Il piccolo di Salsomaggiore - Esce quando gli pare1 giugno 1913 - Il Piccolo - Esce quando gli pare - La seduta memorabile - Resoconto ufficiale della Camera dei deputati - Salsomaggiore ha dato al sole le sue bandiere in segno di letizia per aprirsi nella sua istoria di una era più provvida del bene pubblico. Noi che se­guimmo con salda fede l'ideale di una grande stazione termale italiana di cure, inserita con sapienza moderna e con visione comprensiva di effetti economici sociali umanitari, su questo nostro maraviglioso tesoro naturale di acque, sia­mo lieti di raccogliere la sanzione legislativa, mentre rinnoviamo il più grato pensiero agli Uomini insigni che come Giovanni Giolitti, Luigi Facta, Camillo Peano, Alberto Latrar lo tra­dussero nella realtà quella che era l’aspirazione più alta e fervente dell’animo nostro. È superfluo dire che dal cuore cit­tadino esultante per l’evento memorabile, si leva un inno di gratitudine per l’uomo insigne che, in ogni tempo ed in ogni vicenda, fu di Salsomaggiore il difensore più alto ed autorevole, l’amico impareggiabile, per Agostino Berenini!

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione sul disegno di legge: Provvedimenti pel riordinamento degli stabilimenti saliferobalneari di Sal­somaggiore.
Ha facoltà di parlare l’onorevole Celli, che ha presentato il seguente ordine del giorno: « La Camera invita il Governo ad aggiungere al presente disegno di legge i provvedimenti indispensabili per assicurare la cura gratuita ai poveri nelle Terme di Salsomaggiore ».
CELLI. Ho presentato quest’ordine del giorno con intendimenti chiari e certa­mente non consoni a quelli dei colleghi che ieri, per altre considerazioni, combatterono questo disegno di legge. Io anzi lodo il Governo di averlo presentato e dico che non potranno mai essere espropriati ab­bastanza gli attuali concessionari, perchè le Terme, se fossero rimaste nello stato in cui le lasciavano essi, sarebbero ancora all’età della pietra.
Io ho presentato quest'ordine del giorno con altri intendimenti. Anzitutto permet­tete che ricordi un mio precedente! Dieci anni fa, per mio conto e per ragioni di stadio, ho frequentato parecchie stazioni balneari fra le più importanti di Europa: frutto di quel mio modesto studio fu che ebbi l’onore di essere chiamato a far parte di una Commissione nominata dall’allora ministro e non mai abbastanza compianto, onorevole Majorana. Dopo il lavoro di quella Commissione fu presentato un disegno di legge alla Camera, che venne in discussione. Si ripeterono an­che allora presso a poco le obiezioni, fatte oggi, anzi vi fu di peggio. Vi furono dei colleghi, i quali gridarono non tanto in quest’Aula, quanto nei corridoi, al carroz­zone, all’affare, all’interesse particolare di Tizio e di Caio; e fu male che il governo non avesse coraggio di mantenere quel disegno di legge, che, sia per gli uomini che lo avevano presentato, sia per ghi uomini che con il loro studio l'avevano preparato, ed io mi metto ultimo fra questi, non poteva certo dar sospetto che si volessero, favorire interessi privati. Era l’interesse dello Stato che doveva prevalere. Ora il tempo ha reso giustizia all’opera nostra, perché quell’ori'ginario disegno di legge, che, sotto il nome delle terme di Montecatini, doveva instau­rare tutta la nuova politica sanitaria ed economica delle pubbliche terme, fu poi a frammenti ripreso con delle leggine per Montecatini, ma non è stato ancora ripreso tutto, perchè un principio fondamentale di quel disegno di legge, cioè la protezione di tutto il bacino termale, credo che sia an­cora, per quanto concerne appunto Montecatini, davanti al Senato....
FACTA, ministro delle finanze. E' stato approvato dal Senato....
CELLI. Benissimo; ma ci sono voluti anni per arrivare ad approvare quello, che allora, e me ne duole per l’onorevole Cavagnari, il quale fu come oggi uno dei contràri, fu disapprovato dalla Camera. Allora, come oggi, io sostenni che le acque, le terme, le forze salutari sono opera e prodotto della natura e quindi sono patrimonio pubblico e perciò demaniale.
Allora nella stampa sostenni l’esercizio di Stato delle pubbliche terme, nell'inte­resse di tutti, e specialmente per i poveri. Era recente il successo dell'esercizio di Stato del chinino, era vivo ancora il compianto Sandri, fautore di questa e di altre nuove funzioni di Stato, e quindi la mia debole voce ebbe anche una certa eco. Ma poi non se ne parlò più. Sento nuovamente ora il dovere di chiedere a voi, onorevole ministro, ed a voi, onorevoli colleghi, se in un disegno di legge, come questo, possa essere trascurato l’interesse degli aventi di­ritto alla pubblica cura, quali sono i po­veri. I vizi del lusso e del troppo man­giare e spesso dell’orgia trovano oggi, co­me troveranno domani, in queste terme il loro rifregerio e la loro cura; ma i mali più. frequenti del lavoro insalubre, delle case umide, i mali del povero, oggi a Salso non sono curati perchè vige la speculazione privata. Domani però che sarà arbitro e padrone lo Stato come potranno essere re­spinti e non curati?
Del resto io ricordo a voi, onorevole mi­nistro, e a voi, onorevoli colleghi, la legi­slazione balnearia dei vecchi Stati. Voi, ono­revole Facta, conoscete certamente le termo di Acqui. Orbene la prima volta che i no­stri poveri dell’antico Stato pontificio hanno benedetto il nuovo Regno d’Italia è stato, quando hanno potuto andare gratuitamente a curarsi ad Acqui, per merito dei vecchi governi piemontesi. I buoni Granduchi di Toscana altrettanto avevano fatto per Mon­tecatini. Sapete tutti che ivi la bibita è gratuita, anche troppo gratuita, tanto che la domenica arrivano a frotte i contadini dai dintorni a farne delle indigestioni. Ma v’ha di più; quasi dirimpetto al casino regio si erge un cosino pubblico, che per archi­tettura non ha nulla da invidiare a quello regio.
Il vecchio, esecrato Governo borbonico, che cosa non ha fatto ad Ischia e a Casamicciola per i poveri? L’ospizio dei poveri a Casamicciola è così bene arredato che una volta che mi trovavo la, domandai il per­messo di essere ammesso a farvi i bagni; perchè credo non sia facile trovare uno sta­bilimento più bello e più igienico di quello fatto dal vecchio Governo borbonico per i poveri.
Ed ora che discutiamo in quest'anno di grazia 1913 un disegno di legge che dovrà trasformare radicalmente l’azienda di Sal­somaggiore, come é possibile che ci possia­mo contentare delle belle ma vaghe parole, che il nostro caro amico relatore ha scritto nella sua relazione? Non ci possiamo con­tentare delle vaghe promesse che l’onorevole ministro ha fatto alla Commissione. Che male c’è a prendere un impegno per un’opera così santa e buona, come questa, per assicurare, qualunque sia l’esercente delle terme, sia lo Stato, sia il comune, siano i privati, siano combinazioni da farsi fra essi, per assicurare, dico, agli aventi diritto, a quelli che ne hanno vero e proprio diritto, l’uso di queste acque salutari?
Credo che la Camera seguirà quello che io modestamente e sommessamente ho detto. Non è possibile che una Camera come la nostra non voglia invitare il Governo a prendere sin d’ora impegno formale per un’opera buona, per un’opera di giustizia. ( Approvazioni)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Di Frasso.
(Non è presente).
Non essendovi altri oratori iscritti, ha facoltà di parlare l’onorevole ministro delle finanze.
FACTA, ministro delle finanze. Franca­mente non credevo che un disegno di legge come quello presentato alla Camera per riordinare le terme di Salsomaggiore po­tesse provocare censure così aspre come quelle mosse ieri dagli onorevoli Cavagnari e Marazzi.
L’onorevole Marazzi esordì affermando che, mentre nella settimana scorsa la Ca­mera fremeva sotto la possibilità e l’even­tualità che si fossero violate da parte di privati i diritti dello Stato, in questa setti­mana doveva invertire le parti, e fremere invece di sdegno perchè lo Stato, veniva o toccare gli interessi di privati.
In verità io non ho trovato questa analogia; e se pure le sue parole avessero potuto darmi una grave preoccupazione, mi è subito parso che una certa differenza' corresse fra i due casi, perchè là si trattava di gente che, senza averne il diritto, cer­cava di prendere i danari allo Stato; e questo progetto ha invece lo scopo d’im­pedire che i danari siano presi, e di far sì che ritornino nelle casse dello Stato, dove devono stare. Quindi, questa differenza, ha subito tranquillato la mia coscienza; ed ho pensato che il caso presente era ben diverso da quello della settimana precedente.
L’onorevole Marazzi ha creduto di fare una certa impressione sulla Camera leg­gendo una esaltazione di questo disegno di legge fatta da un giornaletto socialista che non conoscevo, e diceva: « guardate, tanto vero che il principio che si stabilisce è grave, che ne esultano i giornali socia­listi! »
Orbene, questa dichiarazione non mi ha fatto alcun effetto, perchè, o questa let­tura era fatta per fare impressione a me e dichiaro che allorquando studio ciò che si collega con l’interesse dello Stato, inte­resse così alto ed eminente, non bado se una determinata soluzione possa piacere all’uno o all’altro giornale: ma penso che nella difesa dello Stato tutti i partiti sono eguali, e non mi preoccupo delle conside­razioni che fanno gli altri. Potrei opporre che altri giornali ne hanno parlato male. Ma questo non mi tocca.
Se poi l’onorevole Marazzi ha parlato per fare impressione alla Camera è anche peggio, e non credo che possano la con­vinzione e lo studio della Camera essere sviati dai commenti, dalle approvazioni o dalle condanne di questo o di quel giornale.
Sgombriamo adunque il terreno da consi­derazioni che non hanno nulla a che fare con la legge. Qui si tratta di un alto inte­resse dello Stato che io ho il dovere di difendere: non mi preoccupo di altro. Mi preoccupo solo della vostra opinione, della vostra decisione; e per ciò vi porrò innanzi le ragioni per le quali mi sono indotto a presentare questo disegno di legge.
Ho avuto cura di verificare io stesso le condizioni di Salsomaggiore; e, dopo averle verificate, ho nominato una Com­missione composta di quei terribili sovver­sivi che sono il commendator Peano, con­sigliere di stato, il Lutrario, che voi cono­scete, il Bolla, il Clavenzani, tutte persone che certo non congiuravano per minare i fondamenti del nostro diritto. (Ilarità).
Esaminiamo dunque serenamente e tran­quillamente la questione. Credo anzitutto che la questione debba essere posta bene; e oso dire che l'onorevole Cavagnari e l’onorevole Marazzi non l’hanno posta nei suoi veri termini. Essi hanno detto questo: guardate a quello che fate; voi vulnerate un principio, è una questione gravissima, che nientemeno tocca il diritto di proprietà. Voi ora stabilite un principio che avrà gravi conseguenze; e non sappiamo più dove si fermerà il Governo una volta in­camminato su questa strada Orbene, io questo non lo ritengo esatto. Nel riordina­mento termale, lo chiamerò così, ho avuto questo preciso pensiero: che allorquando esaminiamo il modo col quale questo pa­trimonio dello Stato" è attualmente utilizzato in Italia, non abbiamo che da rammaricarci profondamente di non essercene curati prima, di non avere già da tempo dato un assetto a questa notevole ricchezza mate­riale; e dirò anche morale e sociale del nostro Paese. E soltanto per la storia ri­cordo che pochi giorni or sono, discuten­dosi la questione dei bacini idrologici nel Senato, io accettai un ordine del giorno con cui s’invitava il Governo a porre i principi fondamentali al nuovo assetto di essi. Ma intanto noi ci siamo trovati di fronte ad uno stato di cose che varia a seconda dei diversi stabilimenti, cosicché certe disposizioni d’immediata urgenza, e che non pregiudicano quello che potremo fare in avvenire come criterio generale, deb­bono essere senz’altro attivate là dove se ne manifesta il bisogno, donde la necessità di prendere provvedimenti immediati che tutelino, stabilimento per stabilimento, la si­curezza della proprietà dello Stato, ed im­pediscano maggiori perdite. Ne viene di conseguenza che le leggi che riguardano questi casi speciali non toccano i diritti fondamentali: sono invece la sistemazione eccezionale, particolare, di quei determinati casi.
