22 aprile 1922 - Il Veltro - Periodico fascista di Salsomaggiore

22 aprile 1922 - Il Veltro - Periodico fascista di Salsomaggiore - Le cerimonie commemorative di Borgo S. Donnino e di Salso -  Le parate fasciste e lo slancio patriottico delle cittadinanze - A Borgo S. Donnino - Borgo S. Donnino appariva ieri, coperta di bandiere. Tra profusione dei manifesti dalle tre tinte nazionali accresce la festa trionfale del colore. Il cielo era però imbronciato, e , si è così mantenuto, per quasi tutto il giorno. » Cielo bolscevico! » scherzavano le « camicie nere » che affollavano la città sin dalle prime ore del mattino.

Verso mezzogiorno il tempo comincia a chiarirsi: cessa di piovere. Avremo un po’ di sole? Alle ore 15 comincia l’adunata, in Piazza del Duomo. Una folla immensa di popolo gremisce la vasta Piazza. E’ tutta Borgo che vuol « vedere » i suoi figli, le sue « Camice nere » nelle quali ritrova l’italico spirito, il segno della superiorità intellettuale, politica e morale della nostra razza. Giungono per prime le « fiamme nere » al comando di Amerigo Ghirardi. Una squadra superba, per ordine e per disciplina. Numerosissimi squadristi recano sulla camicia nera i nastrini delle decorazioni. Seguono le « fiamme rosse ». Le comanda Nando Peretti. Ottima squadra, che desta, come la prima, : l'ammirazione della folla. Ecco i rappresentanti del nucleo di Tabiano: Tabiano la « rossa » ha mandato i suoi figli a Borgo, in camicia nera. Questi nostri fratelli di fede che sono venuti ad aumentare la grande nostra famiglia, son degli autentici lavoratori. Seguono le belle squadre di Bargone, Chiusa, Pieve, Castione, Cabriolo, Siccomonte. Giunge infine il fascio di Salsomaggiore coi suoi sindacati economici e la plenitudine dei suoi reparti in divisa al comando del capitano Fanelli e dei capi squadra Nino Pozzi e Pecorari. Da ultimo, rapidamente s’inquadrano, e sono un’altra folla, tutti i "triari".
Entra sulla piazza il gagliardetto della Sezione. All’apparire del segno che simboleggia ufficialmente il Fascismo Borghigiano, la folla si scopre ed applaude.
Giunge la musica.
Uno squillo d’attenti. L’immenso corteo si muove. Dietro le squadre fasciste, marcia compatto il popolo di Borgo. Le note gioiose di «giovinezza», si levano alte, vibrano sull'aria che ne è piena, si spandono tra le mura. Le « camicie nere » seguono colla voce il suono, la folla fa eco.

Fiori e tricolori

Mentre echeggiano le prime battute del nostro inno di vita, le finestre si gremiscono. Nuovi drappi tre colori s’aggiungono ai mille e mille che già adornavano le case, e fiori e fiori vengon lanciali sulle balde schiere. Marcia in testa, subito dopo il gagliardetto Remo Ranieri, il segretario politico comandante di tutte le squadre. Reca sulla camicia le insegne centurione. Egli è visibilmente contento, commosso, nell'intimo suo il « capo » come con rispettoso, fraterno affetto, soglion chiamarlo i fascisti Borghigiani. Lo segue, aiutante in seconda. Ettore Montanari. Dalle case, continua incessante il gettito dei fiori. Migliaia di manifestini tricolori, inneggianti al Fascismo, ai Suoi martiri, all’Italia, vengono gettati. Dalla folla assiepata sui marciapiedi e che attende finisca la sfilata delle squadre per incolonnarsi anch’essa, partono grida d’entusiastici evviva, scrosciano travolgenti gli applausi.

