderoso da accontentare l'ambizione anche di un Napoleone degli albergatori. Ebbe, come aiutanti, due elementi che passarono alla storia dell'industria alberghiera come indiscussi maestri: — l'Escoffier, il più grande cuoco del tempo, che intitolava le sue creazioni alle grandi dame ed alle grandi attrici, alla Melba, alla Sarah Bernhardt, alla Duse, così come alla principessa di Galles, a lady Grey, alla duchessa Elena d'Aosta (per la quale preparò a Londra il pranzo di nozze) — e l’Olivier, il famoso maitre d'hòtel immortalato da Edouard Bourdct sotto il nome di Antoine, personaggio centrale della divertentissima commedia «Sesso debole» che fece il giro di tutti i palcoscenici come vivace satira di costume e riuscitissima caricatura della vita mondana di certe classi sociali. Con Cesare Ritz, l'albergo divenne un ritrovo dell'alta società, al quale affluivano personaggi reali, principi romani cisiciliani, maragià indiani, lords inglesi, il «Tout Paris», grunduchi russi, miliardari americani, arciduchi austriaci, intellettuali di ogni paese dell'uno e dell'altro continente — il tutto ingentilito nell'esaltazione della bellezza e dell'eleganza femminile. Secondo alcuni (e, fra di essi, Maria Ritz, la vedova che l'anno scorso, ottantenne, presiedette al ricevimento di celebrazione del cinquantenario del Ritz di Parigi) la prima dama che osasse fumare in pubblico fu la duchessa Elisabetta di Grommont al Savoy di Londra. Secondo altri (e fra questi, l'autorevole lord Lurgan, il re della biancheria damascata) l'audace gesto venne compiuto da lady Essex, e cioè dalla discendente di un Cromwell, al Carlton pure di Londra. Ad ogni buon conto, resta sempre un albergo del Ritz, il luogo da citare nella storia del costume femminile e le signore moderne e curiose sappiano, inoltre, che sulla data di quell'atto spregiudicato (che diede motivo ad infiniti commenti) non vi è contestazione: fu esattamente nel 1897.

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Merito essenziale di Cesare Ritz — che si spense, ancora giovane, esaurito dal lavoro — fu in sintesi quello di dare alla società un luogo di convegno, diverso dai grandi palazzi padronali e dai circoli privali, affinchè il bel mondo si conoscesse e si divertisse. Oggi, che i tempi sono assai mutati, viene da chiedere: sono forse, i Grands Hotels, l’espressione d'una mentalità sorpassata? Per molte ragioni v’è da credere di no. Quando il mondo si sarà riassestato, le classi dirigenti — di qualunque opinione siano — ricercheranno certamente la consuetudine riposante del grande albergo. A meno che, nel frattempo, gli uomini non siano diventati o barbari o santi.

Luigi Grazioli - TuttoSalso - Numero di Natale - 25 dicembre 1951 - Cesare Ritz: lo sguattero che costruì il Grand Hotel des Termes

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