Voce di S. Antonio - Salsomaggiore Terme

1 febbraio 1950 – Voce di S. Antonio - Dopo i fatti di modena (2) - Rispondo a Eco del Lavoro -  Non avrei sperato che il mio povero nome potesse meritare l'onore di comparire sulle colonne de l'«Eco del Lavoro», organo della Federazione di Parma del Partito Comunista, ma l'insperato è avvenuto per merito di un anonimo salsese, il quale ha voluto regalare al suo giornale un discreto articolo dal titolo: «DUE PESI E DUE MISURE» nel quale si parla proprio e solo di me.

Dopo i doverosi ringraziamenti di convenienza, mi rivolgo ora a far due chiacchiere amichevoli col detto anonimo scrittore salsese per fargli osservare, prima di tutto, che nel suo articolo tutto andrebbe meravigliosamente bene, se non vi fossero alcune inesattezze che lo rendono contrastante con la verità dal principio alla fine. Dunque secondo Lei, caro signore, che io non conosco né di nome né di persona ma a cui voglio sinceramente bene per essere coerente ai miei principii, io non farei che interessarmi di politica sia scrivendo su «Voce di S. Antonio» sia parlando in chiesa. Per quanto riguarda «Voce di S. Antonio», potrei dirle che non siamo in Russia ma in Italia, dove la libertà di stampa, se c'è per Lei, c'è pure per me; e Lei sarebbe servita. Le dico invece che di fatto non uso di tale libertà, se non quando si tratta di difendere la Religione. Del resto il giornalino va in tutte le famiglie e pertanto io mi rimetto al parere di tutti coloro che hanno occhi per vedere, intelligenza per capire e buon senso per giudicare. Essi non potranno che dar torto a Lei. Per quanto riguarda invece i miei discorsi in chiesa le cose andrebbero per me assai peggio perché Lei sarebbe forte di un armamentario invincibile a base di date precise e di fatti innegabili.1 febbraio 1950 – Padre Roberto Lecchini -  Rispondo a Eco del Lavoro Riporto le sue parole: « Durante l'ufficio di domenica 22 scorso, ore 9, Lei, trasportato dalla sua foga oratoria, qualificava (con parole non degne di un sacerdote che impreca e condanna gli spargitori di odio) ignoranti quei giovani che strillano certi giornali (era l'Unità) e ignoranti coloro che li leggono. » Ho ragione di credere che Ella non abbia udito coi suoi orecchi le mie parole, ma che invece le siano pervenute pel tramite di reporters forniti di organi acustici leggermente imperfetti o di labile memoria. seppure non sia il caso di diagnosticare in loro una tendenza atavica al mendacio. Lei conosce come me, non è vero? quel proverbio: Parola riportata parola deformata. Ne tenga conto e le servirà per la vita. Se ci tiene a saperlo, le dirò, io come sono andate le cose. La domenica 22 Gennaio in Diocesi di Fidenza è consacrata alla preghiera pel Papa. Era dunque ovvio che in tal giorno io esortassi i fedeli a pregare per Colui che è Vicario di Cristo e padre della grande famiglia dei cattolici del mondo. Era anche ovvio che io protestassi contro la perfidia diabolica di tutti coloro che, seguendo le direttive di una propaganda settaria, lanciano le più nere e più assurde calunnie contro la sacra persona del Pontefice; infatti dissi testualmente: — Certe enormità contro il Papa, che si scrivono su certi giornali, tra i quali vanno elencati quelli che stamane sono distribuiti per le nostre vie da incaricati molto zelanti, e che vengono ripetute a voce anche tra noi, non possono provenire che o da una infernale malvagità o da una ignoranza sconfinata. —  Questo dissi e questo ripeto sempre pronto ad assumere la responsabilità delle mie parole. E qui mi permetta di dire, la politica centra tanto quanto la bomba atomica nel panettone Motta. E la gratifica di ignorante era diretta ai denigratori del Papa e non agli strilloni e lettori dell’Unità in merito alla cultura dei quali non voglio entrare. E’ questa una sentenza troppo ardua che volentieri lascio ai posteri. Proseguendo la lettura divertente del suo articolo, arriviamo là dove lei, che si rivela un attento e assiduo lettore di «Voce di Antonio» (e di questo le sono grato) mi dice: — « Non entreremo certo nel merito del suo articolo di fondo «Condanniamo la violenza e l'egoismo». Palmiro Togliatti, capo di un grande partito di avanguardia ha dato con l'articolo «La Chiesa cattolica e il mondo contemporaneo» apparso Unità -  29 gennaio 1950sull'Unità del 29 scorso, una adeguata e precisa risposta. » —No, caro amico, Lei non entra in merito a quell'articolo di fondo perché, se ci entrasse non saprebbe confutare ciò che è inconfutabile. L'articolo di Togliatti poi, al quale mi rimanda e che ho letto, non è altro che un infarcimento di menzogne e di valutazioni materialiste contro la Chiesa cattolica. La mia statura non mi permette di rivolgere direttamente la mia parola a Togliatti, ma Lei, che certo dovrebbe godere delle sue confidenze e, fors'anche, delle sue predilezioni, gli ricordi a nome mio e a nome di tanti milioni di credenti in Cristo che nel Vangelo stanno delle parole, che nessuno sinora ha potuto cancellare o smentire: — Tu sei Pietro e sopra questa e sopra pietra fonderò la mia Chiesa; e le porte d'inferno non avranno Potere contro di Lei. Il Papa non muore quando muore Nerone, e nemmeno quando umore Attila, e nemmeno quando muore Lutero, e nemmeno quando muore Napoleone, e nemmeno quando muore Hitler, e non morirà nemmeno quando... morirà Togliatti. Il Papa è una forza che resta per dire che la violenza è un delitto, l'egoismo è un crimine, la giustizia e la carità sono un dovere su cui deve poggiare ogni vera stabile riforma sociale. Che poi io, come Ella afferma, mi sia cacciato in una ambiguità per quanto concerne la quistione sociale, è vero solo nella sua fantasia. Quella che Ella chiama ambiguità non è che una doverosa moderazione che rifugge dai due estremi egualmente funesti. Che io sia per una più reale giustizia sociale appare più che evidente, non solo dall'articolo «Vogliamo dei fatti» al quale Lei mi richiama, ma anche da altri miei articoli non meno significativi, che, hanno bollato con parole di fuoco l'egoismo di un capitalismo duro a morire, ma condannato alla morte, articoli che Lei potrebbe rileggere sui numeri arretrati di Voce di S. Antonio» a sua disposizione. Perciò il titolo di traditore della classe operaia, che Lei, in forma elegante, vuole regalarmi a chiusa del suo articolo, potrei rilanciarlo generosamente ad altri senza pretendere nemmeno un grazie. Per quanto finalmente concerne il mio articoletto «Dopo i fatti di Modena» le dirò, con sua pace, che nulla c'è da togliere solo, se crede, c'è da aggiungere una effe alla parola arrufapopoli, tanto per salvare i diritti della ortografia. E così la nostra polemica è chiusa, per conto mio, con una stretta di mano.


P. Roberto

 

Dopo i fatti di Modena (1) - Condanniamo la violenza e l'egoismo

Dopo i fatti di Modena (3) - Condanniamo la violenza e l'egoismo

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