Discorso inaugurale della celebrazione del primo centenario della stazione termale di Salsomaggiore 15 giugno 1939Eccellenza, Signore, Camerati, innalzo il mio pensiero riverente al Duce Fondatore dell’impero, il cui spirito illumina ogni vicenda umile od eccelsa che comunque appartenga ai valori morali della vita nazionale.
E debbo confessarvi che parlo con qualche trepidazione in questa celebrazione centenaria e non solo perchè la mia parola non saprà adeguarsi al suo civile significato, ma perchè di fronte al tema da me scelto assai più per impulso di sentimento che per meditata ragione, vedo oggi giganteggiare le figure dei Fondatori di cui vorrei degnamente dire, così che sento come una desolata incapacità a inalzare tanto il pensiero quanto alta mi appare la loro statura.

Non pensate che esageri. Gli uomini dai quali Salso trasse le essenziali ragioni del suo destino, tanto diverso nella odierna evidenza di quello che ci ricorda la sua vecchia storia, debbono vedersi sul piano delle grandi distanze e dei grandi spazii.
Essi non furono gli uomini del villaggio anche se viventi nella semplicità allora schiettamente rustica dell’ambiente salsese, non uomini del villaggio anche se al villaggio legati per le materiali necessità del vivere nell’esercizio del loro nobile ministero. Erano dei predestinati ad opera tanto più grande quanto angusto appariva il cerchio della loro sociale convivenza, cittadini più del loro spaziante spirito che del luogo da essi abitato. Diversi per carattere si identificavano nel comune dono dell’ingegno: Berzieri placido e bonario, Valentini piuttosto incline alle competizioni della vita pubblica: entrambi desiderosi di sapere.
L’opera loro nelle sue conseguenze superò i confini ordinari della loro pratica professionale; superò le vicende della stessa vita provinciale degli uffici e dei traffici; si rivolse, suscitando echi di commosso interesse, alla umanità dolorante.
E l’uno quell’opera intese come fine di bellezza confortatrice dei sofferenti; l’altro — con pari animo — guardò forse più lontano se non più alto. Ma Berzieri e Valentini vissero nella pura fraternità della scienza, che non fu soltanto quella della nobile, quotidiana prestazione del medico condotto, ma intuizione, ricerca, affermazione oltre gli schemi ordinari dell’esercizio sanitarie.
Berzieri e Valentini non hanno soltanto rispettivamente scoperto e valorizzato il segreto benefico delle acque salsesi: essi hanno fondato la città balneare. Il primo accese la fiaccola che l’altro agitò con volontà di combattente.
Senza i due uomini che sembrano completarsi nella indagine attenta intorno alla loro esistenza ed al loro carattere, Salsomaggiore non sarebbe uscito dalla consuetudine di vita rustica del povero villaggio, nè il suo nome avrebbe avuto nel mondo altra eco se non quella del grande nome di Gian Domenico Romagnosi, nato fra le sue mura.
Dinanzi a me si levano le figure dei due uomini che non furono soltanto precursori ma costruttori, ed io li vedo vivere nella bellezza di ciò che può dirsi loro creazione, in armonia cioè colle conseguenze feconde della loro fatica.
Queste grandiose Terme che si elevano esaltando un nome colla eloquenza della loro compiuta bellezza, hanno l’eco di un altro nome.
Berzieri e Valentini sono insieme nella celebrazione centenaria che è celebrazione delle loro virtù e della loro opera; insieme per la vita e per la morte ascenderanno al Tempio custode di ogni mistica bellezza, ed intorno ai loro Avelli salirà a sempre più alti fastigi, spazierà a orizzonti sempre più ampi la gioiosa città della salute, la fastosa città il cui primo disegno si sviluppò come continuazione della loro semplice vita.

* * *
Alcuno dei miei amici di Salso ha dubitato che io potessi, parlando di « due uomini », rievocarli sul piano di un tal quale antagonismo. Io non ho mai immaginato procedimento che non sarebbe nè opportuno nè giusto. Ho detto che i nostri due Uomini si completarono, sebbene con diverse inclinazioni ed attitudini, per lo svolgimento di un’altra missione. Berzieri e Valentini non debbono essere veduti da me soltanto sulla traccia storica dei bagni di Salsomaggiore, bensì nella luce di un’idea centrale, quella che mi permetta di valutare la influenza della loro personalità nella formazione ed evoluzione di quella traccia.
lo — profano — debbo senz’altro prescindere da valutazioni o giudizi intorno al contributo scientifico dato da ciascuno di essi per l’accreditamento della terapia salsoiodica.
