Lunedì 4 luglio 1927 - La Stampa - Il Principe Umberto a Salsomaggiore e a Busseto Sabato 30 Aprile 1910 -  La Stampa  - Il duca Pompeo Litta querela l'ex-sindaco di Salsomaggiore e suo figlio dichiarandosi truffato di un milione e mezzo - (Per telefono alla Stampa - Milano, 29, ore 18.

Le peripezie del duca Litta

Si fa molto parlare oggi di un nuovo preteso scandalo in cui sarebbe immischiato anche il duca Pompeo Litta-Arese, di cui ebbero già ad occuparsi a più riprese i giornali italiani per le sue produzioni letterarie in italiano e in inglese e recentemente per aver egli denunziato alla opinione pubblica il doloroso disinganno provato per un fallito esperimento sociale, sei suoi possedimenti di Casale Litta, a base di una concezione socialistica tutta sua speciale.
Egli allora era tornato in patria dopo una lunga dimora all’estero, dice oggi il Corriere della Sera da cui traggo queste informazioni, ma in Italia, dopo le delusioni provate, non soggiornò molto tempo, e l'estero divenne ancora, alla distanza di poco più di un anno, la terra dei suoi pellegrinaggi continui, e le metropoli delle principali nazioni lo ebbero ospite assiduo.
E' che il duca volgeva nell'animo un altro sogno, alla realizzazione del quale egli dedicava tutte le sue forze, malgrado i suoi sessantanni trascorsi. La sua signora, che è un'americana, a quanto si dice, gli aveva recato in dote un'immensa distesa di terreni nella Florida, il più meridionale degli Stati Uniti d'America, denominata Miacca. Per poterne trarne un'ottima speculazione, il duca aveva escogitato un vasto piano di colonizzazione per compiere la quale naturalmente occorrevano parecchi milioni.
Ed eccolo in cerca di questa enorme somma, nella speranza di incontrare dei capitalisti intraprendenti che gli facilitassero la realizzazione del suo sogno. Egli varca l’oceano e piomba a Parigi, ove l’oro abbonda nei forzieri di Banche potentissime. Ma, a quanto si afferma, la fortuna non volle sorridergli neppure quando, dietro un suo progetto e un continuo interessamento, venne lanciata a Parigi una Banca franco-italiana, che trovasi ora in liquidazione.
La sorte, egli ha affermato, gli fu tanto avversa, da farlo incontrare in un giovane a Parigi che seppe avvincerlo e truffarlo abilmente.
Il giovane non era parigino, ma... un parmigiano, e precisamente, il dott. Antonio Pacetti, laureatosi or sono pochi anni all’Università commerciale Bocconi, di Milano. Contro di lui e contro il padre suo ing. Luigi il duca Pompeo Litta ha in questi giorni sporto querela di truffa per la cifra di un milione e 500 mila lire.

La querela venne sporta alla Procura del Re di Milano la quale ha trasmesso gli atti al giudice istruttore avv. Stecchini. Questi ha proceduto ad un lungo interrogatorio del duca e quindi ha trasmesso gli atti al giudice istruttore di Parma, perchè se ne occupi nei confronti dei signori Pacetti.

L’ing. Pacetti è persona notissima a Parma per aver coperto e per coprire tuttora importanti cariche pubbliche. Dotato di beni considerevoli di fortuna, è assai stimalo nella sua città. Dimora a Parma ed ha una villa a Salsomaggiore. Nelle elezioni generali amministrative di Salso nelle quali trionfarono i popolari, venne nominato sindaco, appartenendo egli al partito socialista. Da tale carica si dimise di recente, a quanto pare, per ragioni famigliari. Il figlio di lui, Antonio, dopo di essersi ammogliato, si recò all'estero e divenne l'amico più fido del duca. Il duca è stato veramente truffato di tale somma o sono invece stati tutti vittime delle avversità, lanciati fatalmente in speculazioni rovinose, vinti tutti dalla fatalità di una terra misteriosa, molto misteriosa, che nella mente del duca doveva ricolmarli d’oro. Lo vedrà la giustizia alla quale il duca si è appellato.