L’inaugurazione delle Fiamme

Si arriva nel piazzale dei divertimenti, dove avverrà l’inaugurazione delle Fiamme ai nuclei di Bargone, Chiusa, Pieve. Le squadre formano un quadrato. Nel mezzo sono le rappresentanze dei tre nuclei. Gli alfieri recan le tre fiamme avvolte in candidi veli.
Uno squillo di tromba.
Parla Ranieri, brevemente, concisamente. Dice il significato della festa odierna, ad un anno di distanza dal giorno in cui il Fascio di Borgo venne costituito. « Allora eravamo in quindici. I cittadini erano apatici od ostili, oggi siam più di mille e tutto il popolo è con noi! » esclama Ranieri con voce vibrata in cui si sente l’orgoglio per il meraviglioso risultato dell'opera che indefessamente, instancabilmente va prodigando da mesi e mesi per il bene del fascismo. Il discorso di Ranieri è vivamente applaudito. Cadono i veli che coprivan le fiamme, la musica suona « giovinezza » gli altri simboli si agitano, festosamente in fraterno saluto. Prende la parola Davide Fossa. segretario delle Corporazioni Sindacati Fascisti di Borgo. Egli si compiace per la meravigliosa riuscita della cerimonia. Saluta il popolo di Borgo accorso alla festa fascista, accorso attorno ai gagliardetti colla stessa fede colla quale i credenti s'affollano presso gli altari. Esalta il fascismo, forza mirabile, che ha foggiato nuove coscienze, ha creato nuove discipline. Ricorda ai fascisti di Bargone, Chiusa, Pieve, il sacrificio nobilissimo dei tre Martiri di cui le fiamme portano i Nomi. Dalla memoria di quei Santi, dal ricordo glorioso del loro martirio il fascismo — Egli esclama — deve trarre novella fede, per ritemprare le coscienze, per vincere le sante battaglie, contro tutti e contro tutto, per la salute d'Italia, per la salvezza della nazione! Invia gli alfieri a levar alte le fiamme astate e i gagliardetti verso il cielo, verso gli eroi, perchè il baleneo policromo di luci e di colori che dai simboli emana giunga sino ad Essi. Ricorda le tristi giornate della violenza rossa, auspicando alla pace, concorde, a cui si potrà giungere soltanto quando il popolo avrà compreso che la patria non bisogna negarla e bestemmiarla, ma esaltarla, glorificarla, immortalarla. Il discorso volge alla fine. La massa dei fascisti, attentissima, ascolta, non applaude più. E’ commossa. L’amico nostro scioglie un inno a tutti i Martiri del fascismo, elle son martiri d’Italia. Non vani applausi — egli cosi conclude — ma meditazione profonda, ma sorga dai vostri petti, più formidabile di uno schianto di folgore, il saluto della vita, agli eroi ed alle fiamme! Oggi è il Natale di Roma, il Natale del Fascismo, il Natale d’Italia. Si levino, si agitano garriscano, i gagliardetti dalle lucide aste! Canti nelle loro pieghe la canzone immortale! Per l’Italia, fascista, per i suoi martiri ed i suoi eroi. Eia ! Eia! Èia! Un urlo, possente, che scuote l’aria « Alalà! ». « Non vani applausi » ha detto il nostro giovine amico. Ma la folla più non si contiene. E un lungo applauso, si leva dai fascisti e dalla folla, mentre Davide Fossa, commosso lascia la tribuna. Dovrebbe ora parlare l'avv. Scaffardi, ma il cielo si fa minaccioso e viene perciò stabilito che la cerimonia continui in teatro. Le squadre si riordinano. Giungono al teatro, che appare stipato.