Berzieri e Valentini rappresentano nella mia semplice concezione un binomio che mi appare come nucleo di fecondità portentosa nella placida consuetudine campagnuola dell’ambiente nel quale si mossero: il primo col bagaglio potenziale della sua scoperta; il secondo seco recando in germe, oltre una elementare visione di sfruttamento utilitario ed umanitario delle acque salutari, quel tenacissimo fervore che lo avrebbe condotto durante la combattuta sua esistenza a dolorosi contrasti nei quali fu soccombente, pur lasciando di sè, oltre la vita, la luce di una idea che altri doveva raccogliere nel corso del tempo per farne una bandiera ideale di rivendicazioni e di conquiste nel nome di Salso.
Quando nel 1841, e cioè due anni dopo la sua insigne scoperta della virtù curativa delle acque madri allungate in acqua comune, Berzieri dovette lasciare la condotta medica di Salsomaggiore per assumere diverso ufficio a Borgo S. Donnino — ora Fidenza —, la sua casistica intorno alle cure da lui divinate era molto modesta come narra egli stesso.
Ciò vuol dire che un biennio era trascorso in una prima fase sperimentale, appena sufficente per rafforzare nel Berzieri la intima convinzione del Medico sul valore pratico della sua scoperta. Uomo di grande coscienza, il Berzieri non trasse comunque nella prima ora, e cioè dal celebre esperimento sulla giovinetta Franchina Ceriati, motivo di una clamorosa affermazione personale.
Leggendo il racconto di un suo incontro della primavera 1840 col celebre clinico Tommasini e del compiacimento di questi per la candida narrazione a lui fatta dal Berzieri della prima guarigione ottenuta, si può dedurre come quest’ultimo, più che la certezza scientifica intorno alla reale sostanza e portata del primo successo, intravedesse soltanto la possibilità di essere sopra una buona strada.
Solo più tardi, nel '41, vale a dire alla vigilia della sua partenza definitiva da Salso ed a seguito di una decina di osservazioni sopra malati a fondo scrofoloso curati col suo metodo, il Berzieri dichiarava di avere acquisita la convinzione che le acque — da lui definite salino-iodate — rappresentavano un valido e potente presidio terapeutico per combattere vittoriosamente la scrofola in tutte le sue forme.
Ecco finalmente la sicurezza assoluta del Berzieri intorno alla reale utilità della sua scoperta e la ragione del suo rimpianto per l’abbandono di Salsomaggiore, il luogo cioè nel quale — sono parole sue — « aveva
cominciato con fervore il novello studio al quale avrebbe voluto dedicarsi totalmente ». « Malgrado la mia rimozione da Salso — il Berzieri ha lasciato scritto — io non pongo nè porrò in dimenticanza quella pianticella di cui io ho gettato il primo seme ed il cui rigoglio non può ormai venire meno ».
E ricordava di aver raccomandato al suo successore nella condotta medica di Salso, Dr. Giovanni Valentini, di curarne lo sviluppo, mentre però con tenace amore per la propria creatura si preoccupava di poter continuare i suoi studi sulla terapia salsoiodica a Tabiano, dove era destinato a dirigere quello stabilimento di cure solforose.
Ciò si realizzava infatti nel 1843 con la costruzione di un piccolo edificio nel quale si trasportavano da Salso le acque madri e si effettuavano cure a pagamento, cure che il Berzieri giudicava, con acume, di efficace complemento, in determinate forme, delle cure solforose. A Tabiano dunque ebbe inizio, col concorso del Berzieri, il primo tentativo di industrializzazione della sua scoperta. Ma tale tentativo fuori del naturale suo ambiente non poteva, per ovvie ragioni, svilupparsi felicemente. Tanto meno lo poteva mentre già a Salso — centro di produzione delle acque — il nuovo medico condotto Dr. Giovanni Valentini intraprendeva la fatica alla quale doveva dedicare tutta la vita migliore, la creazione cioè della stazione termale, fatica alla quale lo stesso Berzieri con generoso animo lo incuorava.
