Lunedì 22 Febbraio 1932 -  La Stampa della sera - L'epilogo giudiziario di un truce delittoLunedì 22 Febbraio 1932 - La Stampa della sera - L'epilogo giudiziario di un truce delitto  - L'epilogo giudiziario di un truce delitto - L'uccisione di un'intera famiglia a colpi di fucile sparati da una finestra. La Corte d'Assise di Parma giudicherà mercoledì l'assassino.

Parma, 22 sera.

Il 24 corr., avrà inizio innanzi alla nostra Corte d'Assise il processo contro il contadino Bellengi Quirino fu Luigi, di anni 43, nato e residente a Tabiano di Salsomaggiore, imputato di tre omicidi e due tentati omicidi e contro Colombini Pietro di Giovanni, di anni 50, da Salsomaggiore, imputato di complicità. Più precisamente il Bellengi è imputato di avere in Tabiano la sera del 10 dicembre 1930, al fine di uccidere mediante colpi di fucile con premeditazione, ed allo scopo di consumare un reato di furto, cagionato la morte di Moroni Luigi, di avere nelle stesse circostanze cagionato la morte di Rastellli Giuditta in Moroni e gravi ferite al bambino Moroni Antonio che furono causa diretta ed immediata della sua morte avvenuta li giorno successivo nell'Ospedale di Fidenza; di avere inoltre cagionato a Vascelli Erminia, moglie del Moroni, lesioni guaribili in oltre 20 giorni e di avere sparato colpi di fucile contro Moroni Oreste per fortuna senza colpirlo.

 II bimbo tra le braccia

Il Colombini è imputato di complicità nei reati commessi dal Bellengi, promettendogli assistenza ed aiuti da prestarsi dopo la consumazione del detti reati. Il Procuratore generale presso la Corte di Appello di Bologna, dichiarando chiusa l'istruttoria il 26 novembre 1931, rinviava al giudizio della Corte di Assise di Parma il Bellengi e il Colombini. Quest'ultimo dovendo rispondere solo del delitto di favoreggiamento di cui era stato ritenuto responsabile si presenterà a piede libero. Bellengi sarà difeso dall'vv. Ildebrando Cocconi; il Colombini dall'avvocato Francesco Pangrazi. Il figlio degli uccisi Moroni Giovanni di anni 26, residente a San Vittore di Salso maggiore si è costituito Parte civile contro il Bellengi assistito dall'avvocato Ferruccio Conforti. Il gravissimo fatto di sangue che ha portato il Bellengi sul banco degli accusati è accaduto come si è detto la sera del 10 dicembre 1931. Verso le ore 19 la famiglia Moroni che abitava in località Casa Spiazzi e che era composta dai vecchi coniugi Moroni Luigi d'anni 72, Rastelli Giuditta d'anni 68, del loro figlio Oreste, d'anni 31, della moglie di questi, Vascelli Erminia, di anni 26 e di un figlioletto di costoro, Antonio, di anni 1, stava raccolta nella cucina al piano terreno, tra la tavola, il camino e la scala in legno che conduceva alle stanze da letto del piano superiore. Il vecchio Moroni si trovava ritto sui primi gradini della scala attendendo che sua moglie, pure in piedi davanti a lui gli porgesse un lume a petrolio per salire a coricarsi mentre gli altri erano seduti, la Vascelli ancora a tavola con il bimbo tra le braccia e il marito chino sul focolare, quando all'improvviso varii colpi di arma da fuoco sparati dal di fuori attraverso l'unica piccola finestra della cucina munita di inferriata e chiusa a vetri sita nella parte opposta della stanza ma sulla stessa traiettoria dal punto in cui era il gruppo dei Moroni, apportavano la strage. Ai primi due colpi caddero uno sull'altro fulminati i due vecchi, proprio ai piedi della scala, mentre il lume che la Rastelli teneva in mano rimaneva infranto e spento sulla tavola.