La smagliante orazione dell’avv. Scaffardi

Dopo brevi, mirabili, applauditissime parole di Fanelli Seg. Pol. del Fascio di Salso, prende la parola l’avv. Scaffardi. Appena il giovine oratore s’affaccia alla balaustrata ed accenna a parlare tutto il teatro scatta in una lunga, impressionante ovazione. Sul turbinio degli applausi una voce, ripetuta «da cento, da mille altre, si leva « Viva Scaffardi! », « Viva il Fascismo! » la dimostrazione magnifica dura qualche minuto. Quando nell’ampia sala si stabilisce un po’ di calma e l'Avv. Scaffardi inizia il suo discorso il silenzio diventa, impressionante, spasmodico. La voce squillante dell’amico nostro si fa vibrante di fede e di ardore, di indomito coraggio e di inesausta passione! Ridire la mirabile eloquentissima orazione di Giuseppe Scaffardi ci è impossibile. L’umore per la patria, l'esaltazione degli eroi, le glorie romane, il martirio fascista si fondono in una mirabile armonia ed il popolo che rapito, elettrizzato ascolta, prorompe alla fine in un entusiastica acclamazione. Tutto il popolo, commosso, estasiato, purificato, saluta con applausi frenetici Giuseppe Scaffardi, il combattitore indomabile del Fascismo parmense. Il popolo lentamente sfolla. Le squadre fasciste s'inquadrano e s'incamminano rapidamente lungo la via Emilia per andare ad incontrare l’on Terzaghi.

Davanti al Municipio

Una folla di invitati, di autorità, di rappresentanze, s’era intanto adunata sotto i portici del palazzo municipale. Notiamo l’Ill.mo Sig. Sottoprefetto, il Commissario, il Tenente dei RR. CC., le rappresentanze dei Mutilati e Combattenti, il Sig. Pretore, i Garibaldini, l’Ospizio di Mendicità, i Reduci, le scuole, il Partito Popolare, il Circolo S. Filippo Neri, la « Pro Borgo », e tanti altri enti e associazioni di cui ci sfugge il nome. Ricevono le rappresentanze una squadra di Salsomaggiore al comando di Fanelli, Pozzi e Fossa. La folla del popolo gremisce la piazza. Sono le 17 e 20 quando giunge l’on Terzaghi. Un applauso scrosciante si leva da ogni parte.

Parla l’on. Terzaghi

Il Deputato Fascista sale sulla tribuna seguito da tutti i membri del Direttorio del Fascio di Borgo. Presentato con elevate parole da Fossa, l’on. Terzaghi inizia il suo dire.

Esaltazione di Patria

Egli inizia il suo discorso esprimendo, con concetti elevatissimi, la sua soddisfazione di parlare al popolo di Borgo senza distinzione di classi, di sessi e di età, al popolo di Borgo che ha compreso esser la Patria qualcosa di più alto, di più bello, di più grande, delle piccole, meschine, grettezze di partiti. « Oggi non s’esalta un partito, si esalta l’Italia, che prima in lutto il mondo, vinse, nel cozzo formidabile di due contrastanti civiltà, di due opposte mentalità ». Ricorda le tristi ore del 1919, quando un governo imbelle, diretto da un lurido mercante di coscienze, permise che la patria fosse negata, e a rappresentanti di quel popolo che in una mirabile fusione d’anime, di eroiche saggezze e di disperati ardimenti, aveva lottato e vinto la terribile prova, fossero eletti miserabili cariatidi disfattiste e caporettiane, o peggio ancora, degeneri figli che nell’ora dell’estremo cimento, disertarono il campo. L’oratore bolla a fuoco le infamie sovversive. Ricorda la ventata di tempestosa follia che, simile ad un alone venefico, parve appestare tutto l’italico suolo, parve tutto voler distruggere. « Ah — esclama l'On. Terzaghi rivolgendosi alla numerosissima rappresentanza dei Combattenti e dei Mutilati — quando nella dolce Venezia, si giunse al punto che la teppaglia sovversiva, imprecando alla patria, gettava nelle acque gli invalidi di guerra, dopo di averli sputacchiati e bastonati, allora la santa giovinezza che era tornata dalla guerra con un’anima nuova, si erse fieramente in difesa della Patria minacciata, dei segni Italici bestemmiati, calpestati e bruciati. « E’ per consacrare la nostra pura fede italica che tutto il popolo, a cui noi non chiediamo una tessera ma soltanto un elevato sentimento di patria, si raccoglie, colle sue bandiere, co' suoi vessilli, co’ buoi gagliardetti, colle sue fiamme, co’ suoi gonfaloni, co’ suoi stendardi, co' suoi simboli attorno a questa lapide. Dinnanzi ad essa, nel nome dei morti, per la rinnovata coscienza dei vivi, dinanzi a questa lapide dove in ogni lettera è costretta una lagrima uno strazio uno spasimo una stilla di sangue, scopritevi cittatadini di Borgo, inginocchiatevi. qui è Patria, qui è Italia ! » Un clamore immenso d’applausi si leva. Da tutto il popolo adunato l'entusiasmo prorompe travolgente. L'On. Terzaghi è circondato dagli amici che vivamente si congratulano, la musica intona l’inno di garibaldi, provocando nuovi scrosci di applausi.