Dell’opera del Valentini rivolta alla pratica applicazione su larga scala della scoperta di Lorenzo Berzieri, è detto in una sua memoria stampata a Parma nel 1857. Poche righe di quella memoria ricordano come l’autore, nel 1841, e cioè non appena assunto l’ufficio di medico condotto, prendesse la iniziativa di un ampio studio pratico sulle acque minerali di Salso, da lui infatti somministrate per bagno nella propria abitazione.
Di quel periodo di attività del Valentini, pure promettente in quanto egli vedeva allargarsi la conoscenza  l’interessamento intorno alle cure, non può dirsi che egli traesse motivo di molto conforto.
C’è infatti, nel suo scritto, la confessione del suo rammarico per il mancato incoraggiamento ai suoi sforzi, sforzi che man mano si intensificarono mentre il Berzieri, a sua volta, dirigeva a Tabiano il ricordato reparto per cure salsoiodiche giungendo a concezioni geniali sulla applicazione alterna di queste con quelle solforose del luogo.
Gli sforzi ai quali il Valentini accenna deplorandone lo scarso frutto, erano sopratutto rivolti alla creazione a Salsomaggiore di un organico centro di cura. Ma, come può immaginarsi, dati i tempi nei quali gli indirizzi della medicina ufficiale potevano consentire tutt’al più procedimenti sperimentali per le applicazioni della nuova terapia salsoiodica, ed il fatto che già a Tabiano era attivo un centro di cure salinoiodate autorizzato dal Governo, può comprendersi come non dovesse essere agevole ad un povero medico rurale, senza appoggi autorevoli e senza mezzi finanziari, giungere alla creazione di un organico esercizio termale.
Ci vien fatto di pensare oggi non senza pena al singolare fatto che a Salsomaggiore dopo qualche anno dalla scoperta del Berzieri e dopo le ripetute esperienze del Berzieri stesso e del suo successore, esperienze felici, non si trovasse facilmente alcuno disposto a muoversi per realizzare l’ardente desiderio di Giovanni Valentini.
E siamo al 1847, l’anno nel quale un maestro elementare di spirito intraprendente, ottenne, per l’intervento e la strenua insistenza del Dr. Valentini, l'autorizzazione a impiantare a Salsomaggiore in uno stabile di ragione Bussandri, un piccolo stabilimento contenente appena quattro rudimentali vasche, e ciò coll’adesione di Lorenzo Berzieri il quale riconosceva che a Salso, loro naturale ambiente, le cure salino iodate avrebbero potuto svilupparsi meglio che a Tabiano, anche per le manifestazioni ormai evidenti della influenza di richiamo che le continue esperienze del Valentini esplicavano sui malati e sui medici nell'intero ducato di Parma. Le cure salsoiodiche si accentrarono così, praticamente, a Salsomaggiore nella diretta orbita di influenza di Giovanni Valentini.
Ma non doveva, per i tempi che correvano, essere cosa semplice l’esercizio del rudimentale stabilimento che aveva nella persona del Valentini il suo direttore responsabile, nè, malgrado la passione di questi e la evidenza di un crescente movimento di ammalati, le cose dovevano volgere propizie se nel 1848 il Rocca emigrava da Salso lasciando al padrone dello stabile dove era allogato il piccolo stabilimento termale di continuare l’esercizio. E’ a questo punto che emerge la forza di volontà e di convinzione del Valentini, rivolta a difendere la grama vita dello stabilimento di cura. Contrari i tempi, dubitosi gli spiriti, insufficenti i mezzi, avverse le condizioni generali politiche del Ducato parmense a un largo movimento di forestieri, il Valentini moltiplicò la sua attività di propagandista.
La diffusa indifferenza dei salsesi appariva tuttavia un po’ scossa per la continuità di un sia pure scarso afflusso di ospiti curisti, ed egli ne approfittò per dimostrare come l’esercizio di uno stabilimento di cura potesse conferire alla economia degli abitanti, spronando questi a migliorare la povera attrezzatura ricettiva del villaggio. Un solo mezzo appariva al Valentini veramente pratico al fine di rafforzare la nascente stazione di cura.
