Il Veltro - Periodico fascista di Salsomaggiore - 12 agosto 1922 - La vertenza cavalleresca Carini-Rebucci - La storia dell’occupazione fascista del Comune di Salso ha conosciuto un episodio che non sappiamo se sia più comico o pietoso. Data la notevole personalità degli attori che lo hanno vissuto crediamo che sia nostro dovere darne
una cronaca particolare ed obiettiva. II segretario comunale aveva occupata la mattina di sabato scorso in piccole manovre che dovevano condurre in municipio un commissario prefettizio di sua soddisfazione.
Già si era fatto, in città, il nome di qualche suo amico come il probabile designato a ricoprire l’importante e delicata carica. Ma per quanto la cittadinanza fosse da venticinque anni assuefatta a vedere manovrare il suo segretario mezzo in luce e mezzo in ombra in brogli non sempre lodevoli e non sempre intesi a finalità di pubblico bene, tuttavia si stentava a credere che la baldanza di costui osasse fino a tanto. Verso le quindici il Grande Ufficiale giungeva in municipio e, tra il mormorio dei pochi astanti già si dirigeva al proprio gabinetto, quando la voce del comandante delle squadre di azione lo fermò sulla soglia.
• Dove va lei?
• Perbacco, nel mio ufficio. Ho da sbrigare delle pratiche urgenti.
L’altro rise.
• Come?! Gira tutto l’anno per i suoi affari e oggi ha fretta di disimpegnare le mansioni del suo impiego. Si compiaccia di attendere anche lei che siano date le consegne.
• Ma questo è illegale.
• Lasci stare. Lo facciamo per bilanciare tutte le illegalità che sono perpetrate da parte vostra in tre anni di deplorevole amministrazione.
• O, creda signore, qui non si è adempiuto che al proprio dovere. E la stima onde più di un grande uomo mi onora fa fede della sincerità delle mie parole.
Si era accomodato in anticamera su un piccolo sofà. E una gamba a cavalcioni, insinuante e mellifluo, aveva preso a venderle fumo e a millantare la sua opera complessa di democratico-patriota, com’esso definisce la sua tendenza politica in presenza di gente che non transige col sentimento della patria.
Intorno le si era stretto un breve cerchio di fascisti che lo ascoltavano con quella certa curiosità incredula e diffidente che inspirano questi uomini mollicci nelle anime rudi e nelle anime semplici.
Intanto, a questa piccola folla si era venuto a mescolare, non veduto, il valoroso Colonnello Camillo Carini, anima ardente, antica tempra di soldato insofferente d’infingimenti e di menzogne, diritto e generoso.
Ma per poco tacque la prudenza di questo magnifico soldato. Offeso da quell’autoapologia che il segretario si faceva in onta alla condanna della pubblica opinione, il colonnello credette doveroso intervenire, perché non fosse più sfruttata l’ingenuità dei giovani fascisti.
• Come, è proprio lei che parla di rettitudine e di legalità?!
Alla vivace interruzione il Grande Ufficiale levò il capo e riconosciuto l’audace stimò bene di alzarsi e salutarlo.
• O, lei qui, signor Colonnello!
• Sì io stesso, si metta a sedere.
• Mi sono alzato, perché un uomo come lei non si saluta restando seduti.
• Da lei non esigo certe forme di rispetto ipocrite — ribatté il vecchio soldato.
Estremamente pallido il segretario allora gli mette una mano sulla spalla e cerca di calmarlo.
Ma l’altro, implacabile:
• Giù quella mano, due passi indietro, e abbassi quello sguardo, e non mi offenda, e cerchi invece di guardare nel suo passato, il quale è molto sporco.
L’offesa era palese, era diretta, era atroce. Ma nel Grande Ufficiale della Corona d’Italia non un moto di reazione, non un moto di rivolta. - E però, sempre più dimesso, sempre più umile, esso tenta tutte le frasi dell’umiliazione.
• Ma le pare Colonnello?
L’ho fatto per derenza. non si agiti, lei sa quanta stima nutro per lei, se bene ella mi abbia giudicato sovente con una certa severità...
• E’ questo appunto che rivela la sua terribile indigenza morale, mio signore. Ma basta, per ora. Tutt’al più domani le accorderò l’onore di incrociare il suo ferro col mio.