La fiaccolata

Alle ore 8,30 le « Camicie Nere » di Borgo, sempre al comando dell’instancabile Ranieri, sfilano con torce a vento attraverso le vie, gremite di popolo plaudente. I fascisti son divisi in due squadre, una al comando di Gherardi, che rivela ancora una volta le sue qualità di impareggiabile capo squadra, l'altra agli ordini di Pereto. Marciano le « Camicie Nere », fra gli applausi, il garrire delle bandiere, gli squilli gioiosi della musiche, marciano fra vividi bagliori di fuoco. La folla non si stanca d’applaudire. Alle ore nove la fiaccolata è finita.

Il Veglionissimo

La sera, i fascisti e le gentili Signorine di Borgo si son dati convegno al Teatro Comunale dove si è svolto un elegantissimo veglione. A mezzanotte si è iniziata una violenta battaglia fra i palchi e la platea a colpi... di caramelle e di gianduia. Naturalmente i più bersagliati erano i nostri amici Ranieri, Peretti, Fanelli Venchi, Fossa, Ragni, Montanari, Gherardi, sui quali, specialmente le Sig.ne Ranieri. Granelli, Cantarelli, Podestà, Colombini e tante altre che la penna non ricorda che il nostro pensiero rammenta con viva simpatia, riversavano addosso con fredda ferocia, i loro proiettili... di cioccolata e di zucchero! Le danze continuarono animatissime sino alle ore sei senza che si avesse a lamentare il benché minimo incidente.

A Salso

(S. C.) Venerdì 21. Natale di Roma. Il tricolore era da ogni finestra, ad ogni balcone, sul petto di coloro che si sentono veramente italiani: c’era un contrasto fra questa luce viva di colori ed il cielo bigio che regalava acqua a catinelle. Sin dalle prime ore del mattino si vedevano per la città « Camicie Nere»: era il fiore della gioventù Salsese che con orgoglio, la bella divisa delle nuova forze italiche, portavano mostrando agli animi gretti quale è la divisa del vero italiano. Verso le 11 del mattino lutti gli squadristi, fascisti e componenti dei Sindacati economici si riuniva| no al Teatro Ferrario ove il Segretario Politico del nostro Fascio, Capitano G. A. Fanelli, con elevate parole ha commemorato ai fascisti tutti ed ai cittadini accorsi in gran numero questa festa che per noi sostituisce quel primo Maggio che il nostro Governo ha voluto riconoscere quale festa nazionale del lavoro. Al termine del bel discorso del nostro amico, le « Camicie Nere » si sono inquadrate. Prima Salso col suo Gagliardetto, poi Borgo, indi i Sindacati Economici seguiti da un lungo stuolo di cittadini, Al passo, come dei vecchi fanti, le giovani « Camicie Nere» attraversano le vie della città. I gagliardetti e le fiamme sotto la pioggia passano destando nei nostri animi dei ricordi lontani: sono le legioni romane della nuova Italia. A mezzogiorno il corteo si sciolse per unirsi poi alle 13 onde recarsi a Borgo San Donnino.

Tratto da www.internetculturale

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