La lampada rotta

Un altro colpo, che per la direzione avrebbe dovuto ferire al capo l'Erminia Vascelli, già seduta alla tavola, essendosi questa istintivamente alzata, colpiva mortalmente il piccolo Antonio che stava fra le braccia della madre la quale veniva in tal modo riparata e rimaneva solamente lesa al braccio destro e alla mano. Frattanto ! per lo spostamento d'aria cagionato dagli spari si spegneva anche una seconda lampada a. petrolio appesa al soffitto sopra la tavola mentre da altri colpi di fucile che nella confusione e per il terrore non poterono essere meglio ricordati, venivano colpiti e distrutti numerosi pezzi di stoviglia sulla tavola e all'intorno. Il buio sopravvenuto nella cucina era valso ad impedire allo maggiore. sparatore una strage impedire allo maggiore. Il Moroni Oreste, pressando quasi sui corpi dei genitori che non sapeva uccisi, accorse a chiudere col catenaccio interno la porta della cucina che guarda sull'aia, la quale era chiusa da un semplice chiavistello, quindi salito al piano superiore, si affacciò per vedere chi fosse lo sparatore, Altri due colpi raggiungevano però il davanzale della finestra, ed allora il Moroni si portava nella parte posteriore della casa e calandosi da una finestra alta circa due metri riusciva a fuggire per invocare soccorso. Nel frattempo l'assassino aveva tentato di aprire la porta della cucina, e quindi cercava di abbatterla con, colpi di un corpo, contundente, mentre risuonavano fra le grida di terrore e di soccorso della Vascelli ed i pianti di dolore del bimbo ferito, fino a che gli abitanti del vicinato chiamati dal Moroni Oreste, intuendo la gravità del fatto, accorrevano sparando da lontano alla loro volta vari colpi di fucile che servirono a fare allontanare l'assassino. Contemporaneamente il Moroni proseguiva fino al castello di Tabiano da dove faceva telefonare ai carabinieri di Salsomaggiore. Intanto ai primi accorsi, appariva una ben tragica scena: i due vecchi a terra aggrovigliati e già cadaveri tra sangue e disordine di vetri infranti di stoviglie e di oggetti caduti, la madre terrorizzata e dolorante per sè e per il figlio moribondo. La scoperta dell'assassino i carabinieri sopraggiunti con un medico provvedevano al trasporto dei due feriti all'ospedale di Fidenza dove il piccolo Antonio moriva la mattina successiva. Siccome il delitto si era svolto senza che il suo autore fosse stato neppure intravveduto e senza che nel primo momento apparisse un filo anche tenue per giungere alla sua identificazione e per stabilire la causale del feroce omicidio, durante la notte vennero prospettate alcune ipotesi riferentesi ad un delitto per ragioni di interesse o per questioni oppure per vendetta da parte di ex-fidanzato della Vascelli, ma i primi sommari accertamenti fecero dileguare qualunque sospetto a carico dei famigliari delle vittime e valorizzare l'ipotesi della rapina definitivamente confermata poi dalle dichiarazioni della donna. II rinvenimento del bossoli delle cartuccie sparate e di orme segnate nella neve nella direzione che porta a Banzola fecero volgere le ricerche in quella zona. Una perquisizione operata nella casa del Bellengi, individuo di cattiva fama, portò alla scoperta di un fucile da caccia di calibro 12 appena pulito, all'accertamento che lo stesso Bellengi era uscito di casa appunto nell'ora del delitto, adducendo un pretesto dimostratosi falso. Inoltre nella stessa mattina egli erasi allontanato dalla famiglia, onde le indagini abbandonarono altre traccie, quali quelle di un girovago che era stato ospitato la mattina del giorno 10 nella casa del Moroni e si rivolsero unicamente alla ricerca del Bellengi. Questi in seguito a mandato di cattura emesso il 17 dicembre, inutilmente ricercato si costituì in Parma il 18. Il 25 marzo 1931 fu arrestato il Colombini e rimane detenuto fino al 19 luglio. Durante l'istruttoria gli indizi di colpevolezza contro il Bellengi sono venuti accumulandosi sino a divenire schiaccianti. Secondo l'accusa, la dimostrazione della sua colpevolezza deriva dalla sua condotta sia antecedente sia successiva al fatto e dalle sue parziali ammissioni della prova obiettiva che egli stesso ha lasciato sul luogo del delitto.

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