6 - Dalla via Trento all'Andrea Doria - Dal diario di Nino Saccani, classe 1932 - 25 luglio 1956 Il salvataggio 7 - Dalla via Trento all'Andrea Doria - Dal diario del salsese Nino Saccani, classe 1932 - 13, il mio numero fortunato - In Italia del naufragio ne parlarono già al mattino i giornali e la radio. La notizia si era diffusa rapidamente anche nel mio paese, Bressano Bottarone, dove la mia famiglia si era da poco trasferita da Salso, e dove ci si conosceva tutti. A casa mia invece erano tutti ignari dell’accaduto. Mio padre e mia sorella erano andati regolarmente al lavoro ed erano tornati come al solito verso mezzogiorno per il pranzo. A quell’ora mio padre era solito ascoltare il radiogiornale. Quel giorno però aveva fretta di tornare in cantiere e la radio non era stata accesa.

Quando dopo pranzo mia sorella tornò al lavoro, in una piccola sartoria dove andava per imparare il mestiere, la padrona gli chiese se a casa avessero ascoltato il notiziario. Alla risposta negativa di mia sorella, senza lasciar trapelare nulla, la padrona si recò direttamente da mia madre per informarla del naufragio della nave sulla quale era imbarcato suo figlio. Lo stesso accadde a mio padre informato del fatto dal suo stesso datore di lavoro. Alla sera, quando ancora non si sapeva niente di quello che poteva essermi capitato, decisero di recarsi all’ufficio postale per telefonare a Genova alla compagnia di navigazione alla ricerca di informazioni piú precise. Finalmente appresero la notizia del mio salvataggio dal telegramma con il mio messaggio di quattro parole inviato il giorno stesso dalla Ile de France, la nave che ci aveva recuperato. Noi scendemmo dalla nave alle quattro e mezza. Ci accolsero sul molo con un piccolo rinfresco e poco dopo, ufficiali da una parte e personale di servizio dall’altra, ci caricarono su tre pullman. Noi fummo portati alla casa del marinaio. Ci condussero nel teatro dove avevano accatastato brandine, materassi e coperte e dove ci attendevano tre militari e un sergente. In testa al nostro gruppo c’erano i nostri colleghi camerieri che parlavano inglese. Li sentii lamentarsi col sergente: “ma dove ci avete portato, noi abbiamo bisogno di fare una doccia e di un letto”. Tutto il gruppo con in testa i camerieri uscì di nuovo all’aperto, ma i pullman se ne erano già andati. Allora, camerieri in testa, ci incamminammo in direzione del porto. Eravamo un gruppo numeroso e un po’ trasandato, vestiti con abiti di fortuna, e non passammo inosservati. Nelle vicinanze del porto ci notò un poliziotto che cominciò a fischiare. Dopo pochi minuti fummo circondati da una ventina di poliziotti a cavallo. Fortunatamente i nostri colleghi camerieri riuscirono a farsi capire e così fummo scortati al pullman che questa volta invece ci scaricò all’hotel Governor Clinton dove ci assegnarono una stanza ogni due persone. Raggiunsi con l’ascensore la mia camera al quinto piano, una bella cameretta a due letti con aria condizionata, servizi e televisione. Con me c’era un triestino che ne approfittò subito per farsi una doccia. Io mi buttai sul letto e accesi la televisione. Parlavano dell’Andrea Doria e trasmettevano le immagini della nave che si inabissava. Alle ventidue, secondo turno, eravamo un gruppo molto numeroso, ci fu servita la cena. La notte passò tranquilla, disturbata solo dallo scampanellio dei mezzi di soccorso dei pompieri che avevano la caserma proprio di fianco al nostro albergo. Alle sette e trenta del mattino ci servirono la colazione. Una ventina di persone, compreso il sottoscritto, seguendo l’invito del cappellano della nave, si recò a piedi alla vicina chiesa per assistere alla messa. Alle undici e trenta ci consegnarono un buono per il pasto di mezzogiorno che servirono in un enorme salone capace di oltre trecento persone. Al pomeriggio sempre in una grande sala dell’albergo ci rifornirono di alcuni beni di prima necessità: un paio di pantaloni, una maglietta bianca, una canottiera, un paio di mutande, un paio di calzini e un paio di scarpe di tela, sapone spray per la barba e un rasoio usa e getta, uno spazzolino e un dentifricio. Ero completamente senza soldi. Un amico mi prestò cinque dollari per le sigarette e per comprare il necessario per scrivere a casa. Solo dopo sette giorni ci diedero venti dollari come acconto sullo stipendio più un buono di sessanta dollari, offerti dalla croce rossa, da spendere in