La querela

Intanto nella sua querela il duca lamenta di aver fatta la conoscenza a Parigi, nel 1908 del dottor Antonio Pacetti, giovane intelligente, ventisettenne appena, ma che dimostrava un’abilità non comune di acuto finanziere. Il Pacetti si mostrò entusiasta del progetto del duca Litta di colonizzare la Miacca e lo rassicurò che lo avrebbe in breve messo a contatto con importanti banchieri francesi ed austriaci, i quali avrebbero senza dubbio, data la rispettabilità e la solvibilità di casa Litta, concesso non solo migliaia, ma milioni di lire. Il duca ne fu vinto, e lo fece suo segretario particolare, ed insieme trascorsero tutte le capitali dell'Europa, in cerea dei milioni. Ma questi non si trovarono mai. Con un pretesto e con l’altro (è sempre il duca che racconta), il dott. Pacetti procrastinava le stipulazioni coi banchieri. Una sera, finalmente, disse che ogni corsa era pronta, purché il duca firmasse tante cambiali per la somme di 500 mila corone, delle quali non si ebbero prove che molto tardi. In una forma molto dolorosa per il Litta, come si vedrà più sotto. Il Pacetti ed il duca viaggiavano continuamente, senza mai venir a capo di nulla. Non dimeno, colle blandizia e colle premesse, il Pacelli figlio riuscì a farsi dare, e questo avveniva in Italia, tante tratte cambiàrie per un milione. Dieci da 50 mila e cinque da 100 mila. In queste trailo rimirava come accettante il dottor Pacetti, il quale doveva provvedere a trovare lo sconto. Per meglio persuadere il duca del suo continuo interessamento per la progettata colonizzazione della Miacca il Pacetti si sarebbe anche rivolto al Commissario dell'emigrazione, in Roma per l’invio di contadini nella famosa colonia. il Commissariato dette voto sfavorevole. Gli sconti non vennero fatti, o, meglio, il duca dichiara di non avere mai dalle tratte rilasciate ricevuto il becco di un quattrino, e di avere avuto in questi ultimi tempi più notizie del dott. Pacetti, solamente a mezzo dell'usciere, che gli ingiungeva di pagare numerosi effetti e tratte scadute. Segno evidente, afferma il duca, che il Pacetti era riuscito in un modo o in un altro a trovare lo sconto, e si era ben guardato di passargli i quattrini che gli spettavano.

Alla scadenza gli effetti erano stati protestati, e le conseguenze doveva subirle egli solo. Di qui la querela presentata per l'intera somma di un milione e mezzo.

Il duca, poi, ha coinvolto nella querela anche il padre, ing. Pacetti, perchè dice di poter provare che, mentre egli aveva regolarmente diffidato suo figlio a far uso delle tratte rilasciategli, il padre si interessava ad ottenere a mezzo di Istituti di credilo milanesi, delle ottime informazioni sul duca Litta per meglio facilitare gli sconti al figlio presso dei banchieri di Vienna. Il duca, che fino all'altro ieri si trovava alloggiato all’hotel Terminus in Milano, dopo essere stato interrogato dal giudice iistruttore, è partito per l'America a ritrovarvi in  Miacca che egli spera sempre di fare oggetto di ottima speculazione, e della quale si occuperebbe ora, sempre secondo il duca, un notevole gruppo di finanzieri di Monaco.