Occorreva affidare l’esercizio dell’industria termale a chi fosse in possesso di una sufficente capacità tecnica e finanziaria e di una mentalità adeguata, e potesse svilupparla così da dare ad essa una valida struttura. Ed ecco la fervida opera di persuasione del Valentini presso il Conte di Adhemar che nel 1850 aveva assunto l'appalto delle saline; ecco finalmente l’adesione di questi ed ecco il primo stabilimento in muratura capace di dodici camerini che il Valentini ottenne vincendo la riluttanza dell’Adhemar a impresa di mal certo profitto.
Ancora una povera cosa, una conquista però in confronto coi quattro stambugi nei quali a Salsomaggiore la pianticella di Lorenzo Berzieri mise il primo fiore.
Ma Valentini, chiamato dall’Adhemar a dirigere come medico il nuovo impianto di cura, ne illustrava senza posa la benefica funzione, mentre per opera sua gli studi scientifici sulle acque progredivano e con essi il pubblico interessamento. I pochi malati diventano centinaia nel giro dell'anno e si fanno propagandisti; il mondo medico si fa attento; il Governo ducale parmense, lungamente esitante, comincia a valutare la crescente entità del movimento dei malati a Salso così come l'opera del Valentini e si risolse alla costruzione di un nuovo stabilimento in luogo di quello ormai insufficente costruito dall’Adhemar, che a sua volta aveva finito col lasciare Salsomaggiore.
Valentini è chiamato a dirigerlo per incarico governativo e ancora la sua fervida fede allarga la cognizione e l'interessamento del pubblico e rafforza il consenso dei medici intorno alla cura scoperta da Lorenzo Berzieri, cura che è ormai per Valentini la ragione unica del suo lavoro di medico. E giungiamo ai giorni memorabili della annessione delle provincie dell’Emilia al ricostituito regno di Italia.
Il dittatore Farini consegnava nel 1860 e per quindici anni di locazione a condizioni di eccezionale favore il patrimonio termale di Salsomaggiore al Marchese Guido Dalla Rosa, il cui nome è giustamente ricordato fra i benemeriti di Salsomaggiore per l’impulso che egli diede, nei successivi anni, alla azienda delle Terme nell’aspetto industriale. Ed è sempre al Valentini, non più medico condotto, che dal nuovo Governo dell’Emilia era conferita la direzione medica delle Terme, ed è sempre il suo alacre spirito a rafforzare nel campo scientifico il credito sempre più vasto delle cure. E’ intorno a quest’epoca che, dopo una non breve esperienza, il Dott. Valentini adotta come ordinario mezzo per la cura balneare le acque salsoiodiche naturali opportunamente graduate, in luogo delle acque madri allungate con acqua dolce adoperate dal 1839 in poi.
Tale procedimento, di cui era comprovato il valore terapeutico, risolveva il problema della sufficenza dell’elemento essenziale di fronte alla necessità di curare un numero sempre crescente di persone. Dal 1860, anno nel quale, come ho detto, si inizia la gestione Dalla Rosa, il Direttore delle Terme è stimato collaboratore della industria concessionaria. Ma Valentini è salsese ed affiora man mano in lui la coscienza che lo sviluppo termale è titolo alto e legittimo del suo lavoro e che nell’ordine pratico la nativa ricchezza di Salso è ormai, per effetto della nuova concessione, ricchezza acquisita al giuoco della speculazione privata. Il suo fervido spirito abbraccia una tesi che si trasforma in fede combattiva.
Ormai per Valentini Salsomaggiore — da lui conosciuto come un villaggio povero di risorse quando la scoperta di Berzieri era appena germe in potenza di rigenerazione economica e civile del luogo — è ormai realtà feconda, capace di vitale autonomia nella utilizzazione del suo salutare patrimonio nativo.
Egli ne vede l’avvenire prospero e grande ed acquista la convinzione che ciò non potrà realizzarsi se l’esercizio termale sarà definitivamente alla mercè di un privato, la cui gestione non ha controllo e la cui iniziativa deve necessariamente subire la legge della convenienza privata a scapito della ragione collettiva.
