Saggio di statistica comunicativa del comune parmense di Salsomaggiore - 1861

CAPO III.

 

Divisione territoriale.

 

Il Comune di Salsomaggiore confinato dalle terre distinte al Capo II vien diviso, come nel catasto parmense fatto nel 1832, in 10 Comunella, tutti dipendenti dall'Amministrazione municipale di Salso, e dalla governativa dell'Intendenza di circondario di Borgo S. Donnino. Il seguente specchio presenta i nomi delle Parrocchie o Comunelli, dei santi titolari delle rispettive chiese, del loro grado gerarchico ecclesiastico, dei padronati, e delle diocesi, e la popolazione, giusta il censimento del 1858.

 tabella1 serbatoi

 §.I.

Comunello di Salsomaggiore

Questo piccolo borgo capo luogo del Comune, e soggetto alla Intendenza del Circondario di Borgo S. Donnino ed alla diocesi di Piacenza, sorge ai piedi delle più vaghe e ridenti colline che la lunga catena de' nostri appennini offre allo sguardo del viaggiatore. Ad oriente scorre colle limpide sue acque il torrente Ghiara, in cui non lungi dalla borgata confluisce la piccola
e placida Citronia. A mezzodì sovrasta un ridente poggio ricco di floridi e abbondanti vigneti. Lo adornano tutt'intorno fertili seminati, campi feraci, per ortaggi, per abbondevoli e saporite frutta. Avanzi di signorili castella, di torri merlate, sovrastano ancora su que' borghi a terribile testimonianza di una passata dominazione che solo di guerre e di rapine pascendosi, lasciò storia di sangue e di violenza.
La parte piana del territorio di questo Comunello e limitata solo da quella stretta vallata della Ghiara e da quell’altra vallecola dello Stirone. Dista il borgo
5 ¾ miglia al S-0 da Borgo S. Donnino
9 N da Pellegrino
25 S-E da Piacenza
17 ½ S dal Po per la via di Busseto
21 O da Parma

Duecento case, la più parte di meschino aspetto, meno un vasto ed elegante edifizio eretto non ha molto da un ricco privato ad uso di grand'albergo, formano tutta la borgata, la cui popolazione è di mille abitanti circa in dugento quaranta famiglie. Strade anguste ed incomode, non molto vasta piazza, lasciano desiderio di migliorie, verso le quali a tributo del vero giova dire, alcune felici tendenze si manifestano per la ristaurazione di due eleganti caffè, di una bella farmacia, e per la erezione recente, di fanali che illuminano tutte le vie del borgo. Una modesta casa di un piano con facciata fregiata di antichi ornati vedrà il viaggiatore nella via del canale, con una lapida di marmo, ove sono scolpite belle parole del nostro Giordani. È la casa ove nacque il sommo Romagaosi, e le parole sono queste:

MDCCCXXXV

IL COMUNE DI SALSOMAGGIORE
ONORA LA CARA MEMORIA

DI GIANDOMENICO ROMAGNOSI

CHE NATO QUI IL DÌ 11 DICEMBRE 1761

COLLA SAPIENZA DEGLI SCRITTI E SANTITÀ' DE' COSTUMI

PER TUTTA ITALIA E FUORI

HA FATTO MEMORABILE QUESTO PICCOLO BORGO

Questa lapida fu per solerzia e squisito sentimento del Molossi, posta in quella casa con una modificazione adatta alla circostanza. Fino al 1849 non si pensò da alcuno di eternare la memoria di quel grande che illustrò questo borgo, e fu contrario al vero, se in alcuni diarj si asseriva che una lapida esisteva sotto il portico del Comune. Il Molossi verificata la menzogna, fe' aprire una sottoscrizione per farla scolpire in marmo e collocarla nella facciata della casa nativa di quel filosofo, ma a maggior vitupero, i denari raccolti, furono non si sa da chi derubati. Fu solo nel 1852 che ricorrendo il Molossi al Ministero dell'Interno, ottenne il collocamento della lapida ove ora esiste (1 - Nel 1856 con un invito del Podestà Sig. Redenti e suo Segretario Signor Dott. Valentini ai Salsesi, si fece un programma per l'innalzamento di un monumento al Romagnosi. Si aprì a tal uopo una sottoscrizione a Torino presso la Unione Tipografica editrice, accettando di buon grado l'incarico il Sig. Luigi Pomba gerente della Società, per la raccolta delle firme. L'esecuzione ne era affidata all'egregio scultore Ferrarini. Ignoro la causa dell'abbandono di simile progetto, e fo voto perchè quanto prima li ridesti. ).

