Gaetano Parolini - (Salsomaggiore 17 agosto 1764 - Piacenza 30 ottobre 1841)Gaetano Parolini - (Salsomaggiore 17 agosto 1764 - Piacenza 30 ottobre 1841) - Figlio del Commissario di Salso dott. Francesco, si dedicò allo studio delle leggi e fu Presidente del Tribunale Civile e Criminale di Piacenza. Scrittore di versi e poesie, stimato da Vincenzo Monti, compose su Salso dei versi che lasciavano trasparire una certa avversione per la sua terra che evidentementre riteneva causa delle sue disgrazie.

Gaetano Parolini - (Salsomaggiore 17 agosto 1764 - Piacenza 30 ottobre 1841) - NovelleGaetano Parolini - (Salsomaggiore, 17 agosto 1764 - Piacenza, 30 ottobre 1841)Figlio di Francesco, di agiata famiglia salsese. Compiuti gli studi legali, dapprima a Parma e in seguito a Bologna, abbracciò la carriera di magistrato, nella quale raggiunse l’alto incarico di presidente del Tribunale civile e penale di Piacenza. Intercalò lo studio delle leggi con quello della letteratura acquistando notorietà per alcune pubblicazioni in prosa e in poesia, accolte dal pubblico con favore. Nel 1817, con i tipi di Giovanni Pirola in Milano, dette alle stampe, anonima, una raccolta di novelle satiriche (Novelle e versi di autori incerti piacentini) che indispettirono parecchi uomini in vista di Piacenza, scelti dal Parolini, più o meno velatamente, a protagonisti di vicende paradossali che si riferivano ad episodi realmente accaduti nella classe dirigente della città. Nel 1832 fece pure pubblicare dall’editore piacentino Del Maino un Saggio di poesie (la maggior parte per nozze) e Poesie varie. Fu in relazione con Vincenzo Monti, con il Giordani e con molti altri letterati contemporanei. La pittrice milanese Caterina Pirola gli dipinse il ritratto. Abbandonando in seguito il genere letterario che gli aveva procurato una momentanea notorietà, si dedicò, pur tra gli impegni professionali, all’opera narrativa seria, pare con non molto successo. Lasciò inedito un poemetto in quattro canti dal titolo "L’emigrazione", conservato nella Biblioteca civica di Piacenza.

 

Un gruppo di caserme affumicate
Cinto di sterpi, e di ruina intorno,
Con farde, monti e valli assobissate,
Ove ritarda a penetrar il giorno.
Strade precipitose, e lastricate
Di sterco e di fango, ove
Hanno ognor soggiorno
Con vacche, porci, pecore spolpate
Genti all'umanità vergogna e scorno.
Fame, fumo, fetor d'infernal loco
Ove regna malizia, e poca fede
E ove ogni bene oprar resta proscritto.
A stringere insomma il tutto in poco.
Orror, vizio, miseria han qui la sede,
Questo è Salsomaggiore che t'ho descritto.

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Et era chiaro antiveder mia sorte
Dal loco in dove apersi al giorno i rai,
Loco funesto, dove infra ritorte
Per via di fame, di stenti, di guai
A lenti sorsi bevon lenta morte
Que ’ miser, che, sebben peccaro assai,
Pur le lor pene sono sì spietate
Che, se non venia, almen mertan pietate.
Là veramente, come in sede propia
Là ria fortuna alberga, e stassi quale
Piangonla i vati: in man la cornucopia
E col piè sulla ruota ampia, fatale,
Versando su que ’ grami in larga copia
Pane e tormenti con misura eguale,
Talché d’un pianto istesso bagna il volto
Colui che in cima, e quel che al fondo è volto.
Alpestri monti con deserte spalle
Crescono orrore all’orrido soggiorno
Giù sepolto in profonda, tetra valle,
Ove tardo col sol penetra il giorno,
Più assai che altrove per un denso calle
Di fumo e difetor che esala intorno,
Dove non s’ode mai canto d’augelli,
Ma sol strido di gufi e pipistrelli



 Cavaliere Costantiniano Gaetano Parolini, 1789

 

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