Ciò che dicono i querelati

Il giornale milanese ha fatto fare per suo, a Parma ed a Salsomaggiore, un'inchiesta, ed cco quanto riceve dal redattore inviato sui luoghi : Ho interpellato stasera direttamente l'ingegnere Luigi Pacetti nel palazzo di via Venti Settembre. L'ing. Pacetti si è dimostrato indignato della querela sporta dal duca, ed a riprova della sua perfetta correttezza ha voluto mostrarmi un voluminoso dossier di documenti, di procure legali di telegrammi, di ricevute di vaglia telegrafici, di lettere, ch'egli allegherà ad un memoriale di circa cento pagine sull'accusa dettagliata e che già stà rivolgendo all'Autorità giudiziaria.

 — Protesto — egli ha detto — contro la temeraria querela del duca Litta. Riservandomi ogni azione giuridica contro il duca, affermo che non ebbi parte alcuna negli affari di lui e dei suoi interessi al collocamento dei titoli avallati o delle tratte del duca stesso sopra mio figlio, collocamento dei titoli peraltro, io credo, non ancora avvenuto, per quanto ne sappia ciò avvenne esclusivamente perché fui costretto a provvedere del mio alle sdebitazioni di mio figlio ed al di lui mantenimento per tutto il tempo nel quale egli ha posto tutta quanta la sua attività a servizio del duca e dell’impresa da questi escogitata, senza che il duca stesso lo sostenesse o compensasse in misura alcuna.

A riprova della sua affermazione, l’ing. Pacetti ha narrato che, allorchè suo figlio ottenne la laurea all'Università Bocconi, egli cercò di collocarlo in buona posizione, ottenendogli il posto di segretario con funzioni di vice direttore presso la Società Anonima Generale di Assicurazione, nella quale egli era consigliere. Sciaguratamente il giovane da poco laureato fu vinto dal progetto del duca Pompeo Litta che qualche giornale francese aveva favorevolmente illustrato.

Ottenne, ossessionato da quell'idea, di conoscere il duca e di divenire suo segretario senza stipendio, sempre nella falsa credenza dei milioni della Miacca. I due visitavano lo capitali europee per trovare denari e spendevano delle somme considerevoli perchè il duca amava trattarsi con molto sfarzo, soggiornando negli alberghi più costosi. Non disponendo di denaro, suo figlio rilasciò cambiali ed al tempo delle scadenze, dovette intervenire per tranquillizzare e soddisfare i creditori. Avvenne poco tempo dopo che il figlio dott. Antonio, fu licenziato dalla Società di Assicurazioni per abbandono del posto e si diede allora più che mai a concorrere alla realizzazione del progetto ducale. Fu a Roma che furono fatte pratiche, con esito negativo, come si è già detto, presso il Commissariato d’emigrazione, e furono in quella occasione organizzate persino delle conferenze, delle quali es occuparono pure i giornali, al Collegio Romano. Suo figlio continuava a richiedergli dei denari, ed egli che prima si era opposto ai miraggi prospettatigli dal figlio, avendolo dopo visto in condizioni finanziarie disastrose, sempre sperando di poter ottenere il rimborso, diede parecchie migliaia di lire. - E le 500 mila corone rilasciate dal duca a Vienna per lo sconto di suo figlio? gli ha richiesto il giornalista. Lo sconto doveva infatti essere effettuato dal banco Bonedialesky di Vienna. Vi furono prima degli incidenti per l’identità personale del duca e si finì poi per non concludere nulla. Le tratte erano a sei mesi con impegno di rinnovazione ed in quell’occasione il duca aveva munito, in abbondanza mio figlio di regolare procura. Tale somma doveva servire per far fronte ai debiti rilevanti incontrati negli alberghi delle principali città d’Europa ed anche agli affari della Banca Franco-Italiana che volgevano non troppo bene. Alcune tratte, aggiunge poi il Pacetti, le collocò ed una parte deve averle ancora in tasca. - E l’altro milione? -ha insistito il giornalista.
- Fu ai primi di gennaio di quest’anno che l’affare era stato combinato coll’intervento dell’ing. Silvio Zabarella, il quale diceva di aver trovato un tedesco, certo Mautteber, che si dichiarava disposto, a certe condizioni, di far scontare la somma di un milione. Il dica rilasciò allora per mezzo milione di pagherò e mezzo milione di tratte. Finora, che io mi sappia, non sono state scontate. All’obiezione che i protesti bancari che vengono fatti al duca che dimostrerebbero che il figlio dottor Antonio aveva realizzato qualche sconto non curandosi affatto delle scadenze, l’ing. Pacetti ha risposto che ciò non poteva essere possibile, perché suo figlio avrebbe innanzi tutto rimborsarlo dei quattrini che gli aveva anticipato, sapendo di averlo messo in condizioni economiche poco soddisfacenti. Egli si è quindi dilungato a spiegare un protesto fatto al duca di trentamila corone per parte del banchiere Withenal di Vienna.