E in questo dire l’intrepido uomo gira sui tacchi e poiché una piccola folla attende in piazza l’arrivo del Commissario Prefettizio, esso si affaccia al balcone donde sventola il gagliardetto e, vibrante di sdegno e di ardore tiene un breve discorso che chiude testualmente così:
—- Questa generosa gioventù fascista ha creduto di sgomberare il municipio, costringendo alle dimissioni il consiglio comunale. Ma nel fervore dell’opera essa ha trascurato di spazzare gli angoli, ove si ammucchia l’immondizia peggiore. La quale immondizia, signori, se non lo sapete, si chiama Augusto Mario Rebucci.
Una grande ovazione saluta la fine della inesorabile filippica.
Il Colonnello Carini si ritira e da perfetto gentiluomo, abbandonando il Municipio incarica il Cav. Angelo Gatti, una spiccata personalità dell’industria lombarda e l’avv. Bruno Cantino, ex capitano di artiglieria, decorato di cinque medaglie al valore, perché si presentino al Grande Ufficiale Rebucci e gli chiedano se si ritenga offeso di quanto esso ha avuto ad affermare poco prima.
Qui per l’esattezza della cronaca preferiamo lasciare la parola all’avvocato Cantino, il quale riferendo circa all’azione svolta da lui e dal Cav. Gatti in qualità di rappresentanti del Carini, così si esprime:
Ricevuto l’onore in unione al Cav. Gatti Enrico di Monza di rappresentare il Sig. Col. Carini, ci siamo recati dal detto Grande Ufficiale, onde chiedere se si fosse ritenuto offeso, dalle frasi dette dal Sig. Col., nel palazzo Municipale, il 5-8 alle ore 15. Detto Segretario rispose al sottoscritto la testuale parola: No!!
Io allora gli strinsi la mano affermando di essere completamente convinto che il Sig. Colonnello aveva avuto ragione di offendere.
Usciti dal Comune, e rientrati all’Hotel Cavour trovammo comunicazione telefonica del Sig. Rebucci di recarci dal Sig. Col. Mosconi, cosa che per deferenza al detto Colonnello, valorosissimo e colto ufficiale facemmo immantinenti. Avemmo un cordialissimo colloquio e prendendo congedo ci accordammo di trovarci all’indomani mattina giorno 6 corrente, per la definizione della vertenza.
Difatti alle ore 14 il Sig. Col. Mosconi venne e ci richiese che le fosse presentato il Col. Carini. Venuto a contatto del collega in via privatissima il Sig. Col. Mosconi tentò con tatto squisito d’indurlo a mitigare l’asprezza del giudizio espresso il giorno avanti nei riguardi del Grande Ufficiale Rebucci. Il Carini rimase muto e allora il sottoscritto fece conoscere al valoroso Sig. Col. Mosconi che non accettavamo nessuna proposta, sotto nessuna forma, che rimanevamo a loro disposizione fino alle ore 19 del 7 corrente e che trascorsa la detta ora senza nessuna visita ci saremmo ritenuti sciolti da ogni impegno
Per l’ora stabilita però il Rebucci ci fece sapere formalmente che non si sarebbe mai battuto essendo padre di quattro figli. La risposta non può avere commenti.
Il fatto che abbiamo narrato ha però trovato nei cittadini commenti ricchi di parole e di giudizi che se non bollavano a fuoco l’eroe dell'insigne cautela, velavano tuttavia la propria asprezza sotto forme di pungente ironia.
• Il colonnello che si vantava di conoscere il Rebucci intus et in cute non si comprende come abbia potuto credere alla sua sensibilità morale.
• Lui offendersi? Lo avete udito?
• Trattato alla stregua della peggiore immondizia ha detto: «Non mi ritengo offeso ».
• Peccato. Gli si era offerta l’occasione di un unico gesto dignitoso e l’ha respinto.
• Sì, perché sarebbe stato il primo e lui non ama richiamare troppo la pubblica attenzione.
Queste erano le voci più frequenti, i giudizi più indulgenti.
Sui quali del resto non crediamo di dover insistere avendo il segretario capito l’insostenibilità della propria posizione, ormai completamente individuata e battuta in breccia con colpi d'ogni calibro.