E volete vedere a quale conseguenza conducono queste considerazioni? La con­seguenza è immediata: due anni fa si par­lava della sistemazione di Montecatini, e allora l’onorevole Cavagnari diceva: « Guar­datevi dalla Società »; oggi si discute della sistemazione di Salsomaggiore, e l’onorevole Cavagnari dice, « Rispettate la Società ». Forse l’onorevole Cavagnari ha ragione in tutti e due i casi. La Camera gli ha dato torto: io dico soltanto che ciò ammaestra come particolari condizioni impongano par­ticolari provvedimenti, a seconda dei luoghi e dei casi, senza che per questo venga vulnerato alcun principio di massima.
Ma, come dicevo dianzi, bisogna mettere bene la questione. Gli oppositori la riducono a questo; esiste un contratto che deve du­rare ancora dodici anni ? Se esiste, facendo una legge, voi violate il contratto, e voi Stato noli potete far altro che andare da­vanti ai tribunali. Facendo diversamente, voi abolite la proprietà, voi vulnerate i patti contrattuali,
La proposizione, onorevoli colleghi, con­tiene due parti: una che chiamerò relativa, e una che chiamerò di indole assoluta. Co­minciamo dalla relativa, non perchè la re­lativa abbia un significato o una importanza minoro, ma perchè poi si potrà meglio lu­meggiare la seconda parte, cioè il principio assoluto.
Si dice: se la Società manca ai suoi patti, convenitela davanti al tribunale: o, se non vi piace il tribunale, ricorrete ai famosi lodi di cui non è spento l’eco in questa Camera. E' un sistema semplicista, ma, secondo me, riduce la questione sotto una visione troppo miope, troppo piccina, perchè la questione non va posta in questi termini.
Onorevoli colleghi, non si tratta sol­tanto della violazione di un contratto o di un patto, ma di una questione ben più alta, ben più considerevole, ben più importante: non è una semplice discussione che avviene tra l’una e l’altra parte con capitolati da una parte e accertamenti di fatto dall'altra, per cui la violazione di un patto dia adito alla risoluzione di un contratto: è ben più alta, dicevo, e complessa la questione.
Intanto vediamo praticamente dove si arriverebbe se si seguisse questa teoria. Vi è un capitolato: si crede che una parte abbia violato uno o cinque o dieci articoli del capitolato e si promuove un’azione davanti ai magistrati: vi saranno prove, controprove, perizie, prima istanza, seconda istanza, cassazione, interlecutorie; e poi la questione come sarà definita? O con la risoluzione del contratto che avverrà dopo aver dato tempo alla ditta di sfrut­tarlo completamente, o con una declaratoria di danni. Ma intanto non si sarà ottenuto nulla, perchè durante il lungo corso della lite la vita industriale delle terme, vita in­dustriale che si fa ogni giorno più fervida e che esige senza indugi miglioramenti continui, senza dei quali le terme stesse sono condannate a decadere (e con esse decade il valore del patrimonio dello Stato) la vita industriale, dicevo, sarà rimasta arretrata ed inerte, cosicché a giudizio fi­nito la cosa, alla quale essa si riferiva, avrà perduto gran parte del suo valore! E allora domando a voi: come sarebbe pos­sibile subordinare l’esistenza di questo patrimonio morale e materiale dello Stato alle vicende ed alle lungaggini della contestazione giudiziaria? Questo potrebbe farsi quando lo Stato concedesse, per esempio, una fattoria, una casina, uno stabilimento in cui si fabbrichi il cotone o la seta: allora l’interesse individuale della parte e l’inte­resse patrimoniale dello Stato sono in con­trasto; ma qui si tratta di un interesse così alto e generale che deve essere difeso con, altri mezzi più rapidi e potenti che pur competono allo Stato.
Non voglio fare la storia di Salsomaggiore, perchè è scritta nella relazione, e non voglio trattenere la Camera con enunciati che essa conosce perfettamente. Nel 1875, cioè 38 anni fa, si fece questa
concessione, in corrispettivo di un tenuis­simo canone da pagarsi allo Stato. Avvenne di poi che rapidamente, non certo per opera della società, ma per la valutazione dell’ef­ficacia terapeutica delle acque di Salsomag­giore, fu grande lo sviluppo di queste no­stre terme, cosicché in pòchi anni quello che era un reddito insignificante salì a cifre che sono imponenti.
Basta ricordare che agli effetti della ricchezza mobile la Società stessa denunziò un reddito di 190 mila lire annue.
Se la Società che ha esercitato le terme,ha corso l’alea, ha anche fatto lauti gua­dagni; essa avrebbe diritto a lamentarsi dell'atteggiamento che ora assume lo Stato, quando avesse corrisposto all’incremento eccezionale dell'azienda con altrettanta cura del patrimonio affidatole.
Questo è il concetto su cui, secondo me, si deve porre la questione. Perchè quando io Stato consegna un patrimonio ad un concessionario il quale ne ritrarrà dei gua­dagni, è in questo contratto inclusa la con­dizione sostanziale che, trattandosi appunto di uno stabilimento termale, che rappresenta non soltanto una ricchezza patrimoniale, ma anche sociale per il nostro Stato, il concessionario in tanto si intenderà degno di trarne profitto in quanto contemporanea­mente farà ogni sforzo perchè questo patrimonio non solo sia conservato ma anche migliorato.
Questo è il punto. Non basta dire, quando si consegna uno stabilimento ter­male: tenetelo bene, tenetelo nelle condi­zioni in cui ve lo consegno, non violate i patti del contratto, osservate il capitolato. Si presuppone invece necessariamente, per l'indole stessa e per la funzione sociale mi è destinato lo stabilimento, che il con­cessionario non solo debba conservare, ma sviluppare le terme in armonia con la loro importanza naturale.
Quindi la Società potrebbe invocare il contratto, se contemporaneamente avesse dimostrato di essere conscia dell'importanza della concessione, e della conseguente ne­cessità di corrispondere alle esigenze che le mutate e sviluppate condizioni di questi stabilimenti impongono, se avesse mostrato da parte sua di aver fatto di tutto per corrispondere alle condizioni sostanziali che sono implicite nella natura stessa della concessione.
Ma ha fatto questo la Società? Non è difficile rispondere di no. Credo che tutti i colleghi i quali hanno letto la relazione del commendatore Lutrario, che ha descritto le condizioni miserevoli di quello stabili­mento, ne siano persuasi. E credo che co­loro che hanno veduto quello stabilimento, come l'ho veduto io, avranno provato la stessa mia impressione. Io mi vergognavo quasi che uno stabilimento italiano, che ha fama mondiale, potesse esser tenuto in con­dizioni così miserevoli.
Non voglio farvene un quadro, perchè lo avete innanzi a voi, magistralmente di­pinto nella relazione stessa. Ma vi assicuro che colà si è rimasti almeno cinquantanni addietro. Mentre altri Stati fanno miracoli in questo campo, e trasformano gli stabilimenti in modo da rispondere non soltanto alle esigenze igieniche e sociali, ma anche all'estetica, per attrarre gente, per impian­tarvi tutte le comodità, per garantire la cura nel modo più perfetto, per evitare infezioni, per creare insomma tutto ciò che renda perfetto uno stabilimento di questo genere, noi abbiamo dovuto rilevare che a Salsomaggiore, il trattamento, i locali, tutto ' l'ordinamento sono assolutamente inferiori ad ogni immaginazione.
Cosicché, quando sento dire che la So­cietà, mentre ha guadagnato milioni, d’altra parte ha speso una non piccola cifra, io dico che questa Società ha speso solo quanto era umanamente necessario per tenere in piedi lo stabilimento, tanto perchè servisse appena, e in certe parti neppure vi è riu­scita. Ma questa Società non ha avuto un concetto esatto degli oneri impostile dalla concessione e non ha avuto la coscienza di portare questo stabilimento ad un grado di sviluppo tale da fare non solo onore al paese, ma da provvedere anche in confronto con l'estero, ad un servizio che, avendo l’importanza ricordato ieri dall'onorevole Celli, deve rispondere a tutte le esigenze del progresso.
L’onorevole Celli ha perfettamente de­scritto queste condizioni; egli che con tanto amore ed affetto si occupa della salute pubblica, ha portato qui un elemento pre­zioso alla mia tesi, descrivendo esattamente le terme e la disgustosa realtà delle cose.
Ma devo aprire una parentesi per dire all'onorevole Celli una parola sul suo or­dine del giorno. Dichiaro immediatamente che trovo nobilissimo il movente che lo inspira; quindi, allorché egli raccomanda al Governo di pensare nell'assetto futuro anche ai poveri, sono perfettamente d'ac­cordo con lui e gli dichiaro nel modo più formale che qualunque sia l'assetto futuro di queste terme, lo Stato porterà su questo punto una particolare attenzione, ma vorrei pregarlo di non insistere per la votazione dell'ordine del giorno a motivo di una questione di tecnica legislativa.
Questa legge mira soltanto a discipli­nare il riscatto delle terme. Avvenuto il riscatto, avremo dinanzi il problema della sistemazione, sia per mezzo di concessio­nari, sia direttamente dallo Stato; lo stu­dieremo allora poiché questo è un punto sostanziale che dobbiamo vedere.
In quelle disposizioni contrattuali o legislative troverà certamente largo e con­veniente posto l'ordine del giorno dell'onorevole Celli e posso assicurarla che se io tratterò questa materia, lo terrò in per­fetta considerazione.
Quindi l'onorevole Celli si contenti di questa dichiarazione che faccio col cuore. Egli che si è occupato dei poveri infermi, tenga in buon conto queste parole, senza volere che nella presente legge s’introdu­cano elementi che sono estranei.
Dopo quanto ho detto circa la motiva­zione di questa legge non credo di dovere ulteriormente combattere le obbiezioni che le sono state mosse.
Si è detto che in sostanza si viene a stabilire un principio nuovo violando il principio di proprietà. Ma come si può dir ciò? La legge della municipalizzazione non contiene forse un eguale principio, cioè che l'interesse pubblico deve andare avanti all'interesse privato ? Se per la nostra legislazione è ammesso che si possa ap­plicare un tal principio anche contro la proprietà dei privati, perchè non deve es­sere possibile applicarlo quando, come in questo caso, si tratta di una proprietà dello Stato ?
Non si può dunque parlare di un principio nuovo mentre esso è stabilito in termini ben più gravi in tutta la nostra legislazione. D’altra parte io credo che quando si tratta di un grande interesse dello Stato o quando il riscatto è discipli­nato con norme che assicurano una giusta valutazione dell’indennità, non si può par­lare di un principio iniquo, e non si può dire che si offende il concetto della pro­prietà.
Dicevo poc'anzi che se la Società avesse dimostrato di avere coscienza dell’importanza dello stabilimento, lo Stato non sarebbe ricorso a sciogliere il contratto; ma quando si vede che la Società, mentre ricava 200.000 lire e forse anche di più di utile all'anno, e ne dà soltanto 8.000 allo Stato, non vuole poi dare allo stabilimento un assetto conveniente, allora è evidente l’interesse, anzi il dovere dello Stato di intervenire per la salvaguardia della pub­blica ricchezza.
Ripeto che quando si ha la fortuna di avere stabilimenti famosi in tutto il mondo e che possono costituire non soltanto la ricchezza materiale, ma anche la ricchezza morale e sociale del paese, quando da queste forze vive lo Stato può trarre grande profitto e lustro, non si deve per nulla dubitare che lo Stato abbia il diritto di intervenire. E quando si obbietta che lo Stato ha invece soltanto il diritto di fare rescindere il contratto dall'autorità giudi­ziaria, io credo di non andare errato af­fermando che c'è qualche cosa di più alto e di più importante, per cui lo Stato ha invece il diritto di intervenire con tutti i mezzi che sono a sua disposizione, anche con una legge speciale. Ne va secondo me non solo dell'interesse, ma del decoro del paese; e per la difesa del decoro e del­l’interesse del paese io ho presentato questo disegno di legge. A voi ora onorevoli col­leghi, di dire se io ho fatto bene o male. (Vivissime approvazioni).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la di­scussione generale e dò senz'altro facoltà di parlare all'onorevole relatore.
