Salsomaggiore Illustrata

30 giugno 1940 - XVIII - Salsomaggiore Illustrata - La voce dell’ospite - Allora ed oggi - Sono stato invitato a far sentire anch’io la mia « Voce » in questa simpatica Rivista col pretesto di certi miei trascorsi letterari di, ahimè!, quasi quarantanni fa, nonché per la mia qualità di veterano di Salsomaggiore. Per la prima, dirò cosi, causale avrei potuto eccepire la prescrizione; non così per la seconda, giacche io, in verità, della nostra Salso posso dirmi un veterano... inveterato e recidivo. Ho incominciato infatti a frequentarla quando ero ancora bambino e ci venivo con mia madre che ne fu una frequentatrice assidua e convinta; ci sono poi tornato da giovanotto e da uomo maturo, solo e con la famiglia; e ci vengo ora in età... quasi veneranda, con una perseveranza e una fede che in me potrebbero proprio chiamarsi ereditarie.

E’ innegabile quindi che pochi forse più di me hanno potuto seguire i progressi e il meraviglioso sviluppo, dall’ultimo ventennio dell’800 ad oggi, di questo angolo fortunato della mia provincia nativa. (Questo preambolo ha lo scopo di spiegare perchè mi sono indotto a non rifiutare il suddetto invito, anche se ciò non varrà ad evitare che i lettori della Salsomaggiore Illustrata, leggendo il mio nome in capo a questa rubrica, abbiano a dire, come dicono a Roma: « e chi te conosce? ».

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Salsomaggiore 1940 - Donna Nelia Bottai con la Marchesa Ines Graziani e la Signora Lotti Ferrario -   Foto : BargiggiaChe differenza fra la Salso di oggi e quella di allora! (1880- 85). Era ancora la piccola Salso « timida e pudica », dall’aria ancora un po’ paesana e di fama quasi esclusivamente provinciale, con pochi alberghetti c un solo sedicente grande albergo (l’Albergo Grande per antonomasia) perchè allora le famiglie andavano tutte nelle case ammobiliate con comodo di cucina e gli ospiti isolati nelle poche modeste pensioni contenute quasi tutte entro i limiti dell’abitato. Unico ritrovo il Caffè della Piazza, dove si andava alla sera a sorbire il gelato; e unico svago la baracca dei burattini con Sandrone e Rosolino, delizia di bambini e di grandi.
Di teatri, di giardini, di ritrovi all’aperto, di negozi eleganti, neanche l’ombra; e tutto si riduceva alla passeggiata sul Viale Romagnosi fino al monumentino (ahimè! più monumentino che mai, dopo l’ampliamento di tutto il contorno) dell’illustre salsese da cui prende il nome, ai cui margini facevano bella mostra le bancarelle per la vendita dei libri (da Leggere in bagno, signori!) o dei più svariati oggetti utili o inuti'i, fra le quali ultime primeggiava quella di un ometto soprannominato Slancino (chissà se qualcuno lo ricorda ancora?) colma di tutti quegli oggettini che si chiamavano e si chiamano ancora « chincaglieria », ma sopratutto di giocattoli, che erano ciò che mi interessava di più. Non ricordo se in quei tempi cera già il famoso e fumoso, ora scomparso, trenino che portava gli ospiti da Borgo S. Donnino (oggi Fidenza) a Salso: certo è che fra i miei ricordi di allora ci sono certe ampie carrozze a due e a quattro cavalli, coi postiglioni dalle livree listate di rosso e dai tubini infioccati, che credo servissero per le gite nei dintorni e pel collegamento colla vicina Tabiano e che formavano l’ammirazione di noi bambini.
Quanto a stabilimenti di bagni, oltre il Vecchio su cui sono sorte le grandiose Terme Berzieri, non esisteva che il Nuovo o Dalla Rosa (dove è ora l Ufficio Propagando ) da poco inaugurato, davanti al quale Vedo ancora profilarsi il naso maestoso e aristocratico e la barbetta grigia del suo Direttore Dr. Malvisi, sempre impeccabilmente galante con le più giovani e belle bagnanti, fra le quali si indugiava spesso e volentieri a risolvere i quesiti che esse gli ponevano circa l’efficacia dell’assorbimento dei sali curativi delle acque in f unzione di propulsori dell’attività, come si direbbe oggi, demografica!