Circola infatti la voce che il Rebucci intenda recarsi in Germania con tutta la famiglia.
Interrogato da qualche amico sulle ragioni che lo avrebbero indotto a scegliere quella residenza egli ha detto:
• La vita non costa nulla lassù.
Al che qualche maligno avrebbe commentato :
• Sfido! bisogna che si preoccupi anche di questo ora che gli straordinari cominciano a --scarseggiare e il Commissario Prefettizio giunge a fare i conti.
Commenti cittadini
Riceviamo e di buon grado pubblichiamo conservando per ragioni evidenti di oppotunità l’incognito del mittente.
Eg. Sig. Dir. del « Veltro »,
Io fascista non sono, perché dire sono fascista e non fare il fascista è una cosa da gente poco seria.
E poi io non ho tempo di fare la politica e non sono istruito abbastanza per capire bene con la mia testa ciò che vuole l’uno e ciò che vuole l’altro. Ma sono un contribuente, voglio dire che sono uno di quelli che pagano e quando uno paga io credo che ha ben il diritto di parlare come la pensa.
E allora ho 'pensato di rivolgermi a lei che a, parte le sue idee fasciste, mi pare che dica pane a pane e vino a vino e rispetta chi va rispettato e dice ad ognuno il fatto suo e lira dritto per la sua strada, che nessuno voleva riconoscere ma che ora mi pare cominciano a vedere che è la buona.
Venendo al sodo le dirò che l’altra sera quando i suoi compagni, hanno dato l’assalto al municipio per farla finita anche col comune socialista che ci ha finito di rovinare, noi credevamo che venisse fuori uno di loro a dire due parole e a spiegare perché avevano fatto quello. E invece ci siamo visto davanti il segretario comunale che come al solito si caccia avanti dove c’entra e anche dove non centra affatto. Ora io mi sbaglierò ma per questo intendo di rivolgermi a lei che queste cose le conosce meglio di me. Era proprio quello il posto del segretario comunale? E perché si è fatto avanti lui a fare le difese dell’amministrazione che ha tenuto legate mani e piedi? Ma chi è lui a Salso? Non ha mica uno stipendio lauto e una casa a lire 1500 all’anno per servirci, per andare in municipio, per sedersi al suo tavolo e per sbrigare le sue carte come fanno bene o male tutti gli altri impiegati del comune? Ma insomma noi paghiamo quest’uomo per avere un padrone o per avere un servitore? Forse non c’è abbastanza gente a Salso per fare quello che fa lui? Che sarebbe di noi se ogni impiegato comunale facesse quello che fa lui? Lo abbiamo di buona o di cattiva voglia tollerato venticinque anni, non basterebbe ora di vederlo andare brigando su e giù facendo tutti gli affari suoi fuorché quelli che sarebbe tenuto a fare per la paga che gli passiamo? O noi siamo tutti imbecilli o quest’uomo ha una grande faccia tosta. Da che lo conosco mai l’ho visto fare il segretario comunale. E se si ricordava qualche volta di esserlo, era per andare a fare una visitina al principe tale e al ministro tal’altro e ottenere una commenda. E tutti lo hanno sopportato fino a oggi e mentre Ilo vedevano intromettersi in tutti gli affari che dovrebbero sbrigare gli eletti del popolo i veri padroni del paese, nessuno si è azzardato di dirgli che tornasse al suo posto che andasse a fare il segretario e non il sindaco. Nessuno ha mai pensato che quell’uomo abusava della nostra bontà, e se qualcuno lo ha pensato si è guardato bene di dirlo, perché si sa che è molto vendicativo e che farebbe del male persino a un barnibino.
Noi salsesi siamo così. Diamo addosso a un povero cristo e gli leggiamo la vita. Ma se uno è capace di comandarci gli andiamo a reggere la coda.
Scusi signor direttore il cattivo scritto. Seguiti per la sua strada perché dietro di lui ha tanta più gente che non crede. E se il fascismo ha queste buone usanze, di mettere ognuno al suo posto, venga pure il fascismo anche a Salso e cerchi di mettere il buon ordine.
Con una stretta di mano.
Un onesto contribuente.
Fonte:www.internetculturale.it