BERENINI, relatore. Dopo il discorso del ministro, che ha esaminato ogni questione, la parola del relatore si presenta inutile e sovrabbondante; tuttavia debbo assolvere il mio compito per rendere conto alla Camera della grande concordia, nella quale la Commissione si è trovata sia sui principi generali, che informano questo disegno di legge, sia sulle sue particolari disposizioni.
Mi permetta però la Camera che io risponda, anzitutto, all'onorevole Celli, il quale ha dato a questo disegno di legge un'approvazione così calda c così autore­vole, per dirgli che l’aggiunta, che egli ha presentato al disegno di legge e che ri­scuote, come quello del ministro, anche il plauso della Commissione e certo riscuoterà il plauso della Camera per il pensiero che l’informa, fu anche oggetto di studio da parte della Commissione, la quale a questo riguardo ebbe a conferire con l'onorevole ministro Ma ci siamo dovuti persuadere che, se fra gli scopi nobilissimi, a cui la legge intende, questo deve esservi di prov­vedere alla cura gratuita dei poveri, tut­tavia il provvedimento appartiene a quella definitiva sistemazione, che all’azienda ter­male di Salsomaggiore dovrà esser dato; e che non può essere argomento della presente legge, che è esclusivamente una legge di riscatto.
Se la Camera potesse comunque dubi­tare, non dico della parola dell'onorevole ministro, ma della necessità assoluta, e pel Governo e per qualsiasi concessionario fu­turo, di assolvere questo altissimo compito della cura gratuita ai poveri; se si potesse di questo dubitare, allora dovremmo senza altro accettare l'emendamento proposto dall'onorevole Celli o respingere la legge. Ma il primo a non dubitare è certamente l'onorevole Celli.
Detto questo darò brevissimamente una risposta agli onorevoli Cavagnari e Marazzi, dei quali io non ho avuto la for­tuna di udire ieri i discorsi.
E'mia la colpa, e ne faccio ammenda; tuttavia ebbi notizia esatta di quel che essi dissero, ed ora, l'onorevole ministro, con­futandoli, me ne ha data chiarissima in­formazione.
In sostanza gli onorevoli Cavagnari e Marazzi, con intendimento indubbiamente diretto al pubblico bene, si sono fatti eco qui dentro della parola dolente degli inte­ressati.
CAVAGNARI. Grazie, ma io non l'ho sentita quella parola.
BERENINI, relatore. Parola dolente, ma non giustificata; e se gli onorevoli Marazzi e Cavagnari, che attendono con tanto zelo allo studio delle quistioni, che qui si dibattono, avessero potuto prendere esatta e completa visione non solo del disegno di legge, ma di tutto ciò che ad esso si col­lega, dico che non solo sarebbero diventati come diventeranno più tardi indubbiamente assenzienti, ma dico, anche, che avrebbero plaudito come non dubito tutta la Camera plaudirà, alla iniziativa del Governo; ini­ziativa che non è nemmeno audace, ma è semplice e saggia applicazione, ancora una volta, dei principi ai quali si inspira tutta la nostra legislazione, c il diritto pubblico moderno.
Perchè, quando pur si volesse affrontare la questione, orinai accademica, sul diritto dello Stato a procedere al riscatto di con­tratti di questa natura, io potrei limitarmi senz’altro a rispondere o chi lo nega; ma voi dovete allora attaccare a fondo colle vostre critiche le fonti più antiche dal no­stro patrimonio giuridico, e negare allo Stato, in obbedienza al suo precipuo fine di provvedere alla pubblica utilità, il di­ritto di limitare, e anche di sopprimere, la la proprietà privata, colla sola condizione essenziale della consegna indennità.
Ma posto questo principio, che non si può seriamente contrastare, non so vedere come mai si possa dire che rappresenti una novità radicale e sovversiva quanto si con­tiene nella presente leggo.
Qualcuno ha osservato, che lo Stato si rende fedifrago perchè è esso medesimo, che ha stipulato il contratto con la società Dalla Rosa e Corazza, e che, perciò, ci, si offro lo spettacolo nuovo (è vero, onorevole Cavagnari?) dello Stato contraente che, legiferando, rompe la legge del contratto. (Interruzione del debutato Cozagnari.)
Ma. allora bisognerebbe dar di frego alla legge sulle espropriazioni per pubblica utilità, bisognerebbe cancellare la legge sulle municipalizzazioni, bisognerebbe can­cellare i principii generali del diritto pub­blico, perchè se per esempio, un contratto, come questo od anche di minore o di mag­giore importanza di questo, dovesse creare un ostacolo allo Stato per dare al paese una legge,, che giovi e serva al soddisfaci­mento di interessi generali nuovi, soprav­venuti, urgenti, ai quali esso ha il dovere di soddisfare, noi assisteremmo allora a uno spettacolo veramente singolare: un con­tratto di carattere privato, clic impedireb­be allo Stato di fare la legge. Mentre è perfettamente l’opposto; è lo Stato che colla legge governa i contratti, e può anche scio­glierli quando essi costituiscano un ostacolo al progresso civile. (Approvazioni).
Ed aggiungo, se mi permette la Camera, tanto più se lo Stato è, per mezzo di una delle sue Amministrazioni, contraente.
Bisogna, per ritenere il contrario, disco­noscere la complesca personalità giuridica dello Stato. Lo Stato come amministratore, jure geslionis, stipula un contratto con un privato, tal quale un privato potrebbe faro con altro privato; ma non si spoglia per questo della sovrana sua podestà di legife­rare; e. quando lo Stato amministratore e gestore del suo patrimonio ha stretto un contratto, che più tardi urta contro un in­teresse generalo sopravvenuto, allora lo Stato legislatore ha bene il diritto, ha il dovere di esercitarne, per legge, il riscatto, come potrebbe e dovrebbe determinare, per effetto di espropriazione dell’oggetto su cui cade, o di assunzione del servizio, a cui serve, la cessazione o la risoluzione di un qualsiasi contratto fra privati.
Sono cose elementari, che io enuncio so­lamente perchè provano una grossa eresia quella per la quale si vuole affermare che questo disegno di legge costituisce una pa­tente violazione dei patti contrattuali e del diritto pubblico.
Ma il terreno difficile si abbandona vo­lentieri e subito dai nostri contradditori; e si affaccia la questione della spoliazione e della confisca, in quanto cioè non ricor­risponde agli interessati, cioè alla Società delle terme di Salsomaggiore, la ditta Dalla Rosa e compagni, una indennità giusta e congrua.
Onorevoli colleghi, di questo meglio si potrà discorrere, se crederete, quando si discuteranno gli articoli; ad ogni modo io riprendo quello che ha detto testé l'onore­vole ministro delle finanze, che, cioè, nel caso di cui discutiamo, non si tratta di portar via alcunché a persona che ne altro proprietario; si tratta invece di riprender­la cosa nostra maltrattata dagli altri, cui fu affidata. Questa è la questione.
Lo Stato, che è propretario, ha conse­gnata la cosa sua alla Ditta Tizio e Gaio; Tizio e Caio non la amministrano conve­nientemente e non la fanno prosperare; così come esigenze superiori e generali, anche se non contrattuali, impongono; o allora lo Stato se la riprende per meglio dirigerla alle necessità sociali, cui esso deve provvedere.
Mi pare dunque che siamo in termini perfettamente contrari a quelli in cui al­cuni colleghi nostri hanno posta la que­stione....
CAVAGNARI. Ma non é qui la que­stione, egregio relatore.
BERENINI, relatore. Onorevole Cava­gnari, se mi permette, le dirò un’altra cosa, e cioè che tutto ciò che qui è stato ripetu­tamente affermato, che si tratta di cosa dello Stato e non di cosa dei signori Dalla Rosa e Compagni, risulta anche dal con­tralto.
CAVAGNARI. Il contratto non l’ab­biamo veduto.
BERENINI, relatore. Il contratto si poteva vedere quando fosse piaciuto al­l’onorevole Cavagnari di andarlo a leggere...
CAVAGNARI. L’ho chiesto, ma mi è stato negato.
BERENINI, relatore. A me preme che la Camera sappia come stanno le cose. Si tratta di due articoli molto brevi, che leg­gerò senza tediarla. Nel contratto del 1875 è così detto:
« Art. 10. Alla fine dell'appalto e della locazione sia che questa abbia luogo per la scadenza del termine fissato o per deca­denza del contratto in corso dell’appalta­tore ai termini del presente capitolato, le ampliazioni ed i miglioramenti di ogni na­tura cederanno a vantaggio del demanio nazionale senza che questi sia tenuto a rim­borsarne il costo e nemmeno il maggior va­lore che da essi fosse risultato alla proprietà locata; e ciò ancorché l'appaltatore avesse oltrepassato nella spesa la somma prevista di lire 50,000.
« Art. 40 Alla scadenza del contratto l'appaltatore dovrà riconsegnare all'Ammi­nistrazione le sorgenti delle saline, i fabbri­cati dello stabilimento balneario salifero ed ogni altra proprietà cadente in con­tratto.; tutti, insomma, gli immobili a lui consegnati al principio dell’appalto. Dovrà pure consegnare i nuovi fabbricati e quanto altro, durante l’appalto, fu aggiunto agii antichi per ampliarli e migliorarli; il tutto in buono e lodevole stato, di conformità degli obblighi assunto; o sarà passibile, in caso contrario, dei danni e degli interessi, ecc. ».
Il che sta a dimostrare una cosa: che non solo lo Stato è proprietario delle cose, che consegnò al momento del contratto, ma è proprietario eziandio di tutte le altre cose, che siano venute più tardi per opera dei concessionari, sia ampliando i fabbricati, sia migliorando, comunque, l’esercizio dell’a­zienda.
MARAZZI. E'contrario al fine del contratto.
BERENINI, relatore. E noi che cosa indennizziamo ? Indenizziamo la Ditta dei profitti, che va a perdere per l’anticipata scadenza del contratto. Non abbiamo bi­sogno di indenizzarla di un soldo per quello che riguarda il capitale.
Ecco la questione come deve presentarsi, ed ecco perchè nessuna delle varie leggi, che furono citate, può essere applicata al caso. Nè la legge sulla municipalizzazione che comprende due titoli di indennità: il pagamento del prezzo venale dell’impianto e la media dei redditti di un quinquennio moltiplicata per venti. Nè la legge sulle espropriazioni, perchè non si espropria nes­suno in questo, caso, perchè nulla portiamo via a nessuno. Si tratta semplicemente di va­lutare Il criterio di ragionevolezza, quella impennata, che valga a compensare io modo equo la Società dei profitti, che va a per­dere per lo scioglimento del contratto dodici anni prima della scadenza.
Dunque un solo titolo d’indennità; del che gli interessati si lagnano; ed hanno perfettamente torto per queste ovvie con­siderazioni; un solo titolo d’indennità, della quale per il disegno di legge molto savia­mente, molto prudentemente e molto equa­mente si è calcolata la misura sulla media degli utili netti di un decennio. Perchè, si dice, di un decennio e non di un quinquen­nio secondo il criterio della legge sulla municipalizzazione? Per una ovvia consi­derazione.
Leggete (spero che l’avrete tutti letta) la petizione, che la Società cessante ha presentato al Parlamento e vi troverete la storia cronologica dei profitti, che essa ha denunciato all'agente delle tasse. Ora la! denunzia dell’agente delle tasse (sarà una cattiva consuetudine, non ne dubitiamo, ma è così) non risponde mai alla realtà delle cose. Di più non si denuncia mai, ma sempre di meno. E quanto sia questo di meno é un apprezzamento libero, che cia­scuno può fare. Ora, quando si denuncia dieci, per esempio, è supponibile che sia dodici o quattordici.
