1839 - Comune di Salsomaggiore - Comunelli e Parrocchie che lo compongonoSalsomaggiore è una ragguardevole terra di circa dugento edifizj, già difesa da valida rocca, la qual sorgeva sul vicino monte del Castellaccio.
Il suo maggior tempio siede in collinetta, poco al di fuori dell'abitato; fu costruito nei primi anni del secolo XVII, in sostituzione al più antico caduto in rovina nel 1585, nel quale era stata trasferita la dignità di pievania da Cangelasio.
Le serve di succursale la chiesa di S. Bartolommeo, eretta entro il paese nel 1568, sotto la protezione ducale. In faccia al grandioso edifizio delle Saline trovasi un soppresso convento, aperto pei Serviti nel 1525, con attigua chiesa ricostruita nel 1742, ove un'altra esistevane fino dal 1367.
Due sono le confraternite; una di esse ufizia in S. Bartolommeo; l'altra è proprietaria di un Oratorio, costruito nel 1744.

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COMUNE DI SALSOMAGGIORE

(Comunelli e Parrocchie che lo compongono)

 

SALSOMAGGIORE capoluogo;

Contignaco;

Cangelasio;

Scipione;

Marzano;

Vigoleno;        

Salsominore;   in parte

Bargone;         in parte

Tabiano;         in parte

Banzola;        in parte

Gallinella.     in parte

Superficie del Comune - Ettari 8139. 61. 96.

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Capoluogo

 

Sulla collinetta vicina a Salso sorgono due tempietti sacri alla Vergine, la Madonna della Marazzola, e la Beata Vergine della Rosa; la fondazione del primo è del 1610, il secondo fu aperto nel 1738. Sulla piazza maggiore sorge il palazzo del comune, con torre del pubblico orologio costruita nel 1368, e nel 1767 a miglior forma ridotta. Anche il Monte di Pietà ed Abbondanza ha il suo particolare edifizio; tal benefica istituzione, fondata dopo il 1772, somministra denaro ai bisognosi contro un pegno, ed impresta anche granaglie. Per l'istruzione della gioventù mantiene il Comune una scuola primaria.
Opinò il P. Bardetti che nel territorio di Salso fermasse nei prischi tempi il suo domicilio una colonia di Galli, che presero il nome di Celelati, dal celtico Celhelath,

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indicante salina! È ben probabile che le ricche sorgenti salifere, le quali diedero il nome a Salso, fossero conosciute anche dagli antichi abitatori della contrada, ma non restano altri documenti, che una carta conservata nell'archivio comunitativo di Salso, e dalla quale apprendesi che dal 589 al 798 le precitate sorgenti disparvero, perché rimase sepolte sotto le terre franate dai vicini poggi. Sul cadere del secolo VIII vennero accidentalmente ritrovate, e nei primi anni del successivo l'imperator Carlomagno concedeva esenzioni e privilegj agli escavatori dei nuovi pozzi. Pretendesi che in tal circostanza il villaggio della Brugnola di Pozzuolo della Noce prendesse il nome di Salsomaggiore, e l'altro detto De-Ioco quello di Salsominore. Certo è che gli edifizj pel sale, posseduti in origine dagli abitanti, passarono successivamente in dominio del Vescovo e Capitolo di Parma, poi di quel Comune e dell'altro di Piacenza, quindi dei Pallavicini, e finalmente dei Duchi Farnesi per arbitrario titolo di confisca. A questi bensì è dovuta la costruzione dei magnifici fabbricati, destinati non solo alla preparazione del sale, ed ai conduttori delle acque salifere, ma ad abitazione altresì degl'inservienti e di altri impiegati.

 

Comunelli

 

Il territorio comunitativo di Salsomaggiore si estende dalla destra riva dello Stirone, sino alla vallicella irrigata dal Parola; quindi molti dei suoi comunelli hanno frazioni comprese in altri comuni. Contignaco è in riva al torrentello Ghiara; a breve distanza dalla sua arcipretura sorgeva una rocca, or quasi affatto diruta;

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la possederono i Pallavicini, poi i Terzi di Sissa; attualmente gode il dominio utile dei fondi circonvicini il Marchese Ponticelli di Sasso. Cangelasio o Cancelasio è in vicinanza del capoluogo, nella di cui maggior chiesa fu trasferito il titolo di pievania già goduto dalla sua parrocchia. Marzano è intermedio tra Cangelasio e Salsomaggiore; è un piccol villaggio con chiesa parrocchiale. Scipione è in un colle, già ricco di olivi: pretendesi edificato da G. Scipione, per la prossimità di Vigoleno, ove dicesi che possedesse una villa l'amico suo Lelio. Manfredi il poeta, uno dei proavi dei Pelavicino, stabilì la residenza della famiglia sua in Scipione, fino dai tempi del secondo Federigo; a quei Signori, detti i Pelavicino di Scipione, succederono i Fogliani di Castelnovo. Banzola ha il territorio in ridenti colline; scaturisce in esso qualche piccola sorgente di acqua salina: apparteneva con una frazione al comune di Medesano, ma venne ora totalmente riunito a Salso. Gallinella, villaggio detto anche di S. Vittore dal titolare della sua propositura, ebbe un tempo per difesa una rocca in cima al vicino poggio, che i Pallavicini tenevano presidiata: la Camera ducale ne infeudò i marchesi Ventura, l'ultimo dei quali fece demolirla nel 1828.
Vigoleno, Salsominore, Bargone, Tabbiano, hanno i loro territorj divisi in frazioni, ad altri comuni appartenenti. Vigoleno, sebbene capoluogo, ha in Salso una frazione, formata dal suo territorio posto a destra dello Stirone. Salsominore, anticamente Salso de Ioco, ha la parrocchia e la massima parte dei terreni in questo comune, e l'altra in Borgo S. Donnino; fu feudo dei Della Torre di Verona; prese il nome esso pure dalle scaturigini salifere che possiede. Anche l'antico castello di Bargone, colla sua propositura, appartiene a Salso. Il suo dominio fu lungamente contrastato tra i piacentini e i parmigiani: era rimaso a quest'ultimi, ma fece poi parte dello stato Pelavicino, e nel 1650 il Duca Ranuccio II ne vendè i diritti feudali alla patrizia genovese famiglia Mari, dai quali passò ad un altro ramo di Pallavicini, in detta città da lungo tempo domiciliati. Sul finire del secolo XIV terminava in Bargone la sua vita eremitica il B. Orlando de' Medici, le cui ceneri riposano in Busseto nell'oratorio della Trinità. Tabiano o Tabbiano ha il territorio diviso tra Salso e Borgo S. Donnino; la propositura è nel primo dei due comuni. È luogo antichissimo, già munito di valida rocca, che sorge tuttora in cima ad un colle. Lo signoreggiarono i Pallavicini: Delfino ultimo di questo ramo ne avea fatta donazione ai Canonici di Parma, i quali non molto dopo lo restituirono a quella potente famiglia. Ne venne essa in seguito dispogliata da Bernabò Visconti, e Gian Galeazzo tornò a farlene restituzione. Spento di nuovo quel ramo nel 1756, la Camera Ducale ritenne per se l'alto dominio, infeudandone i Sermattei di Assisi: la vetusta rocca è ora posseduta dal marchese Landi piacentino.

Tratto da: 
Corografia fisica, storica e statistica dell'Italia delle sue isole corredata di un atlante di mappe geografiche e topografiche e di altre tavole illustrative – di Attilio Zuccagni-Orlandini - Italia superiore o settentrionale - parte VI – Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla – Firenze presso gli editori - 1839

 

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