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Ma già nei primi anni del 900 le cose erano cambiate. Erano sorte le Terme Magnaghi, una meraviglia, per allora, di eleganza e grandiosità, il Grande Albergo delle Terme, parecchi ristoranti, fra cui ricordo quello della Posta con la sua allettante distesa di tavoli sullo spiazzo antistante e quello Ferrario, coll’annesso Teatro, dove furoreggiava la Compagnia milanese Grossi; perchè, in quegli anni, Salso era diventata auspice il ginecologo milanese Prof. Porro, quasi una succursale estiva (il colmo della stagione era in quegli anni da luglio a settembre) di Milano. « Gh’è tut Milan » diceva con orgoglio l’albergatore, naturalmente milanese anche lui, al nuovo arrivato che si informava dell’andamento della stagione. E la tutta Milano di allora, data l’importanza e l’ascendente che aveva Milano su tutte le altre città d’Italia, voleva dire il fiore -.della clientela italiana.
Rievocando quel periodo, mi sorge innanzi la figura tipica e massiccia del Prof. Baistrocchi (una massa d’ingegno in una massa di carne, come lo definiva un suo ex allievo e ammiratore) ai quale, otre che al Prof. Porro che ho nominato prima e ai professori Riva, Cattaneo ed altri, Salso deve molto della sua attuale fortuna. Ricordo a proposito che il Prof. Baistrocchi mi accennava all’affermarsi di una nuova teoria, che non so se sia ancora in voga, sulla funzione del bagno salsoiodico. Niente assorbimento ( quel tale assorbimento di cui parlava il Dr. Malvisi), ma lo svilupparsi, durante il bagno, di una corrente elettrica, non rammento più bene se galvanica o di altro tipo (sulle cui differenze, a dire la verità, non ho le idee molto chiare). Insomma, secondo quella teoria, l’acqua salsojodica e il corpo umano verrebbero a formare una specie di pila di Volta e l’energia che se ne sprigionerebbe sarebbe la spiegazione della efficacia del bagno. Io richiamavo alla mia mente le cognizioni di fisica che avevo imparato al liceo, ma sopratutto mi afferravo all’idea più positiva delle pile che facevano suonare i campanelli elettrici di casa mia.
E non vi nascondo che mi accadeva poi, quando entravo nel bagno, di pensare un po’ malinconicamente che io, homo sapiens. ero ridotto in quel momento alla umiliante funzione del pezzo di carbone o di zinco di una pila da campanello!

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Salsomaggiore 1940 - Duchessa Sofia Badoglio con la figlia Marchesa Anita Aldovici - Badoglio  - Foto: BargiggiaMa eccoci ai nostri giorni ed ecco la Salso bella e grande che oggi tutti gli ospiti vedono e ammirano e che è perciò superfluo descrivere, colla sua elegantissima stazione ferroviaria, il grandioso e suggestivo Parco, l’amenissimo e festoso Poggio Diana, i numerosi grandi alberghi con gli annessi stabilimenti di bagni, i negozi di lusso, i caffè e i bar d’ogni specie, il superbo Palazzo delle Terme, fra poco (mi si dice) un nuovo teatro, la clientela non più provinciale o milanese, ma nazionale e che è già e si avvia sempre più a diventare internazionale, servizi pubblici di prim’ordine, un andirivieni (situazione permettendolo!) di automobili, di tutte le sigle e perfino un giardino zoologico con animali di tutte le razze... E in mezzo a tutta questa smagliante modernità, quasi a legare il radioso presente coll’umile passato... Sandrone e Fasolino che continuano a scambiarsi bastonate al Caffè della Piazza. Ora sì, cara e modesta Salso dei miei anni più belli, puoi chiamarti veramente maggiore; e a te sempre più, da città e da paesi vicini e lontani e sempre più numerose e fiduciose nella salutare efficacia delle tue acque,

« Salsomaggiore, a te, turba infinita,

« traggon le genti a chiedere ristoro :
« e tu, col bacio del tuo fiume d' oro,
« propizia dea, risusciti la vita.

(A proposito, di chi sono questi versi? Parola d’onore, non me ne ricordo!)

 

Gaetano Campolonghi

 

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