Orbene, la società « Dalla Rosa e Co­razza » ha cominciato a denunziare nel 1875, nel primo hanno di esercizio, un utile netto (badate: trent'otto anni fa, quando appena appena si sapeva dell'esistenza di Salso­maggiore e de' suoi bagni) un utile netto di 13,152 lire ed è arrivata, nel 1912, a con­fessarne 190 mila! Il che, a mio avviso, po­trà forse corrispondere a 250 mila lire; ma non voglio fare giudizi sulla reticenza, che non posso misurare, ma che non può man­care.
MARAZZI. Allora fate la media su quella.
BERENINI, relatore. Bravo! E adesso le risponderò. Dunque 190 mila nel 1912, 190 nel 1911, 190 nel 1910, 120 nel 1909, 120 nel 1908, 120 nel 1908 e nel 1906, 105 nel 1905. Ora si dice: dovevate prendere l’ultimo quinquennio. E questa sarebbe stata la miglior cosa di tutte. Ma per quale ragione quest'ultimo quinquennio ci dà una così grande elevazione di profitto?
Per una ragione evidente e confessata dalla stessa società nella sua petizione im­prudente: perchè, in quest’ultimo periodo di tempo, essa non ha erogato nulla o quasi nulla nel migliorare gli stabilimenti.
MARAZZI. Non era obbligata a farlo!
BERENINI, relatore. Vedrà che io la seguo su codesto terreno; ma a suo danno.
Non era obbligata! però tutto ciò che essa faceva a titolo di miglioramenti (noti la Camera), cedeva a profitto del Demanio: cioè, il Demanio diventava proprietario di tutto ciò, che era miglioramento. Quindi, se negli anni antecedenti la Società ha erogato qualche cosa a beneficio degli sta­bilimenti, l’ha fatto a detrimento degli utili suoi e a vantaggio del Demanio, amplian­done la proprietà.
Ora io affermo che questo essa avrebbe dovuto fare (si vedrà perchè dico ciò) an­che negli ultimi anni. Se non l’ha fatto, vuol dire che il risparmio è andato ad in­cremento degli utili e a danno del capitale Il che non affida lo Stato, che deve sosti­tuirsi alla Società, sulla permanenza o la progressione di tali profitti, quando esso non continui nel sistema di puro e semplice incameramento degli utili. Ma, se lo Stato vorrà dare all’azienda quel che si deve, perchè essa prosperi, allora di profitti così ingenti non ce ne saranno più. Onde io ho diritto di calcolare la misura, il valore del reddito in ragione della riduzione, che avrebbe importato un conveniente miglio­ramento del capitale.
E, se questo calcolo sarebbe difficile ed arbitrario, unica, ragionevole ed equa gia si presentava, quella di estendere il periodo, sul quale calcolare la media dei profitti.
Portandolo a dieci anni, si compensa adeguatamente la Ditta. Basta fare i calcoli. Io li ho fatti; e se non temessi di tediare la Camera, potrei anche esporli. Essi son tali da corrispondere ai migliori criteri di equità, nel senso di conciliare l’interesse del privato con quello dello Stato: non concedendo troppo nè all’uno, nè all’altro.
Onde non è vero che, adottando il con­cetto della media del decennio, si compia un atto d’arbitrio, un atto di spoliazione.
Ha detto l’onorevole Marazzi (e gli rispondo subito) che la Società non era obbligata ad eseguire miglioramenti.
E' vero: la Società non era obbligata che a spendere, in cinquant’anni 50 mila lire; invece essa ha speso, in trentotto anni, 1,100,000 lire. Io glie ne do lode. Ma la conseguenza che ne ffragghiamo è questa: che se, come diceva il ministro, la Società avesse fatto quel che era necessario per provvedere ai bisogni della stazione balnearia, forse si sarebbe potuto anche evitare la presentazione di questo disegno di legge. Ma essa non ha fatto tutto quel che era necessario; ha fatto soltanto tutto quel che doveva. Ora, perchè ha fatto tutto quel che doveva, non possiamo agire contro di essa per ottenere la decadenza del contratto; ma, siccome non ha fatto tutto quel che era necessario, prevalendo allora nello Stato la considerazione dell'interesse generale come, non può imporsi la decadenza contrattuale, si impone il dovere di provvedere all’im­pellente e sopravvenuto interesse sociale.
Ed ecco come si profila il carattere della pubblica utilità, nel quale consiste il principio, che è fondamento di questo di­segno di legge.
Si è detto (non so se qui o fuori) che la pubblica utilità si fa consistere nelle manchevolezze della Società esercente, alle quali si poteva altrimenti provvedere. Non è vero: le deficienze non contrattuali della Società hanno invece rivelato il profondo contrasto tra un contratto di trentotto anni fa e le moderne esigenze, tra i modesti scopi allora assegnati all’azienda e la cre­scente valorizzazione della virtù terapeutica delle acque; e la rivelazione dei mali ha imposto allo Stato di provvedere ai radicali rimedi.
E' verità, che nessuno può disconoscere, che questa di Salsomaggiore non è un’in­dustria, come diceva l’onorevole ministro, per la fabbricazione del cotone o della seta; ma è un'industria che provvede alla salute pubblica. Ora domando: quale scopo di utilità pubblica ci può essere maggiore di questa che è conclamata dalla terapia e dall'igiene ? L’onorevole Celli ha detto che l’acqua salutare è destinata ai poveri; ed io aggiungo: anche ai ricchi, a tutti! E la fonte salutare non può essere più l’oggetto d’una privata speculazione, che la sfrutti pel tornaconto del proprio bilancio, ma deve essere affidata alle sapienti cure dello Stato. Questa è la ragione principale della legge.
Questo a me interessava di dire, perchè fosse ben dimostrato che tanto la Commis­sione, quanto il Governo, che ha proposto la legge, non hanno inteso di compiere in nessun modo atto di spogliazione contro chicchessia.
Dunque non si può parlare di confisca. Si comprendono le doglianze degli interes­sati, ma non possono essere approvate le censure di chi non sappia elevarsi alla considerazione del nobile fine sociale, che la legge si propone.
L’onorevole ministro, ha pure rilevato testé come, traendo argomento dalle lodi tributate alla legge da un giornale socia­lista di Parma, la Riscossa, si sia affermato che il disegno di legge segna un grande passo verso il collettivismo!
Se Carlo Marx non fosse stato confinato in soffitta o potesse uscirne fuori, riderebbe sgangheratamente di questa affermazione, che qualifica questo progetto come una legge collettivista. (Si ride).
Ben altro ci vorrebbe!
Ma, del resto, agli onorevoli colleghi, che pensano così, potrei dire che essi do­vrebbero negare il loro voto a qualsiasi legge sociale, perche tutta quanta la legi­slazione sociale è erosiva dei sistemi economici tradizionali della borghesia classica, destinati a continua e ineluttabile trasfor­mazione, come ad esempio, la legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli, la legge sui salari, la legge per le miniere, la legge sui vincoli forestali, ecc., le quali sodisfa­cendo a necessità sociali preminenti, sono una continua offesa del principio, ormai superato, dell’assoluta intangibilità del di­ritto di proprietà privata.
Ora a questo punto i nostri egregi colleghi non vorranno spingersi; e vorranno riconoscere che da questa legge non esca armato il collettivismo, mentre essa è l’ap­plicazione pura e precisa di leggi esistenti e di principi giuridici e sociali universal­mente riconosciuti.
Mi si é detto anche che proprio l’onore­vole Marazzi abbia sostenuto il colossale pa­radosso, e abbia, a proposito di quel giornale e della legge alluso alla lotta fra socialisti e agrari nel Parmense. Ma io gli faccio osservare che nella Commissione c’è l’onore­vole Paelli, deputato di Parma, il quale, se non erro, è un po' meno socialista di me. (Si ride).
Dunque l’argomento à sensation adope­rato dagli oratori che hanno parlato ieri, non può essere tenuto in nessuna seria considei’azione. Si è perciò detto un’altra cosa; e cioè, che questa è una legge, anche mo­ralmente, iuiqua, perchè non tiene conto delle grandi benemerenze del capo stipite, diciamo così, della società Dalla Rosa e Corazza, il quale ha dato tutto se stesso e l’avito patrimonio alla grande opera. E sta bene. Il marchese Guido Dalla Rosa era uomo degno della più alta considerazione, come scienziato e come patriota; ma che cosa egli abbia fatto per meritare che, din­nanzi alle sue benemerenze, si pieghi la potestà legislativa del Parlamento, io non so. Penso, invece, che se egli fosse ancor vivo e presente....
MARAZZI. Sarebbe un oppositore a questo disegno di legge!
BERENINI. E allora perderebbe tutti i suoi meriti! (Si ride).
Penso che, se quell'uomo volse tutte le sue cure sapienti alle sorgenti miracolose pel bene della umanità, non protesterebbe, ma esulterebbe dinanzi alla legge che fi­nalmente riconosce l’immenso valore sociale dell'opera sua; e griderebbe, ben forte: non per me, per tutti! Tale è il premio ambito dai benemeriti! Ma di benemerenze valu­tabili a denaro e a misura di sacrifizi eco­nomici, io non ne conosco, onorevole Marazzi.
Nel periodo dal 1860 al 1875 che cosa il marchese Guido Dalla Rosa abbia gua­dagnato s’ignora, perchè non si hanno bi­lanci. Però egli accudì con sollecitudine al nuovo contratto; e, mentre due aste anda­rono deserte, egli ebbe, nelle forme cono­sciute, la concessione; dunque non deve aver perduto! Ma una testimonianza, che perdite in quei quindici anni non ce ne furono, la diede il dott. Valentini, che, in­sieme col Berzieri, fu l’apostolo delle acque salutari, quando in una seduta del Consiglio comunale di Salsomaggiore, nel 1875, si domandava il perchè nel grande favore, della grande fiducia, che il Governo dimo­strava verso il marchese Guido Dalla Rosa. Non leggo le parole del dottor Valentini, ma mi basta di affermare che, cerio, egli nei primi quindici anni non sciupò nulla del suo, e, certo, dei guadagni, dei profitti ne ebbe, e non scarsi; se accudì egli solo al nuovo contratto. Quello, che guadagnò, dopo, la ditta ve l’ho detto poco fa; nei primi anni tredici mila lire; dunque non perdette. Ed arrivò a 190 mila lire! Dunque non vi fu neppure un anno di perdita.
Ed allora non venite a parlarmi di anni magri, che debbono essere compensati con anni grassi; a di iniquità che compie il Governo quando, proprio nel periodo grasso, toglie alla Società lo strumento dei lauti profitti!
Queste erano le poche considerazioni, che volli aggiungere a quelle autorevoli del ministro, e che dovevo dire per elimi­nare anche gli ultimi dubbi sulle audaci accuse di spogliazione mosse alla legge, che una Commissione di uomini d’ogni parte politica ha senza esitazione appro­vato.
E' una legge di giustizia e di tutela del patrimonio dello Stato. Ora il Governo ce ne domanda l'approvazione che noi dobbiamo dare con giubilo.
Quale sarà la futura sistemazione non so. Auguro sia quella per la quale meglio allo Stato, non dico vadano i profitti, ma vada il premio morale della sua opera di­stributrice del bene.
Sia, più che possibile lontano il giorno, 0 non venga, in cui ad altri che non sia lo Stato o un ente pubblico sia affidata la gestione delle terme di Salsomaggiore. Ma se dovesse venire quel giorno, il Governo ci affida che non si tratterà di speculazione, ma di onesta e ben chiara collaborazione ai fini sociali della legge.
Se questo non dovessimo credere, la legge non avrebbe valore. E non dico altro.
Ma al Governo mi permetto di espri­mere la mia modesta parola di lode, perchè non da oggi, ho volto il pensiero e le cure alla grave questione, a risolvere la quale concorsero coll'opera e col pensiero Com­missioni varie e uomini insigni di ogni parte e di ogni tendenza, da Urbano Rattazzi a Claudio Treves, ì quali ebbero la chiara visione dei doveri dello Stato.
