Il veltro - Periodico fascista di Salsomaggiore - 12 agosto 1922 - Scorci salsesi - La fine inonorata del socialismo italiano (2) - Reazione cittadina - Riprendiamo la narrazione ove dovemmo sospenderla sabato ultimo scorso, quando i fascisti, salirono in municipio per collocare alcune sentinelle agli ingressi degli uffici più importanti, in attesa che il commissario prefettizio giungesse a prendere le consegne dalle mani del sindaco dimissionario.
Le consegne si svolsero in un’atmosfera di perfetta cordialità poiché il Sindaco di Salso (bisogna dargli atto di questo) aveva avuto a dichiarare che nulla l’opprimeva quanto il disimpegno delle mansioni inerenti alla sua carica che, secondo il suo giudizio, non è cosa che possa essere affidata ad operai. Dovremmo qui riportare il suo medaglione comparso nel N. 1 del Veltro che dimostra a lume di documenti quanto esatti ed obbiettivi noi ci appalesiamo nei nostri giudizi. Ma lasciamo questi vinti del socialismo e torniamo al commissario prefettizio provvisorio che, intimo amico del Rebucci, fu subito respinto dall’opinione pubblica salsese. Opinione pubblica che, contro tutte le sue tradizioni di quietismo si rese manifesta prontamente, inviando al Comitato Segreto del fascio due commissioni, con la preghiera di svolgere un’azione energica perché il sopraggiunto commissario fosse invitato a dimettersi. Il comitato ottenne le dimissioni che la cittadinanza sollecitava per un sentimento di ostilità che giungeva riflessa al designato dall’amicizia personale del Rebucci. Quindi nella mattinata di Domenica una commissione del fascio si recava dal Sottoprefetto di Borgo per proporre il nuovo commissario.
Dal Sottoprefetto
In sottoprefettura, alla presenza della più viva incarnazione del governo di Roma, deficiente, pusillanime, gretto ed evirato, si svolse una scena esilarante che tacciamo per non avvilire maggiormente l’autorità dello Stato e il prestigio del corpo amministrativo. Certo, l’episodio, come ci fu riferito nelle integrità dei suoi particolari, c’indusse a meditare che il socialismo al tempo dei suoi fasti aveva trovato il suo miglior gioco nel contegno inqualificabile di queste pro-gerenze dello Stato che si chiaman prefetture. Nella stessa giornata di domenica giunse a Salso il nuovo decreto prefettizio con cui si nominava a reggere le sorti del Comune il giudice di pace Sig. Catullo Gambarini.
La consegna ufficiale
Il fascio, che dopo le dimissioni del primo commissario era tornato in possesso del municipio, stabilì d’accordo col Sig. Gambarini che le consegne avvenissero per le 18 precise dello stesso giorno. Sparsasi la voce della cerimonia, una discreta folla si era intanto adunata in Piazza Vittorio Emanuele. Sotto il portico, di fronte ai carabinieri di fazione era venuta a collocarsi una squadra di venti camicie nere le quali dovevano scortare il gagliardetto alla sede del fascio. Allora designato il Sig. Commissario Prefettizio attraversò la piazza accolto da una salva di applausi e poco dopo apparve al balcone del comune con al fianco il comandante delle squadre di azione che lo presentò alla cittadinanza e in nome di questa gli consegnò i poteri municipali mentre una seconda e più calorosa ovazione salutava i due capi. Così era consumata la dominazione del Rosso emblematico.
A Banchetto
Nella stessa serata di Domenica il fascio volle solennizzare l’avvenimento. E nel Salone dell’Isola Bella, pavesato dei colori della patria, furono convitate tutte le camicie nere a un banchetto amicale. Il Grande Ufficiale Dott. Garbarino che aveva organizzato il banchetto, il Colonnello Camillo Carini capo spirituale del fascismo salsese, i nostri indimenticabili amici Cav. Enrico Gatti e Avv. Bruno Contino che con fraterno amore avevano diviso la passione della nostra mobilitazione, furono pure dei nostri. Il banchetto, animatissimo, si svolse nella più fraterna cordialità senza discorsi né ufficiali né ufficiosi, ma rotto a quando a quando da formidabili alalà. Si levavano già le mense quando una nota muliebre tanto inaspettata quanto gradita venne ad inturgidire di nuovo la vena dell’entusiasmo fascista. Furono prime a giungere la Signora Colombo e le Signorine. Seguirono subito dopo la Signora Serventi, la Signora Detraz, le Signorine Ricotti, la Signora Scaramuzza e Signorine, la Signora Fanelli, il Dottor Scaramuzza, il Sig Busani altre signore e signori di cui ci sfugge il nome. Incominciarono allora le danze: spigliatissime, animate da un fremito insolito, quello proprio che comunica la presenza delle «camice nere ». Andavano le coppie cullandosi lente nell’onda di un valzer quando un nucleo di maglie rosse si riversò fulmineamente nella sala. « Gli arditi del popolo » gridavano i veementi sopraggiunti. Ma in essi veramente non c’era che l’ardire posto al servizio della patria, poiché essi non erano che un nucleo di « camicie nere » borghigiane fra le più belle e le più forti che vanti quella generosa città. Le riconosciamo. C’è Ranieri, Peretti, Gherardi, Montanari, Ragni, Spada, Boselli, Dagna, Junior, Savi, Longhi Mario, Bernabei, Podestà, Monteverdi, Mattioli, Bertelli, Trombara, Mazzocchi, Bazzini Luigi, Censi Nino e Censi Mario. Il fiore del fascismo di Borgo, gente che dal 915 non ha più smobilitato e conduce senza pace una lotta a corpo a corpo con strenua forza a inflessibile volontà di vittoria. Essi tornano or ora da Langhirano ove dopo un’ora di violentissimo fuoco si sono impadroniti della Cooperativa socialista facendo 45 prigionieri, ricco bottino di armi e munizioni oltre alle maglie rosse che ora indossano, secondo una antica tradizione guerriera. Entusiastiche sono le accoglienze ch’essi ricevono dalle « camicie nere » e dai cittadini di Salso. Numerose sono le bottiglie che offrono il proprio collo alla nostra fraternità che rinnova il suo rito per la millesima volta con frenetici alalà. Ranieri, il Grand’Ufficiale Garbarino, l’avv. Cantino brindano alla fortuna d’Italia e alla sua Guardia volontaria. La festa tocca così la sua pletudine magnifica Peccato che manchi Fossa. Ci avrebbe detto « due parole sui sindacati economici » ! All’una il Gagliardetto della Sezione ha grandeggiato sulle nostre teste, come l’immagine palpitante della patria riaccendendo la nostra passione a novelli entusiasmi, è impugnato dall’alfiere e sotto la scorta di circa cento fàscisti fra principi e triari è riportato alla sede e ricollocato nella sua custodia sotto la vigilanza assidua di una scolta.
Fonte: www.internetculturale.it