All'accusa poi di avere cercato di facilitare gli sconti al figlio, con sollecitazioni presso gli istituti di credito milanesi, l’ing. Pacetti ha risposto che scrisse solo in proposito al ragioniere S…. del Banco Ambrosiano, perché pressato dal duca e dallo stesso ing. Zabarella.

A modo di conclusione l'ingegnere Pacetti ha detto: . La prima vittima di questo sciagurato affare sono stato io che ci ho rimesso parecchie diecine di migliaia di lire. Per essere ben chiaro dirò che divenni infatti creditore di mio figlio per spese enormi da lui sostenute sper sé e per il duca. Il quale pensò di provvedere alla sistemazione propria dei suoi collaboratori ing. Zabarella e Pacetti coll’avvallare titoli accettati dallo stesso mio figlio ed il cui ricavo realizzato doveva appunto, per la parte che avrebbe servito mio figlio, essere passato a me che avevo sostenuta la spesa ed esposta la mia firma in numerose cambiali.

Il risultato si fu che io continuai sempre a versare denaro ed a pagare debiti senza avere mai avuto rimborso alcuno e fui stretto alla gola da creditori ignoti che ora minacciano di inghiottire il modesto patrimonio, accumulato coll’onesto lavoro.
Queste mie affermazioni hanno la riprova nei fatti e sovrabbondano documenti provveduti dal duca stesso onde si trae la correttezza della mia condotta e la temerarietà dei querelanti.

Queste le dichiarazioni dell'ing. Pacetti fatte a Parma. Frattanto il figlio suo dottor Antonio si trova a Bruxelles ed è atteso dal padre per fornirgli tutte le spiegazioni sul suo operato. Il padre non ha scemato la sua fiducia in lui ritenendo ch’egli non abbia affatto scontato le tratte delle quali egli era l’accentante. L’ing Silvio Zabarella si trova ora a Parigi sempre per la questione dei milioni della Miacca.

Il duca Litta compromesso anche a Torino e Bologna?

Stando sempre alle informazioni oggi pubblicate della situazione finanziaria in Italia del duca in Italia si occuperebbe ora l’avv. Verlovi, il quale ieri stesso dovette recarsi a Torino perché una ditta della nostra città rimpiange, a quanto pare, della merce fornita per conto del duca al Pacetti. E mentre da Torino si protesta, a Bologna certo Oppi richiede il pagamento di ventimila lire per denaro ed un’automobile.

 

 

Gazzetta di parma - domenica 14 agosto 1910

Tempo fa il duca Pompeo Litta Arese di Milano sporgeva querela contro il dott. Antonio Pacetti ed il padre suo ing. Luigi per numerose truffe ascendenti a parecchi milioni e consumate approfittando di un progetto di colonizzazione della Miakka in Florida. Il giudice istruttore di Milano escluse a suo tempo l'imputazione della truffa dagli stessi documenti presentati dal querelante. Il processo venne rinviato a Parma per ragioni di competenza e per esaminare se eventualmente vi fossero altri reati. Questo giudice su conforme conclusione del P. M. ha ieri emesso ordinanza di non luogo a procedere per inesistenza di reato cosi in confronto del padre come del figlio Pacetti.

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