Anche il comune di Salsomaggiore diede l'esempio di quanto ivi è necessario di fare; o non solo per quello che stret­tamente si riferisce alle cure, ma per tutto ciò che ne costituisce l'ambiente esterno. Nè vi paia strano, onorevoli colleghi, se vi dico che il comune di Salsomaggiore ha impegnato cinque milioni di lire per dare alla stazione balnearia tutto il conforto di cui abbisogna, e che si collega non solo allo sviluppo della stazione per sè stessa, ma allo sviluppo di un'altra non disprez­zabile ricchezza: quella che deriva dal movimento dei forestieri.
Ricordo di aver letto in una recente relazione del commendatore Stringher che 1 450 milioni, che oggi i forestieri portano in Italia, arriveranno in breve a 550 milioni, distribuiti su 900 mila viaggiatori, quando si darà, sopra tutto, impulso al naturale sviluppo delle stazioni balneari italiane, le quali sono per virtù di acque eguali o superiori a quelle dell’estero, ma che non ne tollerano il confronto per le attrattive del soggiorno.
Basta che uno si rechi a Vich3r a Carlsbad e di là torni a Montecatini, a Salsomaggiore, per domandarsi con senso di mortificazione se la grande ricchezza del sottosuolo d’Italia sia destinata soltanto a testimoniare il nostro disprezzo per i tesori, che la natura ci ha dati (Vive ap­provazioni).
PRESIDENTE. Onorevole Colli, man­tiene il suo ordine del giorno?
CELLI. Ringrazio l’onorevole ministro e l’onorevole relatore delle benevole parole e non insisterò nel mantenere l'ordine del giorno da me presentato.
Però vorrei far riflettere all'onorevole ministro se, essendo questa una legge pre­paratoria di un'altra da fare, con la con­cessione ad altri, ovvero con l’amministra­zione diretta dello Stato, sarebbe bene che il Governo avesse già detto una parola e preso impegno per questa parte sostanziale dei nuovi fatti da dover poi stabilire. Io lascio a lui riflettere se questo non sarà conveniente, ma crederei meglio stabilire fin d’ora le basi della nuova legge che speriamo tra non molto possa venire alla Camera.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole ministro delle finanze.
FACTA, ministro delle finanze. Le dichiarazioni fatte dall'onorevole relatore e da me a questo riguardo, devono dare completo affidamento. Io mi sono opposto alla votazione dell'ordine del giorno per una ragione semplicemente tecnica della legge, ciò che conforta il proposito che ho dianzi manifestato, di tenere in particolare considerazione quanto desidera l’onorevole Celli.
PRESIDENTE. Poiché l’onorevole Celli non insiste nel suo ordine del giorno, pro­cederemo all'esame degli articoli.
Dico ora per incidenza che ho esami­nato questa mattina attentamente il disegno di legge, ed ho trovato che gli articoli sono veramente mastodontici! (Si rìde). Ho provato anche a dividerli, ed ho visto che potrebbero essere quindici invece di nove. Credo che sia più razionale il sistema degli articoli brevi, chiari e precisi. (Benissimo!) Per questo a me piacciono gli articoli dei disegni di legge presentati dall'onorevole Giolitti, che sono sempre tali. Quelli troppo lunghi e diffusi si prestano sempre, o per una ragione o per l'altra, a questioni o a errate interpretazioni. (Approvazioni).
Colgo quindi l'occasione per pregare coloro che dovranno occuparsi in avvenire di preparazione di disegni di legge, di redigere articoli, che siano più brevi al­meno di quelli del presente disegno di legge. (Vive approvazioni).
Veniamo dunque agli articoli:
Art. 1.
« Al Governo del Re è data facoltà di riscattare V esercizio dei Regi stabilimenti saliferobalneari nel comune di Salsomag­giore e dell'annessa miniera « Salsomag­giore I » ora in gestione della Società G. Dalla Rosa, G. Corazza e C., giusta l'atto 23 marzo 1875, e gli addizionali successivi.
« Alla Società esercente sarà corri­sposto, a titolo di indennità pel riscatto, una somma uguale a tante annualità quanti saranno gli anni di concessione ancora da decorrere alla data 'in cui il riscatto si effettuerà.
« Tale somma sarà calcolata valutando ogni annualità nella cifra risultante dalla media dei redditi annuali netti accertati, al nome della Società stessa agli effetti dell'imposta di ricchezza mobile, nel de­cennio 1903912: riportandone il comples­sivo ammontare al valore attuale, alla de­correnza del riscatto, sotto deduzione in ragione composta degli interessi legali commerciali.
« Nella somma d’indennità così cal­colata e liquidata si intende compresa e soddisfatta qualsiasi ragione di risarcimento o di compenso: e non si terrà conto di alcuna domanda di maggiore indennizzo, che a qualsiasi titolo presentasse la Società esercente.
« L’indennità sarà nella somma risul­tante dal detto calcolo dichiarata con de­creto del ministro delle finanze, che ese­guirà il deposito presso la Cassa depositi e prestiti a favore della Società esercente.
« Eseguito il deposito, con decreto Reale promosso dal ministro delle finanze, sen­tito il Conriglio dei ministri, e da pubbli­carsi nella Gazzetta Ufficiale del Regno, sarà resa esecutoria la facoltà del riscatto auto­rizzata col presente articolo e sarà determi­nata la decorrenza del riscatto medesimo.
« Trascorsi sessanta giorni dalla pub­blicazione del decreto nella Gazzetta Uffi­ciale, senza che siano state notificate op­posizioni da parte di terzi che vantino diritti o ragioni esperibili sul prezzo del riscatto, e previo nulla osta da parte dell’Amministrazione del demanio, che attesti dell’avvenuta regolare consegna dell’azienda riscattata, come ai successivi arti­coli 2 e 3, l’indennità depositata sarà esi­gibile dagli aventi diritto, che comprovino tale loro qualità con decreto da emettersi dal tribunale civile di Parma in Camera di consiglio.
« L’Amministrazionje del demanio cessa da qualsiasi responsabilità, se nei sessanta giorni susseguenti alla pubblicazione del Reale decreto anzidetto nella Gazzetta Uf­ficiale del Regno, non siano state notifi­cate opposizioni. »
Su questo primo articolo ha chiesto di parlare l'onorevole Di FrassoDentice. Ne ha facoltà.
DI FRASSODENTICE. Sono ben con­tento di vedere che anche l'onorevole mi­nistro della guerra assista alla discussione degli articoli di questo disegno di legge, per potergli fare qualche raccomandazione. L’onorevole ministro della guerra ha ini­ziato delle trattative (così mi si riferisce) col,comune di Salsomaggiore perla costru­zione di uno stabilimento per i soldati e anche di un padiglione per gli ufficiali. Desidererei che queste trattative fossero; portate a buon punto al più presto possibile. I nostri soldati (qui non voglio abu­sare di pistolotti che comunemente si fanno riportandosi alla guerra della Libia, e per i quali siamo tutti d’accordo) i nostri sol­dati pei quali veramente potremmo essere un po' più teneri, vanno a prendere il bagno a Salsomaggiore in alcuni luoghi così infetti ed indecenti dell’ufficio di igiene aveva perfino proibito ai ricoverati dalla carità pubblica di recarvisi.
Ora questo è un inconveniente che do­vrebbe assolutamente finire ed ecco perchè desidero che queste trattative siano portate a buon punto al più presto e siano studiate dal punto di vista igienico, sanitario, te­cnico e giuridico imitando le sagge dispo­sizioni che sono state prese negli altri stabilimenti esteri, come quelli di Carlsbad, Marienbad e altri.
Un'altra raccomandazione vorrei fare al ministro delle finanze: quella che si faccia un controllo un po' più esatto dei cubi salsojodici che si vendono e che si espor­tano da Salsomaggiore. Le cattive lingue pretendono che questi cubi contengono sem­plicemente e puramente sale da cucina; certo non sono io che ho controllato quei cubi che sono esportati in mezzo alle risate grasse dei sanitari di Salsomaggiore!
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Marazzi.
MARAZZI. Siamo dunque ormai tutti d’accordo: la Società fa male, non com­prendere i suo: doveri o deve essere quindi tolta di mezzo!
Ora io vedo l'articolo che dice: « Al Governo del Re è data facoltà di riscattare o direttamente o per mezzo di un conces­sionario che agisca in nome
BERENINI, relatore. Ma ora si discute sul testo della Commissione.
MARAZZI. Sta bene. In tal caso dirò che ieri parlando amichevolmente con il presidente della, Commissione ebbi a chie­dergli: « ma perchè non si espropria senza altro o si toglie la concessione alla Società esercente ? perchè non si fissa una data per questo riscatto? » E, amichevolmente sem­pre, il presidente mi rispose: « c'è una ragione che non si può dire. »
Ora come posso votare una legge per la quale v'è una ragione che non si può dire? Per conseguenza amerei che l’egregio presidente della Commissione, così cortese verso di ma, avesse la compiacenza di spiegarmi ora quello che non ha voluto dirmi in privato.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole presidente della Commissione,
GIOVANELLI EDOARDO, presidente della Commissione. Realmente il collega Marazzi ieri mi fece questa interrogazione, cioè mi chiese perchè non si fosse fissato un termine; ed io gli risposi, discorrendo così in fretta: il perchè lo dirò. E lo dico, per­chè non vi è ragione di non dirlo. Ed il motivo è questo: perchè crediamo che sia interesse e volontà del Governo di fare su­bito il riscatto. Se però la Camera lo cre­desse, non vi sarebbe alcuna difficoltà di aggiungere qualche cosa che fissi un ter­mine. Dopo le parole del primo capoverso dell’articolo primo: « Al Governo del Re è
data facoltà di riscattare » si potrebbe aggiungere: « nel termine di un anno o di un biennio », e così sarebbe finita. Ma in tal caso proporrei all'articolo un'altra ag­giunta e cioè che quando si parla del cor­rispettivo nello stesso articolo bisognerebbe aggiungere che l'indennità non si commi­sura più, nel caso di ritardo nel riscatto, al decennio 1902 -1912 ma si commisurerà alla rendita denunziata nell'ultimo decen­nio anteriore al riscatto: e perchè non av­vengano sorprese potrebbe fissarsi subito il prezzo in 190.000 lire per gli ultimi anni, togliendo Fanno 1902 che è Fanno di red­dito più basso. Così sarebbe sempre un decennio, aggiungendo un anno in più oltre il 1912 e togliendo un anno al prin­cipio del decennio ora fissato, non tenendo cioè conto dell'anno 1902.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole ministro delle finanze.
FACTA, ministro delle finanze. Te­nendo conto delle osservazioni dell'onore­vole presidente della Commissione per sta­bilire un termine al riscatto, termine che io proporrei fosse di un anno, perchè mi parrebbe inutile fosse maggiore, non ho difficoltà di accettare l'emendamento.
PRESIDENTE. Sta bene. Dunque al primo comma dell’articolo 1 dopo le parole: « al Governo del Re è data facoltà di ri­scattare » devesi aggiungere « nel termine di un anno. »
Al terzo comma alle parole; nel de­cennio 1903912 » deve sostituirsi: « nel decennio 1904 -1913. »
Non essendovi osservazioni in contrario, metto a partito l'articolo primo così emendato.
(E' approvato).
Art. 2.
« Immediatamente .dopo la pubblica­zione del decreto Reale, che ordina il ri­scatto nella Gazzetta Ufficiale e nel Bol­lettino degli annunzi ufficiali della pro­vincia di Parma, il prefetto di Parma a mezzo di un suo delegato prende possesso dell’Azienda saliferobalneare riscattata e procede in concorso della Società cessante alla consegna alla Amministrazione del demanio rappresentata da un delegato dell'intendente di finanza di Parma di tutti i beni immobili, che lo costituiscono, in piena disponibilità a perfetto stato di funziona­mento, redigendosi all’uopo regolare verbale.
« Ove la Società non si presti o si rifiuti a tale consegna o non si faccia rap­presentare, il prefetto procede, senza in­dugio, in concorso del rappresentante del­l’Amministrazione del demanio, alle opera­zioni relative.