Nel piccolo ambiente paesano questo suo pensiero, che non ha ancora esplicazione pubblica, è però subito palese e determina una difficoltà morale rischiosa e dolorosa per il medico delle Terme. I rapporti tra questi ed il concessionario governativo dello Stabilimento Termale perdono infatti l’antica cordialità. Si arriva alla fine del 1874, cioè alla data di scadenza del contratto di esercizio termale dovuto alla concessione Farini. Il Governo di Roha ha provveduto a pubblica asta per una nuova locazione delle Terme di Salsomaggiore, ma l’asta è andata deserta.
Giovanni Valentini non esita. Come consigliere comunale pronuncia in Municipio un coraggioso discorso che determina la civica amministrazione a presentarsi come aspirante per l’esercizio termale all’asta di cui si aspettava un nuovo esperimento. Quanti hanno scritto di storia salsese hanno ricordato come la iniziativa municipale si risolvesse in una amara delusione.
I delegati comunali, giunti alla capitale, appresero subito che il Governo aveva già conferito al Marchese Dalla Rosa per 50 anni l’ulteriore esercizio dello stabilimento termale di Salso, a condizioni che rappresentavano la riconsacrazione delle ultra favorevoli clausole della precedente concessione.
Patto della nuova convenzione fra il Marchese Dalla Rosa ed il Governo era anche quello che fosse riservata al concessionario libertà di scelta nella assunzione del Direttore Sanitario.
Tal patto aveva uno scopo che fu subito palese: quello del licenziamento di Giovanni Valentini, il quale, ormai vecchio, si trovò privato della sua unica risorsa professionale derivante dall’ufficio di Direttore Sanitario delle Terme, ufficio da lui guadagnato colla animosa fede di tutta la sua vita, la nobile incrollabile fede per la quale sopratutto la scoperta di Lorenzo Berzieri si tradusse in beneficio per le moltitudini sofferenti e Salso crebbe in una missione di provvidenza generatrice di ricchezza pubblica e privata.


Eccellenza, Signore, Camerati,


due Uomini mossero da questa terra in giorni ormai lontani per un comune destino. Entrambi superiori per ingegno e coltura, entrambi umanamente prodighi del loro sapere, altruisti, onesti. Lorenzo Berzieri, rimosso per qualche oscura ragione dall’ufficio di medico condotto di Salsomaggiore dove egli sperava di coltivare la « pianticella della quale aveva gettato il primo seme », era dai proprietari delle Terme di Tabiano allontanato, col pretesto della tarda età, dal suo ufficio di medico. Come per Giovanni Valentini, rimasto a sessantanni senza risorse e senza lavoro, lo spettro pauroso della miseria incombeva sulla vecchiezza dello scopritore delle acque salutari; come Giovanni Valentini egli poteva amaramente misurare la ingenerosa indifferenza di molti dei conterranei per la sua sorte.
I Fondatori della stazione di cura, autentici benefattori della umanità, conchiusero così, nell’ombra sconfortata della più penosa miseria, i loro giorni. Ma può oggi per quanto tardivamente ripetersi per essi col poeta: giusta di gloria dispensiera è morte.
La somma aspirazione di Giovanni Valentini non cadde nell’oblio. Essa doveva quarant’anni più tardi suscitare una eco generosa in quella stessa casa municipale dove egli, con pensiero provvido per la sua terra natale, aveva determinato, superando le prove più ardue, le affermazioni essenziali per l’avvenire di Salso.
La scoperta di Lorenzo Berzieri è oggi nel segno di tutte le cose per cui la città termale si sviluppó sulla rustica trama del villaggio dei giorni nei quali egli visse; è nella gloria di questo insigne tempio della salute dove io vi parlo, è nella consapevolezza della scienza immortale.
La pianticella di Lorenzo Berzieri trovò in Giovanni Valentini un eroico coltivatore che ne fece un robusto albero vitale, l’albero il cui frutto si offre, nello spirito del tempo fascista, anche alle modeste moltitudini lavoratrici dei campi, delle fabbriche, degli impieghi. Raccogliendo il nostro spirito nell’omaggio riverente per i due uomini dei quali vi ho non degnamente parlato, noi possiamo nel nome di Salso rievocare l’opera loro come infallibile promessa di un benefico destino.

Tratto da: Due Uomini (i Medici Berzieri e Valentini) - A. Rebucci

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