1 gennaio 1898 - Oggetti antichi rinvenuti nel sottossuolo di Salsomaggiore1 gennaio 1898 - Anno XVIII N.° 1 e 2 - Rivista italiana di scienze naturali -  Alcune considerazioni su oggetti antichi rinvenuti nel sottossuolo di Salsomaggiore e sulla natura del giacimento -  Nell’Agosto dello scorso 1895 mentre qui in Salso attendevasi allo scavo di una cantina, nella casa di certo Gandolfi Luigi, si rinvennero, a circa 2 m. di profondità dal livello presente del suolo, interessantissimi oggetti dell’epoca romana e barbarica, cioè: 1. ° una macina da grano o mola (mola manuaria); 2. ° una spada, tutta ossidata ed in parte corrosa pel tempo e più per le infiltrazioni salse del suolo, ma conservante tuttora l'antica forma; 3. ° un frammento di vaso in terra cotta; 4. ° un corno di cervo con pietrificazione quasi completa, una vertebra ed altri frammenti di ossa animali.

In ordine al giacimento, tanto importante nel giudicare dell'antichità e della natura degli oggetti scoperti, essi furono trovati, come già si accennò, sepolti circa 2 m. sotto l'attuale strato di terreno alluvionale, fra ceneri e carboni, che insieme a terra costituiscono un secondo strato a varie zone dello spessore di quasi mezzo metro. Quest’ultimo merita sopra tutto l'attenzione dell'osservatore. In esso infatti si trovarono le antichità suesposte, e inoltre la sua natura offre dei dati certissimi per indurne l'esistenza d’una industria primitiva, quella del sale, che, come vedremo, già esercitarono anche i primi abitatori di questi colli, usufruendo dei vantaggi delle acque saline. La macina come pure la spada giacevano vicine in posizione orizzontale; presso gli altri oggetti, sparsi qua e là, ma tutti nello stesso strato profondo e più in basso delle fondamenta della casa in cui si scavò la cantina. Per ciò che riguarda l'origine di tale strato di ceneri e carboni, una sola è l’ipotesi che si può fare: che nello scavo in questione ed in moltissimi altri analoghi del paese, ove si incontrò lo stesso strato caratteristico che ho detto (Regie Saline, Casa Fratelli Zancarini, Scaramuzza ecc.), i primi abitatori di questi luoghi, già esercitanti l'industria ed il traffico del sale, vi accumulassero i residui delle copiose combustioni per il vaporamento delle acque saline. Tale supposizione sarebbe suffragata da ciò che riferisce il P. Bardetti nella sua opera intorno alla lingua dei primi abitatori d’ Italia, che cioè qui da noi già esercitassero l'industria del sale i Toschi od Etruschi e di poi i Galli Celelati (il cui nome, secondo lo stesso autore, nella lingua celtica ricorda appunto, pozzo d’ acqua salsa, cave di sale o saline) V. Nota 1.a. Sopraffatti questi dal romano triumviro Quinto Minuccio Termo, circa due secoli innanzi all'era volgare, è cosa certissima che i Romani, frammischiati ai vinti, seguitassero una tale industria del sale, cosa tanto vantaggiosa in paesi lontani dal mare. Tanto più che, come si osservò, dovunque si scavi un po’ profondamente il suolo in Salso, si trovano sempre questi copiosi ed estesi avanzi di combustione, che molto probabilmente vi si facevano da tempo immemorabile per l'evaporizzazione delle acque salse, approfittando ad alimentare i fuochi della fitta boscaglia, che copriva, anche in tempi vicinissimi, quasi tutti i dorsi delle nostre colline. In proposito si hanno altri documenti, oltre quello citato del P. Bardetti, che risalgono sino a Carlo Magno. (V. Nota 2.a). Ad eliminare un'altra ipotesi di un solo, fortuito, vasto incendio delle selve primitive, vale un particolare da me osservato nei bassi depositi di ceneri e carboni: tali depositi sono a strati successivi, dimostrando cosi chiaramente la formazione lenta e successiva dovuta a combustioni fatte ripetutamente dall'uomo e non da una sola prodotta dal caso. Ma tale industria fu bruscamente interrotta verso la fine dell'Impero Romano da uno spaventoso nubifragio, che coi detriti otturò tutti i pozzi e sorgenti saline, e produsse la diserzione di questi luoghi abbattendo case, sommergendo persone ed animali, e coprendo colle frane al basso il primitivo strato delle dette combustioni. Tale sconvolgimento lo si rileva da un prezioso documento dell'antica Comunità di Salso dell'anno 1565. (V. Nota 3.a). A tale riguardo non è da trascurare anche il fatto riferito dal dott. Valentini, che cioè il conte di Adhemar, concessionario delle Saline, mettendo in comunicazione con sotterranee gallerie i pozzi d’acqua salata in Salsominore, rinvenne, alla profondità di più m., e precisamente fra il terreno che sta fra l'un pozzo e l'altro, uno scheletro di bue ed alcuni frammenti di legno lavorati. 1 gennaio 1898 - Oggetti antichi rinvenuti nel sottossuolo di SalsomaggioreOra che si è detto del giacimento, resta a descrivere la natura e forma degli oggetti trovati. Anzitutto merita attenzione la macina. Essa è formata di dura arenaria in due grossi dischi del diametro di cm. 40 e quindi della circonferenza di m. 1,256. Il disco inferiore, che evidentemente restava immobile, ha forma convessa e quasi conica nel mezzo della faccia superiore, solcata da leggere scanalature disposte a mo’ di raggi dal centro alla periferia. Il centro è perforato in tutto lo spessore del disco, per lasciar passare il perno che lo teneva fisso ed immobile. Invece il disco superiore, di forma concava al disotto, posa e combacia esattamente sull'inferiore, radendone la convessità. Nel mezzo poi il detto disco superiore ha un'apertura di forma quadrangolare, che serviva da tramoggia, tramettendo a poco a poco il grano tra le due macine. A metà poi di due lati di essa si vedono tuttora due profondi incastri, evidentemente per ricevere una barra di ferro, che doveva essere attraversata in mezzo dal perno. Questo si eleva di poco sulla barra, onde permettere che il braccio, che moveva in giro la macina superiore, non urtasse in nulla. Ma da che si induce tutto questo? Da un fatto semplicissimo che ora dirò. Il disco superiore vicino alla periferia conserva un altro foro, che scende alla metà del suo spessore, ma non lo trapassa. In questo foro è certissimo che si fissava il manubrio col quale il macinatore girava la mola superiore, mentre il grano per la tramoggia scendendo fra le due macine, stritolato dal loro aspro attrito, usciva in farina lungo le scanalature della mola inferiore. Vicino alla macina descritta si rinvenne, come fu detto, corrosa per il tempo e per le infiltrazioni dell'acque salse, ma abbastanza conservata, la spada della lunghezza di cm. 70 compresa la parte dell'impugnatura. Qui saremmo tentati a dirla una spada romana, ma un'osservazione attenta la sfronda di quest’aureola di romanità. La spada romana infatti sia di infanteria che di cavalleria era piuttosto corta, a due tagli ed acuta in punta, larga, grossa nel mezzo, quasi a forma di poderoso coltello (cultrum). Quella degli equiti (gladius) sebbene alquanto più lunga, aveva anch’essa doppio fendente e punta acuta. Invece l’arma trovata ha una grossa costa ed un sol taglio colla punta tondeggiante. Questi caratteri escludono, come fu detto, che sia romana, e fanno supporre con tutta probabilità che sia piuttosto una spada gallica, sapendosi, come nota anche Tito Livio, che i Galli usavano lunghe aste e lunghe spade. Per quanto tale ipotesi non sembri confermata dagli altri oggetti del giacimento, d’ epoca indiscutibilmente romana, tuttavia l'antichità di detta spada non può essere messa in dubbio. Invero lo strato in cui si rinvenne è anteriore certissimamente di secoli all'altro strato superiore alluvionale, che coperse l'antico nel nubifragio citato del 559 dell'era volgare. Onde si può inferire con sicurezza che la spada e gli altri oggetti ivi giacevano almeno prima di quell’epoca; couseguentemente non è azzardata la conclusione che quella spada celtica o barbarica sia stata ivi abbandonata nella fiera lotta per la vita o nella conquista che i Romani fecero della Gallia circumpadana, poco prima delle guerre puniche, oppure alle prime invasioni dei barbari nell'impero. Per ciò che riguarda il coccio di stoviglia il suo tipo è certo antico; rozzo, e di un grigio che ricorda il colore dell'asfalto; ha forma curva, che descrive un arco la cui corda condurrebbe ad una periferia di un largo vaso, forse di un olla oppure di un'urna cineraria. Finalmente il corno di cervo, trovato accanto agli oggetti suesposti, suggellerebbe la supposizione dell'antichità dei medesimi, essendo in gran parte pietrificato, processo lento che esige l’opera di secoli. Riguardo agli altri frammenti d’ossa animali e di un grosso dente molare, non si azzardano altre ipotesi, per non dare in fantasie da evitarsi in tali argomenti. Questo breve saggio valga a rendere attenti quanti in Salso e nel vicinato, scavando a qualche profondità trovassero oggetti antichi; interessando assai di raccogliere e conservare queste pagine sparse della vita di popoli scomparsi, che qui celebrarono i primi tentativi, sebbene rozzi, della civiltà. Tali monografie, sebbene modeste, gioveranno se non altro a dare materia utile all'archeologia e fors’anche alla storia del nostro paese, che si gloria tre civiltà.