« La consegna dovrà essere compiuta nel termine di trenta giorni dalle pubbli­cazioni suddette.
« Agli effetti del riscatto e della con­segna, senza diritto ad alcun altro rim­borso o risarcimento per qualsiasi ragione, si intendono costitutivi della consistenza immobiliare balneare, e quindi inscindi­bilmente pertinenti alla Azienda, indipen­dentemente da qualsivoglia eccezione, an­che se tragga origine dal contratto 23 marzo 1875 e relativi atti complementari:
gli edifizi degli stabilimenti di cura, dei laboratori, degli uffici, della salina e tutti i relativi annessi ed accessori di na­tura immobiliare;
gli impianti industriali e meccanici; i pozzi di acqua salsa esistenti, com­presi anche i pozzi « 3bis », « Dalla Rosa » e « n. 6 Redenti », coi rispettivi manufatti e macchinari, o con le circostanti zone di terreno adibite al loro esercizio, rappre­sentate in catasto, per i pozzi « 3 bis » e « Dalla Rosa », dalla parcella n. 1700, Se­zione V e per il pozzo « n. 6 Redenti » dalla porzione della parcella n. 8 Sezione V, compresa fra il torrente Ghiara, la strada di Pozzolo, la stradella che conduce al molino delle Braide, ed una linea che par­tendo da un punto di quest'ultima, sia tracciata in modo che la porzione della parcella predetta risulti dell’estensione non superiore a metri quadrati 2800;
i diritti di acqua dolce, costituiti dalla derivazione dell'acquedotto « Re dei Ru­scelli » e dalle acque del « Rio Sordoni » e del « Rio Avana », conforme allo stato di massima dotazione degli stabilimenti;
le opere tutte, impianti, manufatti, terreni, inservienti alla raccolta, alla con­duzione, alla conservazione, alla distribu­zione di dette acque dolci;
le vasche da bagno, le condotte e tubature per le acque salse e dolci e pel gas, i serbatoi, i due gassometri, l'officina del gas artificiale, e, in complesso ogni opera, costruzione, impianto, con le rispettive adiacenze, e ogni ragione di servitù attiva, inerenti all’esercizio dell’azienda e che, co­munque, direttamente o indirettamente, si connettano con l'esplicazione attuale della industria saliferobalneare in tutti i suoi aspetti principali e secondari.
« Sono privi di effetto e come inesi­stenti nei riguardi dell’Amministrazione del demanio, in qualunque tempo avvenga il riscatto, tutti i contratti stipulati dalla So­cietà G. Dalla Rosa, G. Corazza e C. rela­tivi alla azienda termale, non registrati anteriormente alla presentazione del pre­sente disegno di legge.
« Inoltre, per effetto del riscatto, tutto quanto è di pertinenza dell’azienda termale, come sopra è descritto, diviene di assoluta ed esclusiva proprietà del demanio, e qual­siasi diritto non che ipoteche o privilegi che eventualmente potessero spettare ai terzi, anche se dipendenti da contratti re­gistrati anteriormente alla presentazione del presente disegno di legge, si intendono tra­sferiti e potranno farsi valere da chi di ra­gione unicamente sul prezzo del riscatto. »
(E' approvato).
Art. 3.
« Per quanto concerne la dotazione mobiliare esistente negli stabilimenti de­maniali e dipendenze, e inerente o neces­saria all'esercizio dell'azienda riscattata, come pure per i resti di magazzino, si in­tendono applicabili le norme stabilite al riguardo con gli articoli 40 e 41 del capi­tolato annesso al contratto 23 marzo 1875.
« Alla Società cessante, peraltro, è fatto obbligo di darne consegna all'Ammi­nistrazione del demanio nei modi e nei termini indicati al precedente articolo 2, salvo le stime di cui in appresso.
« Agli effetti del presente articolo, dalla dotazione mobiliare si intendono esclusi inderogabilmente macchine, caldaie, vasche da bagno, impianti di riscaldamento, tubi e condutture, e quanto altro, avendo ca­rattere essenzialmente immobiliare, già tro­vasi considerato nell'articolo precedente, indipendentemente da qualsiasi diversa in­terpretazione del contratto d'appalto 23 marzo 1875 e del relativo capitolato.
« La stima della dotazione mobiliare ed ove occorra la reistima, sarà deferita inappellabilmente a un collegio di tre pe­riti, nominati l'uno dall’Amministrazione del demanio, l'altro dalla Società cessante e il terzo dal Presidente della Corte d'ap­pello di Parma, il quale provvedere anche alla nomina degli altri periti, in difetto di designazione da parte di cui spetta.
« Il collegio peritale dovrà escludere dalla stima i mobili, che ritenesse inser­vibili.
« I mobili esclusi dalla stima saranno lasciati a libera disposizione della Società cessante. »
(E' approvato).
Art. 4.
« Nell’interesse del Demanio dello Stato, sono dichiarate di pubblica utilità tutte le opere necessarie all'ampliamento ed alla sistemazione degli Stabilimenti saliferobalneari di Salsomaggiore, giusta il piano che sarà approvato per decreto reale promosso dal ministro delle finanze, di concerto coi ministri dell'interno e dei lavori pubblici, entro sei mesi dalla pubblicazione della presente legge. In detto piano saranno de­terminate le zone di terreno da espropriarsi per l’ampliamento e la sistemazione di cui sopra: l’indennità correlativa sarà calco­lata secondo i criteri stabiliti con gli arti­coli 12 e 13 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892 pel risanamento della città di Napoli.
« Indipendentemente dal piano suddetto, il Demanio ha facoltà di procedere subito alla espropriazione dell’apprezzamento di terreno posto nell'abitato di Salsomaggiore, rappresentato in catasto dalle parcelle Sez. V, numeri 23 h, 23 g, 28 c, 27 a, 26 a, 23 bis, 23 ter, 25 a, 25 bis. 25 ter, 227 b, 228 b, 229 b nonché dalla parcella 1763.
« Anche a tale espropriazione sono ap­plicabili le dianzi ricordate disposizioni della legge pel risanamento della città di Napoli; agli effetti delle quali, il valore venale del mentovano appezzamento deve calcolarsi in base al prezzo unitario più elevato, risultante dai contratti ei compravendita di terreni urbani in Salsomaggiore, dell’estensione non inferiore ai 500 metri quadrati, registrati presso l’ufficio del re­gistro di Borgo S. Donnino nel triennio 1910-1912.
« A partire dalla data di presentazione di questa legge al Parlamento, sullo stesso appezzamento di terreno è vietato di ini­ziare o di proseguire costruzioni di qual­siasi natura; e tali costruzioni si conside­rano fatte, senza, senza duopo di prova, allo scopo di conseguire una maggiore in­dennità.
« I decreti di espropriazione e di .occu­pazione saranno emessi dal prefetto, della provincia di Parma ».
(È approvato).
Art. 5.
« Qualora non intervengano all’uopo spe­ciali accordi, il Governo del Re ha facolfi. di riscattare, applicando le norme dettato con l’articolo 25 della legge 29 marzo 1903, n. 103 sull'assunzióne diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni, lo stabilimento baleare della Società Therme Magnaghi, con gli impianti inerenti al suo completo esercizio, i pozzi e i relativi macchinari, le condotte, i terreni addetti all’Azienda, il materiale complementare e gli accessori tutti, in uno con la concessione mineraria accordata in origine all’ingegnere Giuseppe Magnaghi, giusta i regi decreti 8 giugno 1893, 29 luglio 1908 e 4 ottobre 1901 e con la facoltà di esportazione delle acque sal­soiodiche naturali di cui nelle convenzioni; 8 agosto 1905 e 19 maggio 1907.
« Circa la costituzione del Collegio arbi­trale previsto da succitato articolo di legge per la determinazione in primo grado dell’indennità di riscatto, ferma la nomina di» due degli arbitri deferita, rispettivamente, all'Amministrazione del demanio e alla So­cietà esercente, spetta al presidente del tribunale di Parma di nominare il terzo arbitro ».
PRESIDENTE. Desidera parlare l'ono­revole relatore ?
BERENINI. relatore. Vorrei dare uno schiarimento, che mi è stato chiesto.
Nell’articolo 5 si parla della facoltà di esportazione, e rilevo per notizia della Ca­mera che questa facoltà è passata da tempo ad altra società. La Ditta D. Magnaghi e O., non è stata nominata in questo articolo, soltanto perchè i rapporti diretti del de­manio sono colle Terme Magnaghi, delle quali la Ditta D. Magnaghi e C. è speciale cessionaria della industria dell’esportazione.
PRESIDENTE. Sta bene; ma chiederei, a mia volta, uno schiarimento nell'interesse dell’armonia della legge.
Nell’articolo primo è detto che il Go­verno si riserva per un anno la facoltà del riscatto. Ora credo che sarebbe bene, anche in questo articolo quinto, richiamare questa facoltà con l'aggiunta, dopo la parola « ri­scattare » di queste altre: « nel termine pre­visto dal primo comma dell’articolo primo ».
Non le pare, onorevole ministro delle finanze ?
FACTA, ministro delle finanze. Per­fettamente.
PRESIDENTE. Se non vi sono altre osservazioni, pongo a partito l’articolo 5 coll’aggiunta testé accettata dal Governo.
(È approvato).
Art. 6.
« Il Governo del Re è autorizzato a concedere, mediante privata licitazione, per una durata non superiore ad anni quaranta ed ai patti e alle condizioni da stabilire sentiti i corpi consultivi tecnici, sanitari ed amministrativi, l’esercizio delle miniere e delle Aziende salifero Balneari riscattate.
« Per tutto quanto, riguarda l'esercizio della facoltà di riscatto, il pagamento delle indennità relative e di quelle di espropria­zione, dei prezzi d'acquisto o dei corrispet­tivi d'uso, e in genere per l'osservanza dei diritti e degli obblighi che gli derivano dalla presente legge, il Governo del Re ha facoltà di farsi surrogare dalla persona o dall'ente che assumerà l'esercizio di cui sopra.
« Le disposizioni di cui nella presente legge riguardanti tanto la Società G. Dalla Rosa, G. Corazza e C. quanto la società Terme Magnaghi sono applicabili anche nel caso in cui — non verificandosi il riscatto dell’azienda saliferobalneare demaniale — l’esercizio del contratto 23 marzo 1875 cessi per normale scadenza, o per altre cause previste dal contratto stesso ».
Su questo articolo ha facoltà di parlare l'onorevole Pietravalle
PIETRAVALLE. Poche parole per sot­toporre alla saggezza della Camera e a quella del ministro delle finanze il mio con­cetto intorno al modo più efficace perchè questa azienda termale possa raggiungere.
Lo scopo che si propone la legge, cioè, as­sicurare il progresso tecnico di questi im­pianti in guisa da poter gareggiare con i grandiosi impianti dei quali abbiamo tanti esempi all'estero e di assicurare che di essa possa giovarsi ogni classe sociale, oltre il possibile impiego degli stabilimenti per assistenza ai poveri.
Vogliano considerare gli onorevoli col­leghi che noi, mentre siamo ben lieti, e so­ddisfatti di dare il voto favorevole a questo disegno di legge, faremo opera frustranea perchè a me sembra che gli scopi che for­mano il fondamento della legge non po­tranno essere raggiunti con i mezzi che l’articolo 6 stabilisce.
L’onorevole relatore diceva giustamente e opportunamente che se noi, dopo aver votato questo disegno di legge, dovessimo finire con l’affidare l’azienda delle terme di Salsomaggiore ad un'altra società pri­vata, sarebbe meglio che votassimo contro la legge.
Ed infatti pare proprio che così debba essere, ed perciò che prego vivamente l’o­norevole relatore, che in difesa di questo disegno di legge ha posto tutta la sua col­tura di giurista e tutto il suo affetto per le terre alle quali appartiene, di conside­rare che noi con questo articolo 6 non fa­remo altro che riprodurle le identiche con­dizioni che ci proponiamo di sopprimerò e di troncare perchè, appena il riscatto sarà un fatto compiuto, il ministro delle finanze con una licitazione privata potrà affidare ad un’altra società l’esercizio delle terme... (Denegazioni dell'onorevole ministro delle finanze) Mi compiaccio delle denegazioni dell’onorevole ministro e mi auguro viva­mente che ciò non avvenga. Non resteranno però che due alti e vie: l'azienda statale o la municipalizzazione.