STORIA

Nei remotissimi tempi, questa borgata era appellata Brugnota di Pozzuolo (o Brugnola di Pozzolo,  Brugnola deto Potiolo della noce, "Di salso delle sue saline - Dottore Giovanni Valentini"), ma dopo lo scuoprimento de' pozzi d'acqua salata fu nominata Salso Maggiore per distinguerlo da Salso di joco o Salso Minore. Fu celebre questo borgo fino da antica età per i suoi pozzi di acqua salsa e per le sue manifatture del sale, per cui gli furono accordati privilegi fin dai tempi di Carlo Magno, come altrove accennai, i quali vennero confermati dai feudatarj diversi, che dopo conquiste e lotte accanite, si succedettero nella signoria di questa terra. Le sue cave del sale dissi già, come ai tempi degli antichi Galli prima dell'era nostra col nome di Killelath, erano adoperate per loro uso; pretende anzi alcuno che si conoscesse fino da que' tempi la manifattura del sale. Da un documento della Comunità di Salsomaggiore appare, che nel 589 dell'era nostra si otturarono i pozzi del sale per terribili avvallamenti di terra, e frane, e per terremoto Una traccia vi scorse recentemente il Conte Adhèmar nello scavare una galleria a Salso minore, col porre in comunicazione i pozzi d'acqua salata, ove rinvenne lo scheletro di un bue ed alcuni frammenti di legno lavorati. Nel 798 però si rinvennero i pozzi, e si riattivò la manifattura del Sale, mantenendosi sempre prosperosa sino ai tempi nostri.
Quando Federico II costituì in Salso, il Corpo municipale, le Saline appartenevano ai soli abitanti di quel Comune, ma col progresso degli anni, fu alternativamente passato il dominio al Vescovo di Piacenza, al Comune di Parma e a quello di Piacenza. Il Vescovo di Parma, ci narra lo storico Affò, possedeva pur egli alcuni di quei pozzi che nell'877 lasciò unitamente ad altri suoi beni, ai canonici della sua cattedrale. Nel 1204, si scavò il gran pozzo ora denominato la rota, quando il Comune di Piacenza dopo la sommissione de' Salsesi acquistò il diritto di far sale dal Rettore di S. Vitale. Tutte le fabbriche del Comune, piccole e grandi riunite in una sola, furono più tardo passate in possesso o per diritto di conquista o per eredità ai feudatarj e quindi ai Duchi Farnesi. Nel 1407 quando Ottone Terzi con Pietro Rossi vinse il marchese Pietro Pallavicino di Scipione, fu accordata al Pallavicino dal suo vincitore, la grazia, si conservasse a favore degli abitanti di Salso, le antiche concessioni e privilegi, segnatamente perchè colla fabbrica del sale, al Comune di Parma e alla Dogana ducale non che per la manutenzione delle strade di comunicazione, prestavano i Salsesi ottimi servigi allo Stato. Nel 1447 tentò il Pallavicino ricuperare i suoi possessi di Salso, di Scipione, e di Costapiana, ma spingendo la sua sete di vendetta e di conquista, col tentare anche il possesso di Borgo S. Donnino, trovò inattesa e gagliarda resistenza, e rimase quivi prigioniero. Sul passaggio del dominio di questi luoghi dai Farnesi agli ultimi Borboni altrove tenni cenno.

§.II.

Comunello di Banzola

Di fianco al piccolo torrentello Parola, sorge questo piccolo villaggio formato di vaghe e deliziose colline. Poche rustiche case e 159 individui formano l'abitato di questa villa. Nell'alveo della Parola sonvi fonti di acqua salsa. Dista 8 miglia all'ovest dal Comune di Medesano di cui faceva un giorno parte; 6 miglia al Sud-Sud-Est da Salsomaggiore e 20 all'Ovest-Sud- Ovest da Parma.

§.III.

Comunello di Bargone

Questa grossa borgata popolata di 902 abitanti, la più ricca del Comune, dista da Borgo S. Donnino miglia 5 ¾ al SS-0 e due e mezzo all'E. N. E. da Salso, all'0. 18 da Parma.
Torreggia su vaghi colli coperti di floridi seminati e ricche piante di olmi e viti, un bel castelto un giorno proprietà feudale de' marchesi Pallavicini, ora in possesso della casa Doria di Genova. Sorgenti di acque salifere chiamate cento pozzi, tenevano ai tempi degli antichi proprietarj in attività, una manifattura di sale da cui ritraevano i Pallavicini una buona rendita annua
dai Comuni di Parma e di Piacenza. Ora è inattiva, e le cave sono trasandate. Una cava di gesso salenitico scorgesi in una isolata prominenza che dà un ricavo annuo all'attuale possessore di 7 a 8 m. quintali circa di gesso che si vende a L. 2 e centesimi 40 al quintale. Una piccola industria di pettini da tessitori, di rocche e d'ancie di strumenti da fiato, viene alimentata da piccole piante di canne che quivi prosperano; e sarebbe suscettibile di maggior aumento,
ove vi fosse incoraggiamento maggiore per parte di que' possidenti. Una bella villeggiatura del Seminario di Borgo S. Donnino detta di Campolasso, una volta proprietà de' gesuiti di Busseto esiste tutt'ora con un podere attiguo di magra produzione. Boschi in discreta condizione fan parte di questo Comunelle», e il G ab arato, la Silva, e la Cavicchia sono i più floridi, ora in proprietà di privati.

STORIA.

I lunghi e ripetuti combattimenti sostenuti in questa terra, resero celebre il nome di Bargone. Nel 1146 il marchese Oberto Palavicino, così chiamato per le molestie che spesse e violenti cagionava allo vicine borgate, venne a gravi contese col figlio suo Delfino per gelosia di potere. Collegatosi costui colle genti di Bargone e Borgo S. Donnino allora in guerra con Oberto, mosse contro le bande di Tancredo suo fratello la più parte composte di Piacentini; ferito Tancredi dalla mano stessa di suo fratello, i suoi si diedero per vinti e ritiraronsi sbaragliati nelle castella del padre suo Oberto. Delfino, approfittando della vittoria, s'impossessa dei beni di suo padre posti nel vescovado di Parma; ma Oberto per vendicarsi e ritogliergli. i suoi, rapiti
domina ne fa donazione al Comune di Piacenza, dandogli la facoltà di muover guerra contro il suo proprio figlio, coli' obbligo però di giurare vassallaggio e obbedienza all'Imperatore, ed al Vescovo di Parma. Diffatti i Piacentini si mossero per la volta di Bargone e Borgo S. Donnino e lo strinsero d'assedio, sperando farlo arrendere per mancanza di vitto e munizioni. Ma i Parmigiani e i Cremonesi collegatisi in ajuto di Delfino, assalirono di fianco le bande di Oberto, e Tancredi, e liberarono Delfino dall'assedio, rompendo e fugando i Piacentini, e facendoli prigionieri, parte de' quali furono condotti a Cremona e parte a Parma. Delfino rassodato vie meglio, dopo ripetute vittorie, ne' dominj di suo padre, si fortificò in Tabiano, e rese formidabile per macchine di guerra e per trincee quel castello, di cui non sonvi ora che le traccie. Uno della principesca casa di Medici, il B. Orlando, morì nel castello di Bargone nel 1386 dopo aver vissuto solitario in quei colli, e fu sepolto nell'oratorio della Trinità di Busseto.

§.IV.

Comunello di Cangelasio

Sopra magnifico colle, sorge questo villaggio popolato di 438 abitanti, al quale fu aggregato dopo la formazione del catasto, le frazioni di Grotta e Vigoleno. Un ricco e florido bosco vegeta, fra questo comunello e Contignaco, chiamato la Valle, di proprietà del Patrimonio dello Stato, le di cui annose quercie, faggi e cerri danno un buon reddito allo Stato; si estende per 450
biolche circa ed è il meglio custodito di tutto il Comune benché ora abbia d'uopo di una maggiore sorveglianza per la sua conservazione. Cangelasio dista da Salso al nord 4 ¼ miglia circa e 27 ¼ al sud-est da Parma.

§.V.

Comunello di Contignaco

Contignaco è posto alla destra del torrente Ghiara dove si penetra valicando un solido ponte. Uno smantellato castello, ora di privata proprietà, fu contrastato ai Pallavicini da Ottone Terzi nel tempo del famoso assedio di Scipione; rimase per qualche tempo proprietà de' Terzi, poi lo riebbero i Pallavicini, e passo quindi in possesso ai Farnesi. Il comunello dista dal capo-luogo miglia 2 ½ al S., e all'00-S 8 m. ¼ da Borgo S. Donnino dista da Parma. 22 m. La sua popolazione è di 508 abitanti. Alcune frazioni di questo comune offrono la prodigiosa vegetazione di ortaggi, specialmente nella vicinanza de' boschi ove il terreno vi è feracissimo, e abbondano segnatamente, dove alcuni fontanili dan campo al coltivalore di raccogliere diligentemente le acque per le irrigazioni di essi. L'olivo, atteso la postura di que' colli, vi prospera, ma la coltivazione vi è negletta, e forse l'opera di pratici agricoltori toscani potrebbero ridargli quella prosperità, come tutt'ora lo attestano alcune piante in perfetta vegetazione. Sono notabili e degni dello studio del geologo la quantità di ciottoli di purissimo quarzo che vi si trovano in abbondevole misura.

§.VI.

Comunello di Galinella.

Un castello feudale innalzato pure dai marchesi Pallavicini sui colli di questo villagio, il quale nel 1457 fu assegnato dal duca di Milano, fatto arbitro nelle contese degli eredi Pallavicini, al marchese Nicolò, fu intieramente distrutto nel 1828 dagli eredi del marchese Cesare Ventura ministro di Stato del duca Farnese, e a lui donato in feudo; ed ora non scorgonsi in que' colli che rustici abituri. È posto il villaggio a destra del torrente Ghiara, ed è distante
dal capo-luogo 5 miglia al S. e 20 ½ all'00-S da Parma. La sua popolazione è di 630 abitanti.

§.VII.

Comunello di Marzano

Nulla offre di rimarchevole questo piccolo comunello distante un miglio e mezzo dal capo-luogo al S-O e al S-E 21 miglia da Piacenza, ed abitato da circa 285 anime.

§.VIII.

Comunello di Salsominore

Questo vilaggio che dista dal capo-luogo al N 1 m. ½ e da Parma all'O. 18 miglia, era chiamato anticamente Salso di joco. Fu già un tempo feudo della casa Della-Torre da Verona. Nel 1450 troviamo nell'opera delle Case celebri di Pompeo Litta, che questo villaggio fu restituito colla conferma di tutti i loro beni e diritti ai marchesi Pallavicini dallo Sforza duca di Milano.
Una fabbrica di Sale esiste ancora, ma ne è sospesa ora la lavorazione, quantunque i gradi di salmastro misurati nelle acque de' suoi pozzi, diano sino al 13.° g. Giova credere che col passaggio non ha guari fatto, di questa industria dalle mani della Finanza a quelle della speculazione privata, si riattiverà quella fabbricazione a vantaggio e a maggior incremento della prosperità del Comune.

§.IX

Comunello di Scipione.

Sul fianco destro dello Stirone e su vaghissime colline, sorge questo villaggio patria un tempo e sede de' marchesi Pallavicini da cui traevano il nome. Una ricca vallata formata dal torrente ci mostra una bella e florida vegetazione, e prati o naturali od artificiali fiorirebbero prodigiosamente ove l'industria agricola ponesse a profitto quelle acque per una periodica irrigazione. l'olivo qui pure fiorirebbe per la felice sua posizione, ove speciale attenzione vi ponesse il pratico agricoltore. La vite, il faggio, vi prosperano, e saporiti vini e frutta squisite vi si ricavano. Dista dal capoluogo miglia 1 ¾ al N-O; 6 al SO da Borgo S. Donnino e 24 a S-E da Piacenza. La popolazione è composta di 515 abitanti.

STORIA

Il nome di Scipione, pretendono alcuni Storici, lo si deve a Gneo Scipione, il quale amico di Lelio Manfredo Pallavicino che viveva ai tempi di Federico II e del re Enzio di Sardegna, edificò il castello colà per la vicinanza dell'altro, posto in Vigoleno di proprietà del Pallavicino.
È noto come nel 1407 Pietro Pallavicino collegato col conte Sanvitale, sostenesse una lunga guerra contro Pietro Rossi alleato ad Ottone Terzi. Altrove dissi come finì quella guerra colla sconfitta del Pallavicino, e colla resa del castello al Terzi. Nel 1701 essendo ancora questo feudo in possesso de' Pallavicini, venne contrastato al marchese Pier-Paolo, co' diritti feudali, dal Duca di Parma, e patì per questo, lunghe ed inattese molestie; ma versata una grossa somma al fisco, e dopo prestato giuramento di fedeltà a Filippo V. duca di Milano, furono tolte ogni molestie. Nel 1717 il marchese Paolo Antonio morì senza eredi. I suoi fratelli frati ambidue dell'ordine di S. Benedetto, chiesero dispensa e l'ottennero dal generale della loro Congregazione per fruire la eredità del fratello, ma la successione fu loro dal Duca negata. Questo feudo passò da quell'epoca al fisco, ed ora il castello è proprietà privata.

§.X.

Comunello di Tabiano.

Resa fatalmente celebre questa borgata per le sue guerre fratricide e pel sangue versato a torrenti nelle circostanti campagne per prepotenza feudale o per gelosia di potere, ora va acquistando una più gradita celebrità che si direbbe da natura concessa a compenso delle patite sventure e delle orride sue carneficine. L'umanità sofferente trova nella prodigiosa acqua solforosa che produce i suoi colli, un farmaco salutare al travaglio e pericolo delle malattie cutanee ed epatiche. La virtù medicinale di quelle acque è di recente scoperta. Nell'ultimo decennio del trascorso secolo, deesi al caso il ritrovo di quelle acque e la provata efficacia di esse. Uno stabilimento fu eretto a comodo dei bagnanti da Maria Luigia, fu duchessa del già Ducato parmense, capace di dodici bagnatoje, cui va unito un comodo albergo ed una comoda strada lunga
3 miglia e 2/3 che dallo stabilimento mette a Borgo S. Donnino. Alla quale un'altra che si aggiungesse ponendola in comunicazione diretta con Salso, è nel desiderio di tutti ma finora non è neppure in stato di progetto.
Roccie sterili e calcari, piane floride e ricche di bella vegetazione, formano un curioso contrasto in questo territorio. Un antico castello ancora in discreto stato attesta le opere di difesa erette da quegli antichi feudatarii, ed era uno de' più forti di tutti i castelli dell'antico Stato Pallavicino. Altrove parleremo delle sue acque e delle analisi che ne sono state fatte.
Dista il comunello 1 miglia e 2/3 al S-E dal capo luogo, 5 ¾ al S da Borgo S. Donnino, e 19 all'O-S da Parma. Conta 670 abitanti.

STORIA

Nel castello di questo villaggio, vedemmo che nel 1147 Dolfino Pallavicino si fortificò per esercitare impunemente nuovi soprusi a danno de' suoi fratelli Tancredo e Guglielmo. Ora nel 1149 Guglielmo co' suoi Piacentini assediò di nuovo il castello, e di nuovo Parmigiani e Cremonesi assalirono i Piacentini, i quali dopo un sanguinoso conflitto dovettero fuggire sbaragliati cadendo molti di loro prigionieri: seicento ne furono condotti incatenati a Cremona, molti a Parma. Un trattato di pace vi seguì, pel quale si convenne che a Dolfino si lasciasse il libero e pacifico possesso dei dominj usurpati, colla formale rinuncia per parte del Comune di Piacenza della donazione fattagli da Oberto. Una cronaca Piacentina ci dice però che nel 1150 malgrado questo trattato, i Piacentini distrussero a mano armata il castello di Tabiano.
Nel 1153 per opera di Federico Barbarossa, si conchiuse la pace tra Dolfino e Guglielmo, e riedificato il castello, il conservò Dolfino in pacifico dominio fino al 1180. Morto Dolfino, passò l'eredità ad altro Dolfino suo figlio, il quale morto senza eredi, il feudo fu lasciato in parte ai Canonici di Parma e in parte a Bernardo da Cornazzano.
Nel 1199 Rolando Rossi, allora in fama di strenuo guerriero, ricuperò i castelli di Bargone, e Tabiano allora in possesso de' Piacentini, e li ridonò ai Parmigiani.
Nel 1267 i Parmigiani uniti ai Modenesi e Reggiani ebbero un nuovo scontro coi Piacentini a Borgo S. Donnino colla vittoria de' primi, i quali ebbero per dedizione i castelli di Tabiano e Bargone, dopo aver mozzo il capo e impiccati alcuni nobili Piacentini del seguito di Pallavicino, fra i quali è notato un Ubertino da Casalecchio. Da quell’epoca conta la decadenza di Oberto Pallavicino ridotto da una ricca e vasta signoria, al solo possesso del castello di Tabiano pur anco assediato, il quale, non sapendo resistere alle forze unite de' Reggiani, Parmensi e Modenesi, si arrese, e furono così que' terrazzani, dice lo Storico Affò “vendicati della tirannide ben lunga onde oppressi furono”.
Nel 1442 Nicolò Piccinino ebbe da Filippo duca di Milano l'investitura di Tabiano, Bargone e Banzola. Nel 1448 veggiamo un Danesio Orsini Signore di Tabiano con podestà un Antonio de' Conti, e nel 1457 il Duca di Milano creato compromessario nelle contese de' fratelli Pallavicino per la loro eredità, assegnò a Nicolò Pallavicino, Gallinella, e ad Oberto, Tabiano e Bargone.

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