Salsomaggiore, Febbraio 96

Scaramuzza Felice farmacista

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(1) Questi siti et loghi erano antichissimamente aspre et spinose selve…... et i soi abitatori abitavano sulle colline et uniti……. et ivi erano prima delle città di Parmaet Placentia…… A i soi abitatori erano Toschi et di poi gente venuta dalla Gallia detta celelata……. et in questo antigo logo della Brugnuola (ora Salsomaggiore) deto Potiolo della Noce anche in quel di deta gente della Gallia celtica facevano et confetavano dello sale con l’acqua salipa, et che pertanto ricevevano del profiguo.

(2) Un documento di Carlo Magno dell'801 concede privilegi ed esenzioni ai fabbricanti di sale in Salso.

(3) Nell'anno DLXXXVIIII, nello mese di Ottobre et susseguente mese di Novembre…... vense dal cielo grose et esuleranti piovane di acqua che a inteleto et ricordo di homini non se era mai sentito dire che fosse venuta tanta abodantia di aqua….. Anche i nostri fiumi Arensia (Gerra) e Citronia et tutti i potii et potioncre dell'acqua salifra della nostra castellantia della allora Brugnuola et le capane tutte dello sale restarono anche loro obturati et pieni di sassi et terra et non si potevano più vedere et usare et far sale per molti anni avenire …….. In ogni banda et loghi moltissima copia di homini, et done et ragatii et bestie di ogni sorta dovettero perire et morire miseramente……………... Dopo anni et così nello anno 798 et 799 della reparata nostra Santa Redentione certi altri homini della nostra castellantia………... per la seconda volta furono tutti i sovradetti homini li secondi inventori et scopritori di parecchi potii di acqua salata in deta nostra castellancia che profondarono su li medesimi loghi spetialmente donde erano stati olturati.

 

 

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