L’azienda, statale basta soltanto accen­narla per escluderla, perchè io credo che la Camera sia concorde nel ritenere che, mentre può essere utile dal punto di vista, teorico, praticamente è assolutamente as­surdo che lo Stato possa diventare il ba­gnino, il gestore, il direttore di stabilimenti
balneari. Ed allora non rimarrà, onorevole ministro e onorevoli colleghi, che un’altra forma ed è quella che pare sia dietro la legge, e per la quale sia anzi stata preor­dinata la legge: la municipalizzazione.
Orbene, mi permetto qui di osservare brevissimamente, che anche la municipaliz­zazione tradirà lo scopo della legge e le spe­ranze dello stesso onorevole relatore.
I municipi, in tema di stabilimenti bal­neari, si sono dimostrati completamente inadatti. Basterebbe citare quello che é suc­cessoria una città del Mezzogiorno, dove sono potentissime sorgenti minerali, come Castellammare ecc., per comprendere che la municipalizzazione di uno stabilimento balneare e sotto il punto di vista pratico un assurdo, mentre idealmente è bella. Io penso poi che la municipalizzazione, anche quando funzionasse in modo preciso, tradi­rebbe lo scopo della legge e ciò per una semplicissima ragione. Il municipio di Sal­somaggiore, assumendo l’azienda delle terme di Salsomaggiore, io sono perfettamente persuaso che non impiegherà l’utilità che ritrarrà dall'azienda stessa in un continuo progresso tecnico ed in una continua espan­sione delle funzioni degli stabilimenti stessi, ma ne farò soltanto un capitolo del suo bilancio; capitolo che servirà per ingrassare l’azienda municipale di Salsomaggiore.
E si noti che questa è una concessione molto importante. Ne è cenno nello steso disegno di legge. Se io non erro, il comu­ne di Salsomaggiore dalla legge per tassa di soggiorno ha ritratto....
BERENINI, relatore. Qui vi è un er­rore di stampa nella cifra: deve dire 160 | mila lire. PIETRAVALLE. Benissimo: 160 mila lire in un anno. Ora questo è un provento I non disprezzabile per poter provvedere a tutti quegli impianti, di ordine, di interes­se, di servizi pubblici, necessari appunto per costituire un ambiente salubre, sotto tutti i punti di vista e provveduto di tutto il conforto possibile come deve essere lo sta­bilimento di Salsomaggiore. Ora se voi al municipio di Salsomaggiore darete anche lo stabilimento, senza alcun dubbio, questo diventerà un articolo del bilancio del mu­nicipio di Salsomaggiore per uso e consumo di pubblico interesse del municipio stesso.
Ed è così che noi arriviamo a questa conclusione: che quella che è una proprietà dello Stato, il cui frutto dev’essere desti, nato a più larghi e pubblici interessi, avrà soltanto lo scopo di servire a giusti, lode­voli ed anche utili interessi, ma di ordine strettamente locale. Ecco perchè io mi per­metto di designare soltanto (perchè non ho la speranza che potesse essere accolta in questo momento una proposta concreta, meritando un argomento simile più attento esame) la possibilità e la necessità che queste aziende siano affidate ad un ente autonomo..
Immaginate un ente autonomo, il quale, costituito dai rappresentanti dello Staio e dei Comuni, abbia il solo compito di am­ministrare, dirigere e provvedere al pro­gresso dello stabilimento di Salsomaggiore. L'ente autonomo è completamente immune da qualsiasi sospetto di speculazione, assicura la competenza tecnica ed ha una funzione, nella quale tutte le sue attività tecniche e finanziarie sono centralizzate in uno scopo unico, quello di provvedere al progresso, al lustro, al decoro, ecc. dello stabilimento di Salsomaggiore
Quando s'immagini un ente di questo genere, ne potrà venire questa conseguenza logica: quello che è il prodotto dello sta­bilimento sarà impiegato per nuovi pro­gressi, e l’ente autonomo potrà devolvere queste utilità, anche per ampliare le funzioni dello stabilimento, nei riguardi di quelli che sono gli interessi delle classi meno abbienti. Anzi, vado al di là (accenno sol­tanto, onorevole ministro) e dico che sa­rebbe anche conveniente di studiare la possibilità di costituire un ente autonomo unico, il quale avesse la funzione di prov­vedere all'amministrazione di tutte le pro­prietà termali dello Stato.
Accenno soltanto a questo concetto che mi sembra non assolutamente disprezzabile, anzi meritevole d'attenzione; perchè credo che, seguendolo, gli scopi della leggo si potranno completamente e sicuramente rag­giungere.
PRESIDENTE. L’articolo intanto parla di « concedere » in genere.
BERENINI, relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà,
BERENINI, relatore. All’onorevole Pietravalle do questa risposta: che sarei ben felice d’essere al punto di discutere sul come si sistemeranno le terme di Salsomaggiore in seguito al riscatto, che non è ancora avvenuto e del quale concediamo al Governo la facoltà. Perciò mi parrebbe accademico discutere adesso quale possa essere il miglior sistema da seguire.
Tuttavia, poiché l’onorevole Pietravalle ha fatto cenno di quel che potrà accadere, mi permetto di dirgli soltanto questo. Sarà azienda di Stato ? Ed io contrariamente a quel che egli pensa, ne sarò lietissimo. Sarà azienda dell’ente autonome? E non so come esso potrà venire costituito. Se esso corri­sponderà agli scopi, che sono nel pensiero di noi tutti, tanto meglio.
Ma quando l’onorevole Pietravalle esclude la municipalizzazione, io mi per­metto di osservargli che il comune di Salsomaggiore ha insistentemente operato al fine di raggiungere la municipalizzazione delle terme; ed a questo scopo ha disposto studi che servirono anche oggi al Governo, per preparare questo disegno di legge. Aggiungerò che il comune ha speso già più di cinque milioni a questo scopo.
Ma quando egli crede che il reddito della tassa di soggiorno ed il futuro even­tuale reddito delle terme possano rappre­sentare un arricchimento dell’erario comu­nale, erra. La tassa di soggiorno deve per legge essere rivolta al miglioramento della stazione balneare; nè un soldo dell’indu­stria esercitata dal Municipio, tal quale come se fosse dal Governo, andrebbe ad accrescere le linee del bilancio normale; ma tutto il reddito dovrebbe essere devo­luto all’incremento della stazione balneare.
Queste sono le ragioni per cui, pro­fittando dell'occasione che mi offre l'ono­revole Pietravalle, rivolgo preghiera al Governo, che veda di risolvere il problema della sistemazione delle terme in' uisa che, nessun privato sfrutti, anche per piccoli rivoli, quella ricchezza, che deve essere devoluta alla stazione balneare.
PRESIDENTE. L'onorevole Marazzi ha facoltà di parlare.
MARAZZI. Il secondo collima di questo articolo dice: « Per tutto quanto riguarda l'esercizio della facoltà di riscatto, il pagamento delle indennità relative e di quelle di espropriazione, dei prezzi d' acquisto o. dei corrispettivi d'uso; e in genere per l'osservanza dei diritti e degli obblighi che gli derivano dalla presente legge, il Governo del Re ha facoltà di farsi surrogare dalla persona o dall'ente che assumerà l'esercizio di cui sopra. »
A me sembra che non sia equo investire una dalle parti del diritto d' interpretare la legge, restando l'altra a subire le conseguenze, senz'altro, di tale interpretazione. Crederei più equo ed opportuno che, tra il concessionario antico ed il concessionario nuovo ci fosse di mezzo lo Stato che rilevi il primo e dia la concessione all'altro. Perchè mettere questi due enti che sono in contrasto, in condizione di trovarsi di fronte l'uno all'altro? Ne verrà la sopraffazione dell'uno sull'altro, cioè dell'ente nuovo, perchè armato di questa legge sul vecchio. Io credo quindi che questo secondo comma si dovrebbe togliere e tutta l'armonia della legge rimarrebbe egualmente salda, tanto più che si guadagnerebbe anche questo: che si lascerebbe impregiudicata la questione di cui parla l'onorevole Pietravalle, se cioè quest'ente debba essere un ente autonomo, o il comune od altri, poichè qui si è detto: «. della persona o dell'ente che assumerà... ». Ad ogni modo, se si vuoi mantenere questo secondo comma, io domanderei che in luogo delle persone indicate si dicesse semplicemente di chi assumerà. Non cominciamo a parlare di enti e mettiamo soltanto le parole « di chi assumerà. » Ma la mia prima proposta è perchè questo secondo comma venga soppresso. Passo al terzo periodo il quale dice: « Le disposizioni della presente legge riguardanti tanto la società Dalla Rosa, Corazza e C. quanto la società Terme Magnaghi sono applicabili anche nel caso che, non verificandosi il riscatto dell'Azienda saliferobalneare demaniale, l'esercizio del contratto 23 marzo 1875 cessi per normale scadenza o per altre cause previste dal contratto stesso. » Ora questo comma è inutile e non ci deve essere dal momento che abbiamo stabilito che entro un anno si deve fare il riscatto. Mi pare evidente che se entro un anno si deve fare il riscatto e si lascia questo periodo, vuol dire che voi il riscatto non lo fate, ma semplicemente rompete il contratto del 1875 e vi sostituite l'arbitrario indirizzo che volete dare all'azienda delle terme. Ora si può volere o non volere il riscatto, ma non si può dire che questa sia una legge di riscatto. Infatti è evidente che, se il riscatto avviene nel primo anno, questo comma affatto inutile; se il riscatto non
avviene nel primo anno, allora rimane solo la vulnerazione del contratto. Per conseguenza io domanderei che, dal momento che si è stabilito il termine di un anno per il riscatto, domanderei che il secondo e il terzo comma dell'articolo 6 fossero soppressi, perchè l'uno equivico ed inutile, l'altro evidentemente inutile.
PRESIDENTE. L'onorevole relatore ha facoltà di parlare.
BERENINI, relatore. Io credo che l'onorevole Marazzi con la soppressione di questi due comma dell'articolo 6 proponga cosa che non possa essere accolta senza alterare l'armonia dell'articolo stesso. Quest' articolo contempla il caso in cui si conceda all'industria privata l'azienda di Salsomaggiore ed una volta che, per considerazioni apprezzabilissime, debba essere mantenuta questa facoltà al Governo, non si può rifiutare al Governo stesso la facoltà, una volta effettuato il riscatto, di investire l'ente o le persone, a cui sia fatta la concessione, di tutte le facoltà al Governo commesse. In una parola o il Governo esercita il diritto di riscatto e non ha altro da fare che sistemare l'azienda nel modo più opportuno, o il Governo invece, fatto il riscatto, concede ad altri I' azienda, e allora la facoltà di cui si discute è necessaria conseguenza. Questo per quanto riguarda il primo alinea. Ma l'onorevole Marazzi vorrebbe anche soppressa l'ultima parte dell'articolo, vale a dire: egli vorrebbe che, ove lo Stato entro il termine di un anno non riscattasse, ritornasse in pieno vigore il contratto precedente con la società delle terme, e quindi quello sfrattamento, quelle manchevolezze, tutti quegli effetti pregiudizievoli, che abbiamo rilevato! A me pare che debba perciò mantenersi l'articolo tal quale.
FACTA, ministro delle finanze. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FACTA, ministro delle finanze. Non ho bisogno di aggiungere parola a quanto ha detto l'onorevole relatore in risposta agli onorevoli Pietravalle e Marazzi. Come bene fu detto, questo è un articolo, che deve costituire per il Governo un' ampia facoltà di agire come vuole. Non dimentichiamo che questa è una legge di riscatto, in cui per conseguenza si debbono stabilire nell'interesse del Governo tutte le più larghe norme, affinché esso possa a tempo opportuno concedere, od esercitare direttamente. Questa è una legge, che deve rendere libero il Governo nella sistemazione da dare a questa azienda. l'ultima parte dell'articolo esiste indipendente dal termine. Se noi non avessimo messa il termine « entro un anno » sarebbe stato lo stesso. Non si fa il riscatto? E allora l'articolo sta tanto nel primo quanto nel secondo caso. Non comprendo quale relazione abbia la proposta dell'onorevole Marazzi in confronto del termine. Credo quindi che l'articolo possa rimanere nella dizione, in cui è stato proposto.