un grande magazzino, un edificio enorme di sei piani. Ci fecero entrare a gruppi di cinque. Per aiutarci nella spesa, delle signore italiane si erano rese volontariamente disponibili ad aiutarci negli acquisti all'interno dell'enorme magazzino. Innanzitutto una borsa da viaggio poi canottiere, calzini, mutande, fazzoletti, scarpe, un pennello da barba, pantaloni e camicia. Alcuni del nostro gruppo avevano parenti nelle vicinanze che potevano ospitarli e aiutarli con beni di prima necessità. Io non avevo parenti, ma un conoscente tempo prima mi aveva invitato a passare da casa sua e mi aveva dato l’indirizzo e il numero di treno della metropolitana da prendere. Era giunto il momento di onorare l’invito e cosí cercai il numero di telefono sull’elenco telefonico per chiamarlo. Niente da fare, c’erano almeno venti nomi identici, i soldi erano pochi e non potevo chiamare tutti. Avevo in tasca solo 2 dollari e il prezzo del biglietto era di 25 centesimi. Non era facile capire quale treno dovessi prendere. Finalmente decisi su quale treno salire, ma ad un certo punto mi sembrò che stesse muovendosi nella direzione sbagliata. Scesi alla prima fermata ma, non parlando inglese, mi trovai in grande difficoltà. Incontrai due operai italiani che mi dissero di scendere piú sotto dove passava un treno che, senza pagare alcun biglietto, mi avrebbe portato dove volevo andare. Scesi e aspettai il treno che però non passò. Non sapendo più che fare uscii dalla stazione. Mi stavo quasi mettendo a piangere dalla disperazione quando, da un negozio di frutta e verdura lí accanto, sentii una voce che mi diceva: “ciao paisà, sei italiano, cosa ci fai lì”? Gli risposi che stavo andando a trovare un amico e che mi ero perso. Perché non gli telefoni, mi chiese. Risposi che non conoscevo il suo numero di telefono e che non avevo abbastanza soldi per chiamare tutti i numeri con lo stesso nome che comparivano sull'elenco telefonico. Mi invitò ad entrare, si sedette sul banco, mi chiese il nome del mio amico, cercò sull'elenco telefonico, e cominciò a telefonare. Dopo l’ottava telefonata rispose il mio amico. Mi passò il telefono e il mio amico mi chiese dove mi trovassi. Avrei voluto saperlo anch’io. Gli ripassai il telefono, si parlarono e, dopo una grande risata, con l'indice puntato in avanti ad indicarmi la direzione, mi disse: "paisà, gira l’angolo, vai avanti tre blocchi, lui ti aspetta là”. Cenai a casa del mio amico. Una bellissima serata in compagnia della sua famiglia al termine della quale mi accompagnò in stazione e mi aiutò a salire sul treno che, questa volta senza intoppi, mi riportò in albergo. Ci fermammo in America per 13 giorni. Partimmo per l’Italia l’otto di agosto, con scalo a Barcellona, Lisbona e Gibilterra, e sbarcammo a Genova il venti di agosto viaggiando su una nave della nostra compagnia, la Conte Biancamano, come passeggeri di terza classe in un camerone da sedici posti. Durante il viaggio di ritorno, ogni giorno, quattro ufficiali dell’Andrea Doria, ci chiamavano in ordine alfabetico per interrogarci su quello che stavamo facendo e su quello che avevamo visto al momento dell’impatto. Mi chiesero il numero della scialuppa sulla quale ero salito, ma io non lo conoscevo. Ricordai però che chiamavano il timoniere sig. Franchini. Mi dissero allora che il numero della scialuppa era il 13. Esclamai: "non c'é alcun dubbio, il mio numero fortunato" .

Testimonianza raccolta da Gianluigi Saveri

1 - Dalla via Trento all'Andrea Doria - Dal diario di Nino Saccani, classe 1932 - Tal là, tal là al mer
2 - Dalla via Trento all'Andrea Doria - Dal diario di Nino Saccani, classe 1932 - Ti con cla facia lì at pol ander in cap al mond 
3 - Dalla via Trento all'Andrea Doria - Dal diario di Nino Saccani, classe 1932 - 7 luglio 1955, per la prima volta mi imbarco a Genova sull'Andrea Doria
4 - Dalla via Trento all'Andrea Doria - Dal diario di Nino Saccani, classe 1932 - Andrea Doria, prima traversata Genova - New York e ritorno
5 - Dalla via Trento all'Andrea Doria - Dal diario di Nino Saccani, classe 1932 - 25 luglio 1956, Andrea Doria, il giorno del naufragio
6 - Dalla via Trento all'Andrea Doria - Dal diario di Nino Saccani, classe 1932 - 25 luglio 1956 - Il salvataggio
7 - Dalla via Trento all'Andrea Doria - Dal diario di Nino Saccani, classe 1932 - 25 luglio 1956 - 13, il mio numero fortunato

 

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