1 novembre 1942 – Voce Amica - Vesti corte, donne corte - Su una rivista missionaria abbiamo letto questo autentico episodio che, nell’inarginabile ondata di immodestia, presentiamo ai nostri lettori. Erano giunti dall’Europa vari pacchi di vestiti per i nostri neri e nere; e in men che non si dica, avemmo un folto gruppo di avventori ed avventrici davanti al magazzeno della Sezione.
Finché si trattò di avventori tutto andò bene; già, gli uomini sia d’Europa che d’Africa, (quantunque selvaggi), sono abbastanza seri ed hanno dei lavori abbastanza importanti perché non vadano a perdere il tempo dietro la moda. Non così le donne. Alla vista delle smaglianti vesti femminili delle loro sorelle d’Europa, non potevano trattenere dei lunghi oh! e ih! di meraviglia. Ma poi, quando vennero all’atto pratico di misurare le gonne europee sulla loro nera persona, trovarono tosto un difetto di moda piuttosto rilevante anche per delle selvagge: tuka mendo: cioè, sono tutte corte. Tuka mendo: sono tutte corte era la sinfonia che usciva da quelle bocche; e purtroppo tale sinfonia suonava un rimprovero assai solenne alla moda d’Europa, ed io tremavo al pensiero che quelle vesti, pur così belle, ma ahimè, troppo corte e qualcuna anche troppo trasparente, avessero servito come reti al diavolo per rovinare delle anime. Per cui ora, delle donne selvagge sì, ma ancor sane nell’anima, si rifiutarono di indossare delle vesti che ripugnavano persino al loro primitivo senso di pudore! La situazione era per me incresciosa; per cui cercai di spiegare alla meglio che tante vesti si portano sopra di altre per fantasia per giubilo, ecc. e che da noi la gente non ha solo addosso un camiciotto od una terga azzurra come le Sudanesi. Tanto più che da noi fa più freddo ed allora la gente deve vestire di più che nel Sudan...
— Va bene — saltò su una delle più furbe fra quelle nere — ma dimmi un po’ Padre, le donne nei vostri paesi sono proprio tutte così corte come queste vesti?!? Uno scoppio formidabile di risa accolse l’arguta osservazione.
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