PRESIDENTE. Non essendovi altro osservazioni, pongo a partito l'articolo 6. (E' approvato).
Art. 7. « Con Regio decreto promosso dal ministro delle finanze, sentito il Consiglio delle miniere, il Consiglio superiore di sanità e il Consiglio di Stato, saranno determinati i territori costituenti la zona di protezione del bacino idrologico di Salsomaggiore. Nei limiti di tale zona non' saranno date nuove concessioni, nè rinnovate quelle esistenti, che abbiano per fine o anche per conseguenza indiretta estrazione di acque minerali dal sottosuolo, se non col consenso e con le cautele da stabilirsi dall'Amministrazione del demanio dello Stato che si pronunzierà sentiti Corpi consultivi anzi indicati. « Alle stesse norme saranno soggette le nuove perforazioni per ricerca o estrazione di acque minerali, entro i confini delle concessioni minerarie già esistenti nei territori anzidetti. « La facoltà di dare o negare il consenso di cui sopra è insindacabile, l'Amministrazione del demanio è ammessa ad esercitare diritto di prelazione, sulle concessioni chieste ex novo o in rinnovazione ».
(È approvato). Art. 8. « Contro i decreti e i provvedimenti dati in esecuzione della presente legge non sono ammessi reclami od opposizioni di parte o di terzi nè in sede amministrativa o giudiziaria nè in via gerarchica neppure sotto forma di ricorso straordinario. « I decreti e i provvedimenti saranno, senz'altro, esecutivi ».
TOVINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TOVINI. Non posso nascondere che mi ha fatto gravissima impressione questo articalo 8, il quale veramente non é stato proposto dal ministro, ma dalla Commissione. Con quell'articolo si stabilisce nientemeno che contro i decreti e i provvedimenti, dati in esecuzione della presente legge, non sono ammessi reclami od opposizioni di parte o di terzi nè in sede amministrativa o giudiziaria, nè in via gerarchica, neppure sotto forma di ricorso straordinario Ora che ciò sia eccessivo a me pare evidente, E' la prima volta che nella nostra legislazione si trova una disposizione di questo genere. BERENINI, relato) e, No, no!
TOVINI. l'onorevole Berenini, relatore per giustificare questo articolo ha fatto ricorso alla legge sulla beneficenza di Roma del 30 luglio 1896, seguita poi dalla legge che riguarda l'ospedale civile di Palermo del 7 luglio 1907. Ma tali leggi lasciavano adito ancora al ricorso straordinario al Re, mentre nel proposto articolò di legge, anche questa forma di ricorso straordinario al Re è soppressa e negata. Quale ragione c'è perchè noi stabiliamo una disposizione tento draconiana, con cui si espropria il cittadino anche del sacro diritto di chiedere giustizia avanti le autorità dello Stato? Sarebbe lo stesso come sancire l'infallibilità di quanto farà il Governo nell'applicazione di questa legge, ciò che, davvero, è cosa alquanto strana. E notate bene che non è giusto richiamarsi alle citate leggi di Roma e Palermo, anche per la mancanza assoluta di analogia fra quelle e la presente. Che la collettività dei cittadini accetti di sostituire per legge una forma di beneficenza ad un' altra, si può intendere; e si può anche arrivare a negare agli istituti ospitalieri interessati il diritto di ricorrere contro tale decisione. Ma allora non si tratta di espropriazione del diritto privato, non c' è nulla da riscattare; si tratta soltanto di modificare la forma di un pubblico servizio. Ecco percè ritengo che il concetto al quale sono ispirate le leggi del 1907 e del 1909, non possa essere applicato così facilmente; e con logica precisa, al caso attuale. Onde penso che il Ministero non avrà difficoltà ad accettare di modificare l'articolo 8 almeno nel senso che resti sempre salvo (come nelle leggi del 1907 e del1909) il ricorso, in via straordinaria, al Re.
PRESIDENTE. Del resto, nell'articolo primo del testo ministeriale vi era un capoverso, che ne è stato tolto, ma che poi è stato riprodotto qui, ampliandolo, in forma di articolo. l'on. Marazzi ha facoltà di parlare.
MARAZZI. Io debbo osservare all'onorevole ministro, che ha così bene studiato tutta la questione di Salsomaggiore e la legge in discussione non era venuto in mente di mettere questo articolo 8, che invece è stato una perfezione portata dalla Commissione. Ora perchè questa sfiducia assoluta nei tribunali? Quando avete stabilito tutte le modalità del riscatto, quando avete stabilito in ogni modo come e che cosa si deve regolare, quale è l'ufficio del tribunale, se non l'interpretazione di una legge che avete fatto? E perchè non mantenerlo questo ufficio? Ed allora sospendiamo i tribunali! Perchè quando due discutono sopra una possibilità, sopra una questione legale, sopra una legge, il tribunale decide in un senso o nell'altro interpretando la legge. Ma privando dei cittadini del diritto di andare avanti ai tribunali, come si fa con questo articolo 8, onorevole ministro delle finanze ritenga pure che si fa tutto quello' che c' è di più pericoloso come precedente; ed io confido che ella avrà nella magistratura italiana tanta fiducia che non vorrà toglierle l'interpretazione di una legge. Quindi l'articolo 8, per me, desidero che sia tolto, e ne faccio viva preghiera all'onorevole ministro delle finanze.
PRESIDENTE. L'onorevole relatore ha facoltà di parlare.
BERENINI, relatore. Volevo soltanto rilevare che non è una novità introdotta dalla Commissione. Come ha ben rilevato il nostro Presidente, già il disegno di legge ministeriale portava all'artidolo primo questa disposizione: « Tale decreto (il decreto cioè di determinazione delle indennità) è reso esecutivo nonostante qualsiasi opposizione in sede amministrativa o giudiziaria ». E' vero che ciò lasciava supporre che, intanto, un reclamo si potesse fare, e non si trattasse che di una esecuzione, come diciamo noi legali provvisoria, nonostante opposizione od appello. Ma il principio consacrato in questa medesima disposizione fu tradotto con maggiore ampiezza e con maggiore sicurezza di tocco nell'articolo 8. Perchè noi non abbiamo diffidenza nella magistratura; ma abbiamo diffidenza in tutti coloro, i quali litigano per litigare allo scopo semplicemente di ostacolare il libero passo all'applicazione della legge. Ora, purtroppo, di questi esempi ne abbiamo molti, ne abbiamo tutti i giorni, e tanto più quando vi sono degli interessi, che si sentono feriti. Ora, se la legge è chiara e non può prestare il fianco a questioni, che siano degne di essere disputate in tribunale, sembrava a noi conveniente, seguendo criteri, del resto già applicati in un' altra legge, come io ho dichiarato, di adottare questo sistema. In fondo, fatto il riscatto, tutto il resto è provvedimento che non può nemmeno formare materia di discussione giudiziaria. Vi sono arbitri, periti....; è insomma tutto quando si può immaginare per tutelare gli interessi delle parti. Non e' è che un decreto, contro il quale potrebbe anche accadere che un interesse muovesse le parti giustamente a reclamare, ed è il decreto col quale si vengono a di chi— ve le indennità calcolate. Possono avvenire errori di calcolo o di apprezzamento senza mala intenzione di parte. Perciò la Commissione sarebbe anche incline ad aggiungere questo comma « E' però ammesso il ricorso all'autorità giudiziaria per la eventuale correzione di errori nel computo della indennità accennata nel comma terzo dell'articolo 1 ». Cosi la Commissione spera dissipare le affacciate preoccupazioni.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole ministro delle finanze.
FACTA, ministro delle finanze. Io convengo perfettamente con l'onorevole Berenini che le determinazioni delle indennità sono stabilite in modo tale che vi è la maggiore garanzia. Tuttavia consento nella proposta della Commissione appunto per lasciare adito a questi concessionari di far rivedere dall'autorità giudiziaria i computi d' indennità, che sono poi i soli che possono determinare un'azione giudiziaria. Accolgo quindi l'emendamento che la Commissione propone, e che risponde in sostanza al concetto manifestato dall'onorevole Marazzi.
MARAZZI. Chiedo di parlare per una questione di fatto
PRESIDENTE. Ma onorevole Marazzi, non si può parlare due volte sullo stesso argomento!... Ad ogni modo, se insiste, parli.
MARAZZI. Quest'aggiunta è basata sul fatta che nel computo delle indennità vi possa essere un errore materiale, e quindi solo per questo si possa reclamare. Ora non è soltanto nel computo che possono avvenire degli errori. Per esempio: nella sua relazione l'onorevole Berenini insiste perchè l'officina del gas sia devoluta al Demanio, mentre la parte sostiene che l'officina del gas fu costruita con danaro e sopra terreno suo particolare. Questa questione come si rivolse? Quando
sia stato approvato l'articolo 8, come si può far valere questo diritto? Seconda questione: nella legge, oltre che della questione dell'indennità pecuniaria, si parla. di togliere un appezzamento di terreno posto in abitato di Salsomaggiore. Ora sul valore, sul modo di valutare questo terreno possono pure avvenire contestazioni, e l'articolo 8 impedisce assolutamente che queste contestazioni si facciano. Dunque non è soltanto per una questione che leparti debbono aver diritto di andare davanti ai tribunali, ma per tutte le questioni che possono sorgere deve loro esser riservato tale diritto. E' per questo che insisto nella soppressione dell'articolo 8.
FACTA, Min. fin.. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FACTA, ministro delle finanze. L'onorevole Marazzi, che certo è un valentissimo stratega sul campo militare, ha commesso in questo momento un grosso errore di strategia parlamentare e giuridica. Egli vorrebbe che l'articolo 8 aprisse l'adito a tutte le liti possibili e immaginabili, mentre è quello appunto che noi non vogliamo onorevole Marazzi. Noi sappiamo quali sono gli effetti delle liti nei riguardi dell'interesse dello Stato; ragione per cui abbiamo voluto con questo articolo insistere precisamente nel concetto opposto a quello manifestato dall'onorevole Marazzi. Chè se si dovesse aprire la strada a tutte queste liti, pregherei la Commissione di ritirare l'aggiunta e di lasciare l'articolo 8 tale quale è. E' questo, onorevole Marazzi, il concetto che bisogna eliminare dalla legge: finchè si tratta di errori, di correggere, cioè, errori di valutazione, allora. per un senso di equità e di giustizia, sono disposto ad ammettere che questo avvenga; ma se lei insistesse perchè si dovesse mettere in discussione davanti ai tribunali ordinari tutto quello che è materia della legge, io dovrei francamente oppormi. Prego, ripeto, l'onorevole Marazzi di non insistere, perchè altrimenti respingerei anche l'aggiunta, che invece accetto, in omaggio a un senso di equità e di prudenza.
PRESIDENTE. Se l'onorevole Marazzi insiste, non ha che a votare contro; perchè egli non ha presentato regolarmente alcuna proposta. (Bene?)
BERENINI, relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BERENINI, relatore. Fo notare al collega Marazzi che le questioni da lui accennate sono state già risolute nell'articolo 2 dove si comprendono i due gazometri di cui ha parlato. Si tratta di costruzione fatta sul suolo demaniale e che passerà al demanio col riscatto.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, metto a partito l'articolo 8 coll'aggiunta proposta e letta dal relatore. (È approvato). « Il Governo del Re è autorizzato ad introdurre nello stato di previsione dell'entrata e in quello della spesa pel Ministero delle finanze le variazioni necessarie per la attuazione della presente legge. (È approvato).

Calci Ugo, gerente responsabile.

Tipografia Adamo Mattioli - Salsomaggiore.
Ritorno Stabilimento Berzieri
Tratto Da 
Il Piccolo Giugno 1913 